I Boston Celtics vincono il titolo Nba: Dallas battuta 4-1

diFlavio Vanetti

Per Boston è il 18esimo titolo della sua storia, nessuno come i Celtics. Gara 5 è finita 106-88, un incontro senza storia

Dopo 16 anni dall’ultimo successo e riscattando la delusione del 2023, Boston è risalita sul trono della Nba. Al TD-Garden, l’arena di casa, i Celtics non hanno sprecato il fattore campo e il secondo match ball a disposizione contro i Dallas Mavericks: hanno vinto per 106-88 (parziali: 28-18; 39-28; 19-21; 20-21) e hanno chiuso la serie della finalissima sul 4-1. Tutti si aspettavano che gara 5 fosse decisiva e così è stato: Boston ha spazzato via i Mavs in un incontro senza storia (anche +26 il vantaggio) e messo al sicuro già dopo i primi due tempi. Tra i neo-campioni, sugli scudi i «dioscuri» Jayson Tatum (31 punti, 11 rimbalzi) e Jaylen Brown (21), quest’ultimo nominato Mvp di «The Finals» a dispetto di alcune sbavature nell’atto conclusivo. Dallas alla resa dei conti ha scontato un organico di minor qualità, nonostante la presenza delle stelle Luka Doncic (28 punti e 12 rimbalzi: ma in gara 5 si è svegliato a giochi fatti) e Kyrie Irving (15 per l’ex di Boston, di nuovo sotto tono), e ha pagato caro lo scivolone interno in gara 3, il momento della svolta. Prosegue dunque la tradizione secondo cui nessuno è mai riuscito a risalire, e a imporsi, da una situazione di 0-3. E’ il titolo numero 18 dei biancoverdi, che rompono l’ex aequo a quota 17 con i rivali dei Los Angeles Lakers, quest’anno capaci di vincere la prima Nba Cup e in grado di diventare provvisoriamente la squadra numero 1 della storia. Ora invece non c’è più discussione: i Celtics sono tornati davanti a tutti. Ecco allora cinque possibili chiavi per spiegare il loro trionfo. 

Coach Joe Mazzulla come Bill Russell

Il primo caposaldo del successo di Boston sta nel salto di qualità del coach, Joe Mazzulla, 36 anni il 30 giugno, dalle radici italiane (la famiglia proviene da Itri, in provincia di Latina). L’anno scorso debuttava nel ruolo dopo la brutta vicenda – relazione impropria con una dipendente del club – che costò il posto a Ime Udoka, del quale era vice. I Celtics erano già da titolo, ma nella finale Est contro Miami vissero qualcosa di rocambolesco: andati sotto per 0-3, riuscirono a pareggiare, con la possibilità di giocare in casa la sfida decisiva per conquistare The Finals. Sarebbero diventati la prima squadra a imporsi con la più dura delle rimonte, ma gara-7 fu un fiasco e gli Heat dominarono. Mazzulla ha fatto tesoro di quella delusione e ha messo a tacere chi già pensava che non fosse all’altezza: ha portato la squadra a stravincere la stagione regolare (64-18 il bilancio) e a entrare nelle finali con 76 vittorie e solo 20 sconfitte, uno dei record più brillanti nella storia della Lega. Mazzulla è il più giovane capo-allenatore a conquistare il titolo dalla stagione 1968-69. Il predecessore, guarda caso, è stato un’icona dei Celtics e del basket: Bill Russell, mancato nel 2022. Anche lui aveva 35 anni quando, da head coach, condusse Boston alla vittoria per il secondo anno di fila. Mazzulla ha una caratteristica: crede nella «contaminazione» con il mondo del calcio. Di tanto in tanto frequenta i colleghi del soccer europeo, in particolare Pep Guardiola, dal quale mutua idee e i concetti chiave della comunicazione con la squadra e con gli interlocutori esterni. 

Jaylen Brown, l’anima dei Celtics

In ogni squadra vincente conta il collettivo, ma è anche essenziale avere almeno un punto di riferimento. L’anima di questi Celtics sta di sicuro nel duumvirato Jaylen Brown-Jayson Tatum, ma nell’ultima parte della stagione il primo si è fatto leggermente preferire: la nomina a Mvp delle Finali si spiega così. Dal luglio 2023 Brown è il giocatore più pagato nella Nba (parliamo del contratto con il club) grazie a un accordo da 304 milioni di dollari per cinque anni. Non sarà un record che durerà, probabilmente già al prossimo giro di rinnovi (ad esempio quello di Tatum) sarà sorpassato, ma intanto Jaylen ha spiegato a tutti che non è una follia pagarlo così tanto. Quindi critici smentiti e spazio alle lodi per un 28 enne – ruolo: guardia/ala piccola – che ha tiro, sa difendere e sa calarsi, se necessario, nella parte del secondo violino, a fianco proprio di Tatum. Brown è persona di poche parole, ma ha un grande spessore intellettuale ed è impegnato in varie lotte civili. Grazie al nonno è diventato anche un asso degli scacchi, mentre il mental coach Graham Betchart gli ha fatto scoprire la meditazione, seguendo una pratica giapponese la cui filosofia è ispirata all’immaginaria capacità di un drago di concentrare il fuoco nel ventre e di sputarlo poi fuori. Be’, il fuoco del drago Brown ha bruciato i Dallas Mavericks. 

