Europee, la doppia partita di Giorgia Meloni. Per la maggioranza l’asticella è del 44%

diFrancesco Verderami

È la percentuale ottenuta dal centrodestra alle Politiche del 2022. Dalle scelte della premier in Europa si capirà anche se ha scommesso su Biden o su Trump

Da lunedì inizierà la stagione della caccia alla volpe e Giorgia Meloni sarà il bersaglio di tutti: degli avversari ma soprattutto degli alleati, nonostante la sua leadership appaia solida. Quando si apriranno le urne i partiti inizieranno la conta e valuteranno il risultato delle Europee confrontandolo con quello delle Politiche di venti mesi fa. Ma la premier non potrà limitarsi ad osservare il dato di Fratelli d’Italia: dovrà verificare anche la forza complessiva dell’alleanza. Nel 2022 il centrodestra ottenne il 44% dei consensi.

Se non dovesse replicare quella percentuale, «allora — come dice un ministro — suonerebbe per lei un campanellino d’allarme. Un campanellino, non un campanello». Perché dopo quasi due anni sarebbe fisiologico un certo logoramento del rapporto tra governo e opinione pubblica, specie dopo una così lunga «luna di miele» che ha avuto rari precedenti nel passato. In ogni caso una flessione della coalizione darebbe l’idea di un segno di stanchezza dell’elettorato verso il centrodestra, a prescindere dalla prestazione di FdI.

Questo non vuol dire che il campo largo si rimetterebbe in gioco come blocco alternativo. La somma delle opposizioni potrà pur essere maggioranza numerica, ma certamente non è maggioranza politica: al momento appare impossibile mettere insieme tutte le forze avversarie di Meloni. E il derby tra Pd e M5S che ha caratterizzato la campagna elettorale è indicativo: Giuseppe Conte per conquistare voti ha messo sullo stesso piano Elly Schlein e Meloni. E da lunedì non basterà alla segretaria dem evocare il «comune hobby della chitarra» con il leader grillino per trovare un’intesa di coalizione. Anzi, maggiore risulterà il distacco dei Cinque Stelle dai democratici, maggiore sarà la tendenza di Conte a estremizzare le sue posizioni per differenziarsi da Schlein. Insomma, più che prendere la mira su Meloni, il rischio è che nel campo largo si sparino sui piedi.

La partita politica quindi, almeno fino all’anno prossimo, si giocherà nel perimetro della maggioranza. E i problemi più complessi della premier sono fuori dall’Italia, anche se in Italia finiscono per riverberarsi pesantemente. In passato la divaricazione a cui si assiste nel centrodestra sulla politica estera avrebbe portato alla crisi di governo. Così non è più. Ma la faglia che Matteo Salvini ha provocato è una trappola infida per la premier, perché è lo scontro di posizionamento in vista delle elezioni presidenziali americane. È vero che il voto per la Casa Bianca si terrà a novembre, «ma la scelta di come collocarsi tra Joe Biden e Donald Trump va fatta ora», spiega uno dei più autorevoli rappresentanti dell’esecutivo. 

Perché è «ora» che si stanno assumendo decisioni importanti per le sorti dell’Occidente e dell’Europa, con il G7 delle prossime settimane, il vertice Nato di luglio e gli accordi per la nuova commissione Ue a Bruxelles e la nuova maggioranza parlamentare a Strasburgo. E tutto ciò avverrà prima delle elezioni americane su cui regna l’incertezza. Vincerà Biden o vincerà Trump? In ogni caso, il capo della Lega si è già schierato con il tycoon, al pari di Conte che resta però più coperto

Insieme i due hanno rinverdito il vecchio asse gialloverde, filotrumpiano, filoputiniano e filocinese. Il problema per Meloni non certo è il pacifismo à la carte dell’ex premier. Il suo problema è Salvini: con le sue intemerate sulla guerra in Ucraina e sull’Europa non era solo alla ricerca di consensi ma anticipava una scelta di campo internazionale che mette in difficoltà chi guida oggi il governo e deve misurarsi con i partner occidentali.
Se è vero, come sostiene un ministro di Meloni, che la vittoria di Trump sarebbe «una jattura», è perché il suo ritorno alla Casa Bianca potrebbe «provocare danni» che metterebbero «a repentaglio anche la nostra tenuta economica». Ma persino dentro FdI non tutti la pensano allo stesso modo, perciò in quest’ultima fase della campagna elettorale si è notata una postura prudente, quasi attendista. Dal tema delle armi che l’Italia destina a Kiev e che «non devono essere usate oltre i confini ucraini», fino al profilo della Ue che — secondo Meloni — «sta perdendo il suo ruolo nel mondo».
E in Europa la premier dovrà decidere cosa fare. E lo dovrà fare «ora», cioè prima del voto negli Stati Uniti. Dalla scelta se stare o meno nella futura maggioranza si potrà intuire, per esempio, se avrà scommesso su Biden o su Trump. Certo servirà ancora del tempo prima di stabilire i nuovi equilibri nell’Unione. Ma stare sul crinale mentre un alleato strattona è un faticoso esercizio di equilibrismo. Il più difficile, il più insidioso.

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7 giugno 2024

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