Chi c’è dietro l’attentato in Iran?

di Guido Olimpio

Le autorit� iraniane hanno accusato �mercenari� che sarebbero stati reclutati da Israele, Usa o Paesi del Golfo. Ma la lista degli oppositori del regime � lunga: dall’Isis ai separatisti del Baluchistan, dalla minoranza araba dell’Ahwaz, ai curdi e ai Mujaheddin

Chi c’è dietro l’attentato in Iran?

L’eccidio di Kerman , in Iran, ricorda la stagione di sangue che accompagn� i primi anni della teocrazia. Azioni destabilizzanti, con un bilancio di vittime alto e l’uso di ordigni potenti. Le bombe hanno il �vantaggio� di essere letali, non lasciano una firma chiara rispetto all’impiego di commandos, permettono di scegliere il momento e fuggire. � l’arma preferita degli strateghi della tensione.

Le accuse

Le prime reazioni delle autorit� chiamano in causa �i mercenari�, elementi a disposizione dei molti nemici. Le accuse – generiche - riguardano terroristi eventualmente reclutati dagli Stati Uniti, da Israele o da qualche paese del Golfo. Rispondono a sospetti, alla tesi costante di manovre straniere attraverso quinte colonne. In estate i guardiani della rivoluzione avrebbero sventato un attentato proprio allo stesso mausoleo arrestando estremisti collegati allo Stato ebraico.

L’Iran si � servito dei terroristi in Medio Oriente in modo diretto oppure attraverso le fazioni amiche. Gli avversari lo hanno ripagato allo stesso modo. Prendendo di mira i suoi uomini, tra loro il generale Qasem Soleimani, i facilitatori come Imad Mughnyeh (responsabile dell’attivit� clandestine dell’Hezbollah), i quartieri sciiti di Beirut, devastati dalle autobomba negli anni ’80 attribuite a cellule sunnite ma in realt� opera di intelligence, compresa quella israeliana.

La pista esterna pu� avere un fondamento in questa fase di scontro totale, per� � anche utile al regime a fini interni e si presta a manipolazioni se qualcuno vuole sfruttare il momento. E c’� un effetto collaterale: le critiche al governo per la mancanza di protezione in occasione di appuntamenti importanti o attorno a personalit� vittime di agguati.

Gli oppositori

La Repubblica islamica ha difronte uno schieramento di oppositori tenaci affrontