L’architetto di Putin pagherà al fisco 20 milioni: “Ma non ho chinato la testa”

Diciannove milioni e rotti (pure i rotti, “706.460 euro”, sarebbero già un tesoro). «Sono infuriato nero, altro che aver chinato la testa», si sfoga l’architetto Lanfranco Cirillo mettendo il naso fuori da un ristorante di Mosca, zero gradi e buon vino italiano con amici, per rispondere al telefono: “l’architetto di Putin” ieri sera brindava ai suoi guai tributari sepolti con una camionata di banconote, e addio cattivi pensieri: «Ho dovuto accettare per ragionevolezza. Ma che rabbia», dice tra i denti.

I suoi avvocati hanno patteggiato per lui — nel tribunale di Brescia in cui non può andare perché impedito da una “red notice” dell’Interpol «manco fossi Bin Laden» — un accordo con l’Agenzia delle entrate «che di milioni ne voleva 55». È un assaggio, forse, dell’accordo che potrebbe chiudere anche la vicenda giudiziaria collegata, che la procura di Brescia chiama «frode fiscale e autoriciclaggio, esterovestizione e contrabbando» e lui definisce «persecuzione per motivi geopolitici: mai guadagnato un euro in Italia».

Gli squilla il telefono, a Mosca. Eccolo lì che non sai se rida o pianga, guascone come sempre, simpatico e sornione anche con 20 milioni in meno in tasca. «Con Cirillo vai tranquillo», dice allargando il sorriso franco, quel sorriso italiano che gli aprì le porte del Cremlino. Era l’unico a frequentare gli oligarchi a tu per tu, cena d’orso e vodka a fiumi, lui gli costruiva ville da sogno e loro lo sommergevano di dollari.

Sono passati vent’anni da quando Cirillo è diventato “il maestro”. L’architetto meno famoso e più ricercato di tutte le Russie, da Mosca alle steppe uzbeke: riservatezza da insegnare all’università, mentre diventava il papà della Rublovka, il quartiere alla periferia di Mosca trasformato dalla sua matita in riserva naturale per miliardari; profilo basso, mentre progettava il palazzo “reale” sul Mar Nero che per Navalny era la reggia di Putin.

Una cavalcata trionfale, da rappresentate di mobili a eroe del made in Italy, nella tradizione da brividi che va dalla San Pietroburgo di Rossi e Rastrelli alla Mosca turrita, cinquecento anni fa, di Antonio Solari. Una cavalcata disarcionata dalla malattia di sua figlia Elisabetta che gli fece dire addio a Masterskaja, il suo studio moscovita con decine di architetti e ingegneri, con centinaia di dipendenti: sfornava ville e progetti per gli uomini più potenti e inaccessibili della Russia post sovietica, gli scaltri oligarchi in divenire che ereditarono i colossi energetici e manifatturieri privatizzati dallo Stato. Gente come l’allora premier Medvedev, che oggi è il trombone delle sparate contro l’Occidente. La sera, dal Cremlino si levavano in volo due elicotteri, uno per il presidente e uno per il premier; intanto Cirillo si sfiniva a discutere con la signora Medvedev «se il verde delle tende fosse abbastanza verde».

Mentre il mondo gli girava intorno a mille, mentre accumulava cantieri ed elicotteri privati, onorificenze e amici da far tremare i polsi, in Italia una piccola processione di artigiani e professionisti lo benediceva come re Mida: ogni settimana partivano per la Russia tir carichi del meglio del lusso e dell’arte italiana, dai marmi pregiati al Sassicaia con cui riempiva le cantine degli oligarchi. Tutto finito. La morte della figlia, e poi la guerra lanciata da Putin in Ucraina, hanno spento la lampada magica. Fino a quell’alba in cui si è ritrovato in casa la guardia di finanza, preceduta da una valanga di intercettazioni. «Elementi e circostanze rilevanti inducono a ricondurre la sua residenza in Italia», ricorda il patteggiamento: «Risulta formalmente risiedere in Russia» ma «il centro degli interessi familiari, economici e sociali» è «schermato» da prestanome e familiari e «continuava a essere l’Italia».

Gli sequestrarono beni da mille e una notte, nella villa di Roncadelle: un patrimonio da 141 milioni ma la villa era della moglie italiana, con cui era in ottimi rapporti ma aveva già avuto due bimbi da altre due donne russe, compresa la compagna attuale. Storie private di un uomo a cui Putin conferì di suo pugno la cittadinanza russa. Poi Putin divenne il «criminale di guerra» che invase l’Ucraina, e quel mondo finì senza gloria. Cirillo ha scritto un libro con Fiammetta Cucurnia (L’architetto di Putin, edizioni Piemme) raccontando la vita funambolica tra gli oligarchi. Chiusa la vicenda fiscale, ora gli resta quella giudiziaria. «È nata per motivi politici», sbuffa, e anche su quella sta trattando. La giostra della vita si è rimessa a girare, i segni di disgelo con la Russia per cercare una via d’uscita alla guerra, dice, sciolgono un po’ anche il suo nodo scorsoio: «E chissà che senso avrà avuto trattarmi come un terrorista rovinando una vita imprenditoriale per il meno grave dei reati fiscali».