Capo Plaza: «Sono il primo italiano su Fornite. Qui posso esibirmi davanti a centinaia di milioni di persone»
Il rapper salernitano dei record di ascolto approda sul videogame interattivo dopo il nuovo album "Ferite": «Ho iniziato a giocarci da ragazzino e ora ci sono dentro. Per un appassionato di videogames come me è il top»
«Non lo capisci il mio stato, ‘sti soldi ci hanno cambiato. Comprano tutto, ma non le emozioni». Le parole di «Acqua passata», primo singolo estratto dal nuovo album appena pubblicato di Capo Plaza, «Ferite», definiscono la nuova anima del rapper salernitano. Il musicista da 61 dischi di platino, 30 d’oro e oltre un miliardo di streaming torna sulle scene con un album introspettivo di ben diciotto canzoni e pieno di duetti illustri come, tra gli altri, quelli con Annalisa, Mahmood, Lazza e la nuova regina delle classifiche italiane Anna. Dopo Travis Scott, The Weeknd, Ariana Grande, Eminem e diversi altri big del panorama musicale internazionale, Capo Plaza è anche il primo artista italiano a far parte del multiverso interattivo di Fortnite, il videogioco online più amato al mondo. Gli oltre 400 milioni di giocatori potranno infatti accedere all’isola creativa interamente dedicata alle canzoni di «Ferite». Chi si avventurerà nel nuovo spazio di Fortnite assisterà ad un concerto virtuale di Plaza sullo sfondo di uno scenario digitale a tema. Un approdo avveniristico nel mondo dei videogame che il ventiseienne Luca D’Orso - così il musicista all’anagrafe - saluta come il «coronamento di un sogno».
Cosa si prova a essere il primo artista italiano ad approdare su Fortnite?
«È un’emozione indescrivibile, amplificata in quanto appassionato di videogame e in particolare di Fortnite fin da quando ero solo un ragazzino. Non capita tutti i giorni di ritrovarsi dentro un videogame così importante e soprattutto di potersi “esibire” davanti a centinaia di milioni di persone che giocando potranno ascoltare anche le tue canzoni. È il coronamento di un sogno».
In «Ferite» lei canta «Non voglio nuovi amici, già è tanto se ne ho uno». È sempre stato così o è una prudenza maturata solo con il successo?
«Sono sulla scena rap da ormai otto anni. Ho imparato quindi a convivere anche con gli effetti negativi del successo. Rispetto a qualche anno fa riesco senza dubbio ad affrontare meglio i tanti pericoli indotti dalla celebrità, tra i quali anche quello di essere circondato da persone finte che per esempio ti fanno compagnia solo per poter lucrare sul tuo conto».
Avere tanto successo a soli diciotto anni è stato quindi un boomerang?
«Non proprio. Si cresce certamente molto più in fretta, perché insieme alla fama ti passano davanti agli occhi situazioni o semplicemente cose in cui un ventenne non dovrebbe mai imbattersi. Ci si ritrova dunque costretti a dover correre molto di più. E questo non è affatto un bene».
Detto da un rapper da milioni di follower suona come un monito per i più giovani, non crede?
«Non mi piace molto apparire, quindi non amo i social, perlomeno li uso solo per i miei scopi artistici. La vita privata la tengo per me. Usare troppo i social per gli artisti più giovani può essere controproducente. Si corre il rischio di estremizzare il personaggio creato nelle storie. Lo sconsiglio ma ognuno ovviamente fa quello che vuole».
Annalisa, Mahmood, Lazza, Anna: nel suo nuovo album non si è fatto mancare nessuno.
«Con Anna è stato tutto molto naturale perché siamo entrambi fan dell’underground rap americano. Da Annalisa e Mahmood ho invece imparato tanto. Entrambi hanno scommesso su di me e spero di averli artisticamente ripagati».
Lei è tra i pochissimi rapper campani e non rappare in dialetto napoletano. Perché?
«Amo il rap partenopeo e passo le mie giornate anche ascoltando album di pionieri come i Co’Sang. Loro mi hanno formato così come Marracash. Questo per dire che ho semplicemente trovato sempre naturale esprimermi in italiano».
Torna spesso a Salerno?
«Ci torno spessissimo e molto volentieri rispetto a qualche anno fa. Con Salerno ora c’è un bellissimo rapporto. Prima era più amore e odio. Salerno è la mia città e mi ha dato tantissimo. Senza Salerno non avrei mai raggiunto il successo. Lei mi ha fatto crescere mentre Milano, dove oggi vivo, mi ha aiutato a diventare uomo».
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