Jayson Tatum sulle orme di Kobe Bryant

L’altro dioscuro di Boston è Jayson Tatum, 26 anni, classico «all around» che può fare più cose. E’ giovane, però è già maturo. Eppure ha ulteriori margini di crescita: nell’idea di molti è che siamo di fronte, per estro e poliedricità, a un giocatore simile al compianto Kobe Bryant (idolo di Jayson, detto per inciso). L’età ancora verde non gli ha impedito di centrare già tanti record assoluti, frutto anche della sua forte etica del lavoro. Curiosità: dopo due anni alla Duke University, Tatum nel 2017 è stato prima scelta dei Celtics e terza assoluta in quel Draft. Ma era titubante sulla prospettiva di finire a Boston: temeva di non essere all’altezza e di non trovare spazio. Il campo l’ha smentito. E’ pure un ottimo golfista ed è cugino dell’ex giocatore Tyronn Lue, oggi coach dei Los Angeles Clippers. Nelle prime due partire della serie finale ha giocato bene ma ha tirato molto male (12 su 38 in totale): così ha ricevuto delle critiche. Coach Mazzulla l’ha difeso sottolineando come Tatum riesca a rendere facile la sua grandezza e quanto siano ingiusti certi commenti. Rispondendo a un giornalista brasiliano, il tecnico ha sfoderato la sua cultura calcistica paragonando la situazione del suo giocatore a quella di Neymar: «Quello che questi assi fanno non è mai abbastanza, ma è un atteggiamento sbagliato nei loro confronti». 

Azzeccate le mosse del mercato

La ragione della vittoria di Boston sta anche nelle mosse azzeccate sul mercato. Mosse, peraltro, che in prima battuta avevano fatto storcere il naso. Ai più accaniti seguaci dei Celtics, infatti, non era piaciuta la scelta di cedere, dopo ben 9 stagioni, Marcus Smart, una delle bandiere della squadra. Marcus è finito ai Memphis Grizzlies nell’ambito di una trade che nel giugno 2023 ha coinvolto i Washington Wizards e che ha portato a Boston l’ala Kristaps Porzingis. E’ l’operazione che ha negato a Danilo Gallinari di restare ai Celtics: l’azzurro era arrivato nel 2022, ma a causa dell’infortunio riportato a Brescia con la Nazionale nelle qualificazioni mondiali non ha giocato una sola partita. Non solo: in borghese ha visto Boston perdere contro Miami. La stagione 2023-2024 avrebbe potuto essere per il Gallo quella della rivincita e, per come sono andate le cose, pure quella dell’agognata vittoria. Ma il destino una volta di più è stato crudele con lui. Porzingis, che per somma beffa ha pure scelto il numero 8 caro a Gallinari (si è però scusato…), è stato comunque un inserimento perfetto nonostante abbia avuto degli infortuni. L’altra operazione azzeccata è stata la firma della guardia Jrue Holiday, due volte All Star, proveniente da Milwaukee. Holiday nel 2021 era stato campione con i Bucks: ha portato in dote l’esperienza di chi sa come si fa a vincere. 

Miglior attacco della storia dell'Nba

Ci sono poi le cifre a confermare la supremazia di Boston. Il dato più rilevante è che i Celtics hanno ora il miglior attacco di tutta la storia della Nba. Il cosiddetto «offensive rating» è stato infatti portato a 122.2 punti segnati ogni 100 possessi. Nessuno, appunto, come loro. Peraltro, sono secondi nel rilevamento opposto, quello del «defensive rating» (110,6 punti incassati per 100 possessi), segno di un equilibrio invidiabile. C’è poi una sfilza di chicche che farà la felicità degli appassionati delle statistiche. Ad esempio (i dati sono riferiti alla sola stagione regolare): maggior numero di punti nella storia della franchigia (9887); maggior numero di vittorie da 50 punti nella Nba (sono 3); il più ampio margine di successi in una striscia di 11 partite (+243). Insomma, anche lo show dei numeri saluta il ritorno al vertice di Boston e del famoso «orgoglio Celtics».

18 giugno 2024 ( modifica il 18 giugno 2024 | 07:15)

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