Usa-Cina, l'ombra di una guerra del nuoto sulle Olimpiadi: l’Fbi indaga su un clamoroso caso di doping di Pechino
L’inchiesta punta a capire perché 23 nuotatori cinesi positivi nel 2021 non sono stati fermati dalla Wada. 11 di loro sono iscritti alle Olimpiadi di Parigi
Fbi e Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti hanno aperto un’inchiesta criminale sul caso di 23 nuotatori cinesi risultati positivi al doping e mai squalificati.
A Tokyo nel 2021 vinsero tre ori e due argenti olimpici.
E 11 di loro sono iscritti ai Giochi di Parigi, alcuni sono tra i favoriti nelle rispettive specialità.
Il caso era stato rivelato ad aprile da un’inchiesta del New York Times e della tv tedesca Ard, ma ora la «criminal investigation» della Giustizia Usa allunga l’ombra di Giochi di guerra legale tra America, Cina e Wada (la World Anti-Doping Agency).
L’Fbi vuole sapere perché la Wada, la Federazione cinese del nuoto e le autorità sportive internazionali non abbiano fermato gli atleti di Pechino quando era emersa la loro positività ad una sostanza proibita, durante una competizione preolimpica del 2021. I controlli di routine avevano scoperto che 23 nuotatori dello squadrone cinese avevano assunto un modulatore ormonale utilizzato per curare i disturbi cardiaci che compare nell’elenco degli agenti dopanti.
Il fatto emerse a Shijiazhuang, una città cinese dove Team China era in allenamento. Le autorità sportive di Pechino affermarono che si era trattato di un incidente dovuto a «contaminazione del cibo» nel ristorante dell’albergo dove alloggiavano, che la quantità rilevata era minima e il fatto era stato assolutamente involontario. Caso chiuso, secondo Pechino e secondo la Wada.
Ma gli americani non lo hanno archiviato. Il mese scorso, mentre era a Indianapolis per i «trials», le selezioni olimpiche americane, il direttore di World Aquatics, la Federazione internazionale del nuoto, è stato avvicinato dagli agenti dell’Fbi che gli hanno chiesto chiarimenti su come fosse stata svolta l’inchiesta sportiva sulla vicenda e perché fosse stato deciso di non squalificare i campioni cinesi. Non è stato rivelato il tenore della risposta del dirigente, Brent Nowicki, americano che era stato eletto al vertice di World Aquatics nel giugno del 2021, alcuni mesi dopo il caso sospetto di doping. Però, il dossier cinese sulla «positività accidentale e involontaria» dei 23 nuotatori arrivò a giugno, subito dopo il suo insediamento.
World Aquatics dice che il suo direttore esecutivo ha ricevuto un mandato di comparizione come testimone di fronte a un grand jury americano: «Il signor Novicki sta concordando un incontro con le autorità governative, che con ogni probabilità eviterà la necessità di testimoniare davanti a un gran giurì».
L’Fbi e il Dipartimento di Giustizia di Washington non commentano. Ma diverse fonti dicono al New York Times che l’inchiesta criminale è in corso.
E a dover rispondere alle domande più difficili saranno i responsabili della Wada, l’agenzia anti-doping mondiale. Il mese scorso la Wada ha annullato una riunione che avrebbe dovuto tenere negli Stati Uniti: proprio perché era già al corrente dell’inchiesta federale, ha detto Travis Tygart, capo dell’agenzia anti-doping americana e aspro critico dell’organismo mondiale. Ora la Wada dice in un comunicato di «aver appreso con disappunto che lo US Department of Justice ha aperto un’indagine» e di non aver ancora ricevuto alcuna richiesta di partecipare.
Ad aprile, quando il caso era riemerso, la Wada aveva sostenuto di non aver squalificato i nuotatori cinesi nel 2021 sulla base di prove scientifiche e parere legale. Aveva comunque nominato un procuratore per fare ulteriore chiarezza. Oltretutto è stato rilevato che tre atleti della squadra cinese erano incappati nell’errore di una sostanza dopante nel cibo un’altra volta, anni prima e se l’erano cavata con un cavillo del regolamento internazionale. Quei tre non erano nuotatori comuni: si trattava di Wang Shun, oro olimpico a Tokyo nei 200 misti; Yang Junxuan, oro nella 4×200 stile libero e argento nella 4×100 mista; Qin Haiyang, attuale detentore del record mondiale nei 200 rana.
Ora nella vicenda si è tuffata la giustizia americana, sulla base di una legge del 2020 che ha incluso tra i reati penali il doping tra gli atleti di alto livello internazionale, ovunque esso venga rilevato.