Zaia teme la trappola da parte di Salvini e si sfila dalle Europee: “Ho ancora due anni qui”
Il giorno dopo la bocciatura del terzo mandato per i presidenti di Regione, Luca Zaia è un sovrano ferito che vede all’orizzonte la fine del suo regno. Il governatore del 76% si presenta a Venezia alla conferenza stampa del Comitato olimpico internazionale e, come di consueto, cerca di mantenere la calma. Ma la mimica del corpo trasmette il disagio che sta vivendo nel sentirsi, forse per la prima volta, stretto in una morsa. Il patto d’acciaio stretto da FdI e da FI che in commissione Affari costituzionali hanno votato compatti per il no alla proroga dei mandati, è un fatto politico che mette in crisi un leader assoluto, considerato come tale da 15 anni a questa parte.
Nel Veneto ribattezzato Zaiastan da Andrea Pennacchi, il presidente deve trovare una soluzione ad un problema contingente: comprendere quale futuro politico lo attende, visto che due azionisti su tre della maggioranza di Governo hanno deciso di tenere il limite di due mandati. Zaia si appella a una frase del leader rivoluzionario nord vietnamita Ho Chi Minh. «Quando entra una tigre in casa, prima di affrontarla apri la finestra che se ne andrà da sola», dice abbassando lo sguardo e facendo capire di non cercare uno scontro duro, ma di propendere piuttosto per una tecnica attendista. Ma il tempo stringe e il collo dell’imbuto è vicino.
Tocca quindi rispondere a domande impellenti. Adesso cosa succederà? Si candiderà alle Europee? «Non succederà nulla, per quel che mi riguarda», risponde sicuro. «Ho ancora un anno e mezzo-due e nel frattempo cerchiamo di capire». Non è un mistero che il suo segretario federale, Matteo Salvini, stia premendo per candidarlo a Bruxelles, nell’ottica di provare a frenare la caduta libera della Lega in termini di consensi. Ma per chi conosce bene Zaia, non è un mistero nemmeno il fatto che lui non intenda minimamente candidarsi, men che meno di fronte alla prospettiva di essere in lista con il generale Vannacci. La base veneta del partito chiede a Zaia di tenere duro, di non cedere alle richieste di Salvini e di lasciare che il partito si schianti, un crollo anticipato un po’ da tutti i sondaggi. A quel punto, di fronte a un risultato così eclatante, la leadership del Capitano potrebbe essere messa in discussione.
Ed è forse proprio a Salvini che Zaia si rivolge, sviluppando un ragionamento sul terzo mandato: «Siccome qualcuno ha detto che il Parlamento è sovrano, vedremo quanta sovranità saprà esprimere il Parlamento». Il riferimento è alle esternazioni che il vicepremier ha affidato alle agenzie dopo la bocciatura dell’emendamento. Come dire, caro Salvini vediamo se farai davvero ciò che dici.
«È una sovranità che dovrà essere rispettosa della volontà popolare», continua Zaia. «Trovo strano che ci siano persone che votano contro i mandati dei sindaci e presidenti di regione eletti dal popolo e poi vai a vedere i loro curriculum e da quattro legislature sono in Parlamento». Ogni riferimento a fatti e persone è assolutamente azzeccato. Le crepe nella maggioranza ormai sono evidenti. «Crepe?» chiede il governatore del Veneto. «Dico solo che basterebbe andare in strada e intervistare i miei cittadini. Loro non vedono come casta la richiesta di proroga dei mandati, vedono come casta il fatto di bloccare i mandati».
Le persone a lui vicine dicono si aspettasse questo esito. Del resto, le esternazioni fatte nei giorni scorsi suonavano come una specie di anticipazione. «Ho i giorni contati». E ancora: «Guarderò come si comportano tutti». Il dato politico, commenta una fonte interna alla Lega, è che FdI e FI hanno scelto: hanno detto no a Zaia. Ed è un segnale in grado di anticipare anche il clima che caratterizzerà la prosecuzione del mandato amministrativo Veneto. L’ultimo miglio rischia di trasformarsi in una trincea.
Lo scacchiere politico è caldissimo, la base è in fiamme. Il capogruppo leghista in consiglio regionale, Alberto Villanova, ha già cominciato ad arringare i suoi. «Qualcuno a Roma crede che la battaglia sia terminata» dice. «Si sbagliano, perché è proprio il contrario». E l’assessore regionale Roberto Marcato ipotizza soluzioni radicali, come quella di correre da soli, con lista Lega, quella personale del presidente e qualche civica. Ma il Veneto potrebbe diventare un laboratorio politico anche per un altro tipo di esperienza. Zaia potrebbe diventare il politico moderato su cui costruire un grande centro da contrapporre alla china destroide imposta da FdI e dalla Lega a trazione salviniana. Già ci sarebbero stati i primi contatti. Dalla sponda opposta del Piave Fratelli d’Italia marcia senza nascondere l’ambizione di prendere guida del Veneto. Messo di fronte a questa prospettiva, Zaia risponde sfoderando la saggezza popolare veneta: «Ghe xe pì giorni che luganega», ci sono più giorni che salsicce. Il suggerimento invita a conservare ogni proprio bene, senza scialacquare ciò che si possiede. Le salsicce, per i contadini veneti. La pazienza, nel caso di Zaia.