Incinta del padre a 13 anni, lui accusato di violenza sessuale aggravata e indagata anche la madre: sapeva tutto

Era solo una bambina. Troppo piccola per subire quelle morbose attenzioni, troppo piccola per diventare madre. Troppo piccola per ribellarsi e per dire di no a suo padre, l’uomo che avrebbe dovuto proteggerla, e che invece ha abusato di lei e l’ha messa incinta. È una storia terribile quella emersa a luglio scorso all’ospedale Sant’Anna di Torino. Aveva solo tredici anni e il pancione di nove mesi quando era stata ricoverata in ostetricia. E nemmeno lì, in quella stanza di ospedale, era stata al sicuro. Il padre, un uomo di origine filippina di 38 anni, l’aveva costretta a subire le sue violenze persino in quella situazione, «approfittando dell’ora notturna — si legge nel capo d’imputazione — in cui la presenza di personale e la sorveglianza in ospedale è attenuata». Le telecamere avevano ripreso tutto. E l’esame del Dna sul neonato ha dato solo una conferma a quello che gli inquirenti ormai immaginavano: era stato proprio il padre ad aver commesso l’incesto.

La procura ha chiuso le indagini e le carte restituiscono i contorni di una storia terribile. Il padre è accusato di violenza sessuale aggravata sia per i fatti avvenuti in ospedale, sia per gli abusi commessi sulla figlia già dall’autunno 2022, quando lei aveva 12 anni. L’uomo, di professione lavapiatti, deve anche rispondere di maltrattamenti verso la propria compagna: «La picchiava per futili motivi — si legge nell’avviso di 415 bis del pm Enzo Bucarelli — ogni qual volta che si arrabbiava per discussioni sui figli, e ogni volta che lei non riteneva giusto il comportamento dell’uomo a cui osava ribellarsi». Durante i litigi «in preda all’ira rompeva oggetti in casa. Spesso picchiava la donna in modo esagerato colpendola con pugni quando lei non rispondeva subito alle sue chiamate».

Dal 2021 al settembre 2023, secondo il pm, l’uomo l’avrebbe «picchiata usando un bastone per lavorare la terra», un’altra volta «lanciandole la base in metallo di un ventilatore addosso, tanto da lasciarle una cicatrice sul sopracciglio». E sarebbe stato manesco con tutti e tre i suoi figli, particolarmente violento durante i rimproveri.

Ma l’atrocità è racchiusa nelle parole della tredicenne che ha dovuto raccontare in incidente probatorio quello che succedeva in casa. Davanti al giudice è comparsa stringendo a sè un orsacchiotto di peluche, un’immagine che già così era un pugno nello stomaco. Tutelata dall’avvocata Stefania Carnovali come curatrice, e difesa dal collega Roberta Saraniti, la bambina è stata sentita in atmosfera protetta, con tutte le cautele e la delicatezza possibili. «Avrebbe dovuto essere protetta» è stato il primo pensiero anche degli inquirenti. E forse anche per questo la procura si è convinta a indagare anche sulla madre. Anche lei è accusata di violenza sessuale «per non aver impedito, o segnalato» che il compagno abusasse della figlia. Per l’accusa non avrebbe potuto non accorgersene.