di Guido Olimpio
Il mercantile dirottato � di propriet� dell’israeliano Abraham Ungar: la mossa dei miliziani segnala la volont� della fazione di far valere il proprio peso regionale. E l’area � parte di un gioco strategico globale
Il dirottamento della Galaxy Leader in Mar Rosso va oltre il conflitto israelo-palestinese, � un atto di pirateria lungo l’importante rotta commerciale. E dunque riguarda tutti. Il cargo � stato intercettato dagli Houti, il movimento sciiti yemenita che muove spesso in tandem con l’Iran, suo alleato e protettore. Avevano promesso di farlo, spiegando che erano pronti ad attaccare colpire naviglio collegato, direttamente o indirettamente, allo Stato ebraico.
E il mercantile in qualche modo lo � in quanto appartiene alla Ray Car Carriers di propriet� dell’israeliano Abraham Ungar. Una figura nota e al centro di un altro caso nel 2021 quando un suo mercantile fu vittima di un’esplosione attribuita dall’Iran.
La milizia filoiraniana, dall’inizio della crisi di Gaza, ha provato colpire con droni e cruise lo Stato ebraico. In un’occasione ha centrato un liceo ad Eilat, in altri episodi i vettori sono stati intercettati da una nave Usa e dallo scudo antimissile. Gli avvisi occidentali, seguiti dal dispiegamento di una task force statunitense guidata dalla nave d’assalto anfibio Bataan da un paio di unit� israeliane (un sottomarino lanciamisssili ed una corvetta, hanno avuto scarsa deterrenza. I ribelli, infatti, hanno abbattuto un drone da ricognizione americano.
Le mosse sono state interpretate con la volont� della fazione di fare valere maggiormente il proprio peso regionale – anche nei confronti di avversari storici come l’Arabia e gli Emirati – e di aderire alla campagna dell’Asse della resistenza ispirata dagli ayatollah. Teheran nega qualsiasi coinvolgimento, tuttavia proprio i vertici della Repubblica islamica hanno pi� volte affermato che spettava al fronte del rifiuto, rappresentato dalle entit� amiche come l’Hezbollah libanese e gli Houti, agire ovunque fosse possibile. In poche parole: gli iraniani hanno lasciato agli alleati il compito di sparare. Il regime a livello diplomatico ha trasmesso messaggi di non aver alcuna intenzione di partecipare al conflitto ma ha usato questi eventi per sottolineare quanto potrebbe accadere con la partecipazione di �brigate� dall’Iraq al Mar Rosso. E gli Houti, con le loro incursioni, hanno svolto la funzione di messaggeri.
I ribelli sciiti hanno sfruttato le loro indubbie capacit� belliche avendo accumulato armi per risposte multiple: �ordigni� a lungo raggio, velivoli senza pilota, barchini kamikaze e mine. L’arsenale � servito ai militanti nella guerra civile yemenita ma � anche diventato un ottimo banco di prova per proiezioni esterne, magari per affiancare o sostituire Teheran a seconda dei momenti.
I mullah hanno rinsaldato i legami, inviato materiale bellico importante, garantito consulenza specifica e ormeggiato da quasi quattro anni un cargo in un tratto di mare tra lo Yemen e le isole Dahlak sospettato di essere un avamposto galleggiante dell’intelligence e un punto d’appoggio per operazioni speciali. All’inizio avevano schierato la Saviz, sostituita, dopo aver subito un sabotaggio da parte israeliana, dalla Behshad. E ieri, qualche osservatore ha rilevato come la Galaxy Leader sia stata bloccata a sud di questa unit�. Ha fatto da vedetta? Solo una coincidenza?
L’area � parte di un gioco strategico globale. A Gibuti ci sono numerose basi straniere (dai cinesi agli italiani, dai francesi agli americani), l’Eritrea potrebbe nascondere siti d’osservazione (si � parlato del Mossad), gli Emirati hanno creato postazioni sull’isola di Socotra e in Somalia, si agitano i turchi e gli egiziani mentre i russi sono sempre alla ricerca di approdi. Mosca aveva raggiunto un’intesa con il Sudan ma � stata probabilmente congelata a causa della faida di potere a Khartum. E l’Etiopia ha rilanciato la pretesa di avere uno sbocco al mare con le buone o le cattive.
Questo per dire come la questione palestinese sia un solo un frammento di una partita multinazionale.
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