Ucraina, i segnali segreti di Putin agli Usa: ha aperto a un cessate il fuoco
NEW YORK — In pubblico fa il gradasso, convinto che il vento della guerra in Ucraina stia finalmente girando dalla sua parte, e promette di continuare l’invasione fino a quando i suoi obiettivi non saranno tutti raggiunti. In privato però lancia segnali di essere pronto a discutere un cessate il fuoco, che magari non riconosca il passaggio alla Russia del 20% di territorio strappato finora a Kiev, ma congeli lo stallo lungo il fronte consentendogli di dichiarare vittoria e andare oltre il conflitto.
È la strategia che passa per la mente di Vladimir Putin negli ultimi mesi, secondo un’inchiesta condotta dal New York Times parlando con alti funzionari russi e internazionali. Sullo sfondo però resta il sospetto che sia solo una scusa per guadagnare tempo e riarmarsi, allo scopo di lanciare una nuova offensiva per prendere Kiev. Anche se l’eventuale trattativa fosse vera, poi, chi ha dimestichezza con Mosca ricorda l’abitudine a violare le intese.
Già nei mesi scorsi erano stati rivelati i contatti che il ministro degli Esteri Lavrov aveva avuto a New York con importanti figure della diplomazia americana come l’ex presidente del Council on Foreign Relation Richard Haass e l’ex direttore per l’Europa alla Casa Bianca di di Barack Obama, Charles Kupchan. Secondo il New York Times, però, colloqui indiretti e segnali più o meno attendibili vanno avanti dall’inizio del conflitto. Putin pensava di vincere nel giro di una settimana, e quando si era accorto che le cose non sarebbero andate come pensava, aveva subito aperto canali segreti di comunicazione per trovare una soluzione. I colloqui però erano saltati, quando la scoperta dei crimini di guerra commessi dalle sue truppe li avevano resi impossibili.
Nell’autunno del 2022 Putin aveva fatto nuove aperture, perché era soddisfatto dei territori occupati, ma timoroso dei rischi legati al collasso delle sue forze nella regione nordorientale dell’Ucraina. Il capo degli Stati Maggiori Riuniti americani Milley aveva incoraggiato gli ucraini ad accettare una via d’uscita, ma altri funzionari avevano assecondato Zelensky nella volontà di continuare la controffensiva. All’inizio del 2023 Putin aveva temuto il peggio, diventando quasi ossessivo nella gestione quotidiana delle operazioni. Il ministro della Difesa Shojgu però aveva detto in incontri privati che era determinato ad andare avanti, mobilitando fino a 25 milioni di uomini. A giugno una delegazione africana era andata a Kiev per una mediazione, ma Putin aveva fatto bombardare la capitale ucraina. Poi aveva ricevuto il gruppo guidato dal leader sudafricano Ramaphosa, dicendo che non voleva negoziare, ma aprire un canale per farlo se si fosse presentata l’occasione. La settimana dopo c’era stata l’insurrezione di Prigozhin, che prima aveva preoccupato Vladimir, ma poi con l’eliminazione dell’avversario lo aveva rafforzato.
Ora tre elementi hanno ridato fiducia al capo del Cremlino: il sostanziale stallo della controffensiva, la guerra a Gaza, e le resistenze in Congresso a continuare gli aiuti, sullo sfondo del possibile ritorno di Trump alla Casa Bianca. Quindi tra settembre e ottobre ha riaperto i canali, nella speranza di arrivare ad un accordo entro le sue presidenziali di marzo. Le conquiste di Mosca non sarebbero riconosciute, ma di fatto accettate, così come la prospettiva del possibile ingresso di Kiev nella Nato. Resta l’incertezza che Zelensky, o qualunque altro leader ucraino, sia disposto a firmare, e che Putin mantenga poi la parola data.