Le ultime 60 ore di vita di Alfredino Rampi, morto intrappolato in un pozzo a Vermicino 43 anni fa

diAngela Geraci

Il bimbo di 6 anni precipitò in un pozzo artesiano. La sua fine rappresenta ancora oggi un profondo dolore collettivo, un incubo che fu seguito in diretta tv da 28 milioni di italiani, una tragedia che diede impulso alla nascita della Protezione Civile

Alfredino Rampi

Il piccolo Alfredo Rampi

Alfredino Rampi aveva sei anni quando la sera del 10 giugno 1981 cadde in un pozzo artesiano a Vermicino, vicino a Roma. Il piccolo, nato l’11 aprile del 1975, era in vacanza con la famiglia: il padre Fernando, la madre Francesca, il fratellino Riccardo che allora aveva 2 anni e la nonna Veja.

Alfredino - che a settembre doveva essere operato per una cardiopatia congenita - quel mercoledì pomeriggio aveva fatto una passeggiata in campagnia del papà e verso le 19 aveva chiesto di poter tornare a casa da solo attraversando i campi: nessuno l'avrebbe più visto vivo.

Alfredino Rampi

Il primo tentativo di salvataggio: la tavoletta

Alle 20 la famiglia inizia a cercare il bambino e un’ora più tardi dà l’allarme alla polizia. Arrivano anche i vigili del fuoco. Ben presto si scopre che nella zona c’è un pozzo artesiano profondo 80 metri. L’imboccatura è larga circa 30 centimetri ma, quando il pozzo viene scoperto, risulta coperta da una lamiera. Un poliziotto decide di spostarla comunque e riesce a sentire, lontana e debole, la voce di Alfredino

Il proprietario del pozzo, si saprà più tardi, proprio quella sera verso le 21 aveva coperto il buco senza sapere che poco prima vi era caduto dentro il piccolo. 

Si stima che il bambino si sia fermato a circa 36 metri di profondità e iniziano le operazioni di salvataggio. Il primo tentativo consiste nel calare nel pozzo, irregolare e contorto, una tavoletta di legno a cui il bimbo possa aggrapparsi. Brutta idea: la tavoletta si incastra a 24 metri. Intanto è notte. All’una alcuni tecnici Rai calano una sonda con microfono per consentire la comunicazione con Alfredino. 

Alfredino Rampi

Secondo tentativo: il cunicolo parallelo

Alfredino Rampi sembra lucido e risponde ai soccorritori. Intanto iniziano i tentativi degli speleologi del soccorso alpino di raggiungere il bambino ma la situazione è complessa. I più magri si calano a testa in giù ma non riescono neppure a raggiungere la tavoletta che ostruisce il pozzo. 

Si decide di scavare un cunicolo parallelo da unire con un passaggio orizzontale al pozzo in cui è bloccato il bambino. I lavori cominciano l’11 giugno mattina ma il terreno è duro e lo scavo procede con lentezza. 

Nel frattempo le ore passano e sul posto, non transennato, si raccoglie una folla di curiosi e volontari. Alla fine si calcola che a Vermicino si raccolgano circa 10 mila persone. Sul luogo in cui Alfredino sta lottando per non morire, arriveranno anche venditori ambulanti.

Alfredino Rampi

Viene calata una flebo con acqua e zucchero

Vanno avanti i tentativi dei volontari più piccoli di corporatura che cercano di raggiungere Alfredino ma non c’è nulla da fare. Passa così anche tutto l’11 giugno: il piccolo è bloccato nelle viscere della terra da oltre 24 ore. 

Il giorno dopo, il 12 giugno, il pozzo parallelo arriva finalmente a una trentina di metri di profondità e nuovi calcoli stabiliscono anche che Alfredino si trova non a 36 metri ma a 32 dalla superficie. Il bambino, con la voce sempre più debole, inizia a dire di aver sete. Verrà calata una flebo con acqua e zucchero per cercare di dargli sollievo.

Alfredino però parla sempre più di rado e inizia anche a respirare con sempre meno frequenza. Sul posto arrivano le telecamere della Rai: sembra che il bambino potrà essere portato in salvo entro poche ore e la televisione vuole seguire in diretta il salvataggio. La prima diretta monstre della storia della tv durerà 18 ore e segnerà la memoria di tanti italiani in ansia per la sorte di Alfredino.

Alfredino Rampi

Alfredino scivola più in basso

Il pomeriggio del 12 giugno a Vermicino arriva anche il presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Verso le 19, a 48 ore dalla caduta nel pozzo, viene ultimato il cunicolo orizzontale che collega i due pozzi. E si fa la terribile scoperta: Alfredino non è dove ci si aspettava. È infatti scivolato ancora più giù nel buio e nel fango, forse proprio per le vibrazioni dello scavo del secondo pozzo.

Alfredino Rampi

Lo speleologo e il facchino si calano nel buco

Resta un’unica possibilità: riprovare a calare nel pozzo qualcuno che prenda il bambino. Il primo a provarci è Claudio Aprile, speleologo: cerca di entrare nel pozzo dove sta Alfredino arrivando dal cunicolo, ma non riesce.

Nella notte tra il 12 e il 13 giugno 1981 scende nel pozzo il volontario sardo Angelo Licheri, facchino in una tipografia. Ha 37 anni. Viene calato a testa all’ingiù fino a 60 metri di profondità. Prova a imbracare Alfredino per tre volte, ma i lacci si sciolgono a ogni tentativo. Riesce a toccarlo e nel tentativo di portarlo in superficie con lui gli spezza, senza farlo apposta, il polso sinistro. 

Ma il bambino gli scivola dalle dita e finisce ancora più giù. Dopo 45 minuti a testa in giù (quando il tempo di permanenza in questa posizione è considerato al massimo di 25 minuti), Licheri esce dal buco. Senza Alfredino.

Alfredino Rampi

Il corpo recuperato 28 giorni dopo

Alle 5 del mattino prova a salvare Alfredino un altro speleologo: Donato Caruso. L’uomo porta sottoterra delle manette per legare a sé il piccolo ma anche questo ultimo tentativo non va a buon fine. Alfredino Rampi viene dichiarato morto alle 7,20 di sabato 13 giugno. Il suo corpo sarà recuperato 28 giorni dopo.

Qui sotto la schermata del sito del “Centro Alfredo Rampi”, onlus creata dalla madre del piccolo e che si occupa di protezione civile e minori. Il 20 maggio 2015 fu pubblicato il messaggio di condoglianze alla famiglia per la scomparsa del fratello di Alfredino, Riccardo, morto a 36 anni per infarto durante una festa di addio al celibato.

Alfredino Rampi

11 giugno 2024

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