Attacco a Mosca, è braccio di ferro tra Isis e Russia per controllare la narrativa dell’attentato
In queste ore dopo la strage della sala da concerti Crocus – nella quale sono morte circa centoquaranta persone – è in corso una lotta a distanza e immateriale tra lo Stato islamico e il governo russo per stabilire la versione ufficiale degli eventi.
Mosca vorrebbe incolpare dell’attentato l’Ucraina, perché dal 2014 conduce una campagna di propaganda che ha lo scopo di delegittimare il governo e l’esercito ucraini e giustificare l’invasione. Come abbiamo visto in questi anni, si tratta di una campagna martellante che sfrutta ogni argomento possibile e impossibile, a cominciare dalla necessità di “denazificare” gli ucraini per arrivare al divieto, in Russia, di usare la parola “guerra” per descrivere un intervento militare all’estero che ha ucciso decine di migliaia di soldati russi (e chi lo fa è punibile secondo la legge).

Isis, rivendicazione da manuale
Lo Stato islamico sta seguendo nella rivendicazione un protocollo già usato dopo altri attentati. Venerdì poche ore dopo l’attacco ha diffuso sul suo canale ufficiale telegram, subito ripreso da centinaia di altri suoi canali telegram che funzionano a specchio e rilanciano gli annunci ufficiali, un comunicato che rivendicava il massacro. Il giorno dopo, e anche questo è un classico, ha diffuso un comunicato più lungo e con più dettagli che includeva anche due foto dei quattro attentatori. Nelle foto i quattro indossano gli stessi vestiti che poi abbiamo visto nei molti video terrificanti girati dai russi durante la strage.
Stesse magliette e stessi cappelli. Sabato sera infine ha pubblicato un video girato da uno dei quattro stragisti durante l’attacco: si vedono i quattro sparare sulla gente sdraiata sul pavimento, pronunciare slogan della jihad e tagliare la gola a una persona ferita.
La fuga e i video della strage
Dopo avere assassinato a viso scoperto circa centoquaranta persone davanti a decine di telecamere – quelle a circuito chiuso e quelle dei telefoni – i quattro si sono allontanati su una Renault bianca con targa bielorussa che avevano acquistato una settimana fa da un loro connazionale e non hanno usato la misura di cautela più elementare per sfuggire alla caccia all’uomo, che è cambiare macchina lungo il tragitto. Invece hanno percorso quasi quattrocento chilometri, che hanno usato per mandare il video girato durante la strage al loro referente dello Stato islamico, che poi lo ha pubblicato, come sappiamo, ventiquattr’ore dopo sul canale ufficiale del gruppo.
È possibile che nemmeno loro si aspettassero di uscire vivi dalla sala da concerti, dove si sono mossi con una certa calma – camminavano, non correvano – e di fare così tanta strada. In questi casi, come è successo per esempio a Parigi dopo la strage del novembre 2015, il gruppo di fuoco superstite dello Stato islamico si nasconde di solito mda qualche parte in attesa di lanciare un altro attacco.
Il depistaggio di Mosca
I quattro hanno imboccato una strada che porta sia verso il confine tra Ucraina e Russia, che in questo periodo è il più militarizzato al mondo perché entrambe le parti temono incursioni nemiche, sia verso la Bielorussia, dove presumibilmente avevano acquistato il veicolo una settimana prima. Mosca ha subito sostenuto con un comunicato dell’Fsb, il servizio di sicurezza interno, che la loro destinazione finale fosse l’Ucraina e che avessero contatti ucraini pronti a farli passare. Le agenzie nazionali russe hanno rilanciato questa versione. L’accusa implicita è che la strage sia un’operazione partita e gestita da mandanti in Ucraina.
Poco dopo ha parlato anche il presidente Vladimir Putin – diciannove ore dopo l’attacco, come se fosse stato indeciso su che mossa fare – e anche lui ha sostenuto questa tesi, i quattro stavano fuggendo verso l’Ucraina perché sono appoggiati da ucraini. Non ha mai menzionato lo Stato islamico. Poco dopo, un canale tv russo ha trasmesso un video falso, creato con l'intelligenza artificiale, del consigliere per la Sicurezza nazionale ucraino Oleksy Danilov che parlava come se la strage di Mosca fosse stata un’operazione dell’Ucraina: “È stata molto divertente, abbiamo in serbo molto altro divertimento così per la Russia”. Si tratta di una dichiarazione che Danilov non ha mai fatto.
L’amplificazione social
Il ricercatore italiano Matteo Pugliese ha notato la creazione di centinaia di account finti su Twitter che veicolano in italiano la stessa tesi spesso con le stesse frasi e sostengono che la strage di Mosca sia un’operazione dell’Ucraina. Spiega che si tratta di un caso da manuale di cosiddetto “coordinated inauthentic behavior”, quindi di una campagna organizzata da qualcuno che dispone di centinaia di bot sui social e fa dire loro quello che vuole. Questo qualcuno potrebbe essere un dipartimento dei servizi russi.
I servizi di sicurezza russi hanno catturato i quattro stragisti e li stanno torturando. Circola un video dell’arresto di uno, schiacciato a terra: gli tagliano un pezzo di orecchio e glielo infilano in bocca. E questo getta una luce sinistra su qualsiasi dichiarazione degli arrestati, che va presa con la consapevolezza che possono essere usati anche loro come bot, ma in carne e ossa, per sostenere quello che vuole il governo russo.