L’Italia è il Paese con maggior dipendenza energetica in Ue

L’Italia è il paese dell’Europa con il maggior grado di dipendenza energetica pari al 73,5%. Per fare un confronto la Francia, che utilizza il nucleare, ha un grado di dipendenza pari al 44,2%. Il nostro Paese si inserisce nel contesto dell’Europa che, a sua volta, è l’area mondiale con il maggior grado di dipendenza energetica (55,5%). Il dato scende al 20% per la Cina ed è 0% per gli Usa che sono totalmente autosufficienti. Guardando alle importazioni dell’Italia di gas, aspetto particolarmente cruciale in questa fase, emerge che l’import di gas russo dal gasdotto TAG si sono ridotte dal 28,4% del 2020 al 2,4% dei primi 10 mesi del 2023. Le importazioni di gas dall’Algeria attraverso il gasdotto Transmed sono aumentate dal 12% del 2020 al 20,2% dei primi 10 mesi del 2023. Un vero e proprio effetto sostituzione Algeria-Russia. Ciò ha rappresentato anche uno spostamento del baricentro energetico da Est a Sud ridando centralità al Mediterraneo. I numeri sono contenuti nel 5° «Med & Italian Energy Report» di Srm e dell’ESL@Energy Center del Politecnico di Torino che è stato presentato questa mattina. Il Rapporto mette a fuoco gli impatti che i fenomeni geopolitici e l’introduzione di nuove tecnologie stanno portando negli scenari energetici, con particolare riferimento all’area Euro-Mediterranea. L’analisi scandaglia a fondo la crucialità della dipendenza energetica nella fase attuale: la guerra in Europa ha creato turbolenze geopolitiche impattando sulla sicurezza degli approvvigionamenti e la nuova crisi in Medio Oriente (seppur per ora con poche conseguenze dirette sul mercato dell’energia) pone interrogativi sulla stabilità di un’area cruciale.

Nonostante la posizione di svantaggio, il nostro Pese può guardare a nuove opportunità. Queste opportunità arrivano, in prospettiva, dalla transizione energetica in corso che dovrà condurre a un sistema energetico decarbonizzato. Il percorso vedrà l’Italia aumentare la propria posizione strategica nel Mediterraneo. L’ipotesi è che si vada verso una maggiore produzione di energie rinnovabili nell’area a sud del Mediterraneo. Questa energia sarà poi esportata verso l’Europa. Un ruolo chiave in questo processo spetterà ai porti italiani.

«Il nostro Paese ha già oggi un ruolo importante come hub energetico per quel che riguarda il transito delle energie fossili – dice Massimo Deandreis, Direttore Generale SRM -. Lo potrà avere anche sulle rinnovabili».

Secondo l’analisi, grazie alla prossimità a potenziali aree di produzione rinnovabile in Nord Africa, gli investimenti nelle infrastrutture e nella logistica in chiave sostenibile contribuiranno a rendere i nostri porti attori chiave, rafforzando la posizione geostrategica dell’Italia nel Mediterraneo.

Per l’esperto, il potenziamento dei porti nel Sud Italia potrà valorizzare il ruolo di ponte dell’Italia. «Nella misura in cui l’Italia riuscirà a sviluppare pienamente il ruolo di hub energetico ci sarà un accresciuto ruolo del nostro Paese all’interno del Mediterraneo» dice Massimo Deandreis.

Porti come strumento di geopolitica

Intanto i porti stanno diventando sempre più uno strumento di influenza geopolitica utilizzato dalle grandi potenze per aumentare la loro connettività con i paesi considerati strategici. In Italia spicca il caso del porto di Trieste che oggi riveste un’importanza centrale nel fornire energia ad aree ad alta intensità energetica come la Baviera, l’Austria e l’Ungheria.

I primi 5 Energy port italiani concentrano il 70% circa del traffico e sono: Trieste, Cagliari, Augusta, Milazzo e Genova. Trieste è il più importante porto energetico e gateway dell’Italia. Tre di questi porti sono nel Mezzogiorno.

Nuovi investimenti

Di sicuro la transizione energetica richiederà forti investimenti soprattutto nell’area Sud del Mediterraneo. «Bisognerà però evitare un neo colonialismo avendo cura di sviluppare le economie locali di questi Paesi e garantire anche un incremento dei consumi che adesso per il Sud sono più bassi» dice Ettore Bompard, Direttore Scientifico ESL@ Energy Center, Politecnico di Torino.

Riguardo all’Area Med e le rinnovabili ci sono ancora grandi gap: lo sviluppo delle FER nelle tre sponde mostra forti differenze: fatto 100 la capacità rinnovabile installata nel Mediterraneo, il 76% è localizzato nella sponda Nord, il 18% in Turchia e il 3,6% nella sponda Sud.

Transizione energetica e nuovi rischi

Il passaggio alle energie verdi vede anche aspetti critici: le tecnologie verdi richiedono quantità significative di materie prime critiche (CRM, Critical Raw Materials). Ad esempio, le tecnologie solari fotovoltaiche richiedono grandi quantità di rame; le turbine eoliche fanno affidamento su rame, terre rare, manganese e nichel; le batterie agli ioni di litio utilizzano tutti i Crm ad eccezione del platino e delle terre rare; i motori elettrici utilizzano rame e terre rare.

La produzione di un impianto eolico offshore o di un impianto solare richiede altissime quantità di rame rispetto (ad esempio) a quelle necessarie per un impianto di estrazione del gas.

Un’auto elettrica contiene in media 207 kg di minerali vari, tra cui grafite, rame, cobalto, nickel, terre rare, litio e manganese (usati per la costruzione delle parti elettriche ed elettroniche) contro i 33,6 kg di un’auto tradizionale: 6 volte la quantità di minerali usati per un’auto tradizionale.

Queste materie prime sono concentrate in un numero limitato di paesi. Le quote più elevate riguardano il Congo per il cobalto (66%), l’Australia per il litio (54%), la Cina per la grafite naturale (65%) e le terre rare (65%) e il Sud Africa per il platino (72%);

I paesi mediterranei, e in particolare quelli europei, hanno una disponibilità limitata di tali risorse; solo il Marocco è compreso tra i primi tre produttori mondiali di fosforo. Questo fatto può “condannarli” a “nuove” dipendenze rilevanti, a causa del nuovo paradigma determinato dalla transizione energetica.

Per prevenire e contrastare queste criticità, considerando che per raggiungere i propri obiettivi al 2050 l’Europa avrà bisogno di utilizzare ad esempio un ammontare di terre rare pari a 26 volte il volume attuale, l'Ue ha proposto nel 2023 il Critical Raw Materials Act, delineando misure per garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche (CRM). L’obiettivo di questa legge è quello di raggiungere almeno il 10% dei consumi annuali dell’Ue coperti dall’estrazione interna all’Ue, il 40% coperto dalla lavorazione interna, il 15% coperto dal riciclo interno e non più del 65% coperto da un singolo paese terzo.

Un'analisi di scenario che valuta la quantità di materie prime necessarie per raggiungere gli obiettivi di penetrazione delle rinnovabili previsti dai piani nazionali entro il 2030 nell'area del Mediterraneo mostra che la domanda supera ampiamente l'attuale produzione mediterranea per la maggior parte dei materiali, tra cui cobalto, litio, materiali naturali grafite e nichel. Inoltre, nel caso delle terre rare, i paesi del Mediterraneo dipendono completamente da paesi terzi.