Perché al cervello piacciono tanto i cibi grassi: sono una forma di ricompensa

diAnna Fregonara 

Uno studio ha scoperto che sono in grado di attivare una precisa area del cervello, coinvolta nei meccanismi «di gratificazione» selezionati dall’evoluzione. Alcune persone sono più «vulnerabili»

Perché al cervello piacciono così tanto i cibi grassi: sono davvero una forma di ricompensa 

(Getty Images)

Il cervello inganna il nostro stomaco e ci fa scegliere i cibi grassi. Perché? Sono alimenti molto saporiti, pensiamo al gelato, e anche la loro consistenza, morbida e liscia, li fa apprezzare sin da quando li mettiamo in bocca.

Dove nasce la predilezione 

Ma un gruppo di studiosi è andato oltre e ha identificato un’area del cervello che sembra «accendersi» quando «sente» la consistenza vellutata dei cibi grassi, una sorta di apprezzamento per quello che si sta mangiando e che potrebbe guidarci nelle nostre abitudini alimentari. D’altra parte da sempre zuccheri e grassi aumentano il valore di ricompensa degli alimenti, ma contribuiscono anche alla sovralimentazione e all’obesità.

L'esperimento

Per questo i risultati dello studio, pubblicati sulla rivista scientifica The Journal of Neuroscience, potrebbero in parte anche aiutare a a formulare soluzioni mirate per cercare di contrastare l’aumento di peso. 
I ricercatori hanno preparato alcuni frullati, con quantità diverse di grassi e zuccheri, e ne hanno messo un campione tra due lingue di maiale (recuperate da un macellaio locale) per misurarne il grado di attrito e ottenere per ciascuno un indice numerico della morbidezza: un modo per quantificare la sensazione in bocca dei cibi. Poi hanno proposto a 22 volontari, sottoponendoli anche a risonanza magnetica cerebrale, di assaggiare gli stessi tipi di frullati. Dopo gli assaggi, i partecipanti hanno detto quanto avrebbero pagato per consumarne un bicchiere intero del preparato, un modo per stimare l’apprezzamento.

I risultati

Analizzando le scansioni cerebrali, si è visto come le risposte della corteccia orbitofrontale (Ofc), un’area specifica del nostro sistema di ricompensa, variassero al momento di ogni assaggio, riflettendo la differente consistenza liscia e oleosa prodotta dai liquidi grassi sulle superfici della bocca. Queste diverse attività cerebrali rispecchiavano, inoltre, gli importi che i soggetti avevano detto di essere disposti a pagare per un frullato intero. Inoltre, la sensibilità neurale dell’Ofc alla consistenza grassa ha predetto le preferenze degli individui in un test in cui i medesimi volontari erano stati invitati a consumare un pranzo senza limitazioni a base di cibi al curry con quantità di grassi e di zuccheri differenti. I soggetti le cui Ofc erano più sensibili ai grassi hanno mangiato una quantità maggiore di alimenti che ne contenevano di più. 
Questo, secondo gli studiosi, suggerisce che il parametro meccanico dell’attrito dei grassi contro le superfici della bocca influenza i sistemi di ricompensa del cervello orientando le nostre scelte alimentari ed esponendoci più al rischio di sovralimentazione.

Alcune persone più «sensibili»

«Lo studio è di grande rilevanza dal punto di vista metodologico e teoretico. Gli scienziati hanno trovato un modo innovativo di quantificare la consistenza in bocca o “mouthfeel” dei cibi grassi, data la corrispondenza a livello neurale tra Ofc più sensibile alla consistenza e la quantità di cibi grassi ingeriti. Tale misurazione potrebbe rappresentare un marker per predire la dieta futura dei soggetti ad alto rischio, per esempio, di resistenza all’insulina, di diabete e di obesità», commenta Carol Coricelli, ricercatrice nel dipartimento di Neuroscienze e Nutrizione presso il German Institute of Human Nutrition di Potsdam-Rebrücke. «La preferenza per il grasso e lo zucchero ha radici evolutive. In passato, quando le fonti di cibo erano scarse, la capacità di ottenere rapidamente ed efficientemente energia dagli alimenti ad alto contenuto di grassi e zuccheri è stata vantaggiosa per la sopravvivenza e la riproduzione», prosegue Coricelli. «Tale comportamento “adattivo” si è conservato, ma è cambiato in modo drastico l’ambiente circostante che oggi possiamo definire obesogenico: la presenza in abbondanza di cibi favorisce, infatti, l’obesità che è in costante crescita».

La ricompensa guida la scelta 

«Inoltre, lo zucchero fornisce energia rapida e facilmente accessibile. Il nostro cervello, che consuma una quantità significativa dell’energia del corpo, è naturalmente incline a cercare queste sostanze ad alta densità energetica. Questo aspetto, unito all’esperienza sensoriale piacevole del consumare alimenti grassi, rende il nostro sistema della ricompensa altamente sensibile a questi alimenti ipercalorici. I circuiti neurali della ricompensa guidano le nostre preferenze a tavola assegnando un valore maggiore a tali cibi, che verranno scelti quando messi a paragone con altri stimoli con minore ricompensa come gli alimenti amari e quelli a basso contenuto calorico».

Il sistema di ricompensa

Il sistema di ricompensa dell’uomo incoraggia le azioni benefiche per l’individuo e la specie, regola motivazione, apprendimento e il piacere. «Piacere e desiderio, tra le proprietà gratificanti del cibo, meritano una distinzione. Il primo si innesca quando il neurotrasmettitore dopamina, e i circuiti dopaminergici ci fanno tornare sempre a ricercare esperienze positive. Il cervello registra questa associazione e si è motivati a ripetere quel comportamento», dice la neuroscienziata Coricelli. «Il secondo scaturisce quando sentiamo il desiderio di una ricompensa. Questo meccanismo è alla base anche dello sviluppo delle abitudini, come quella di associare un’esperienza al consumo di un determinato cibo, pensiamo ai popcorn al cinema. Le abitudini ripetute in alcuni casi possono sfociare in dipendenze, anche nel caso del cibo: in particolare gli alimenti grassi e calorici sovraeccitano il sistema di ricompensa».

10 marzo 2024

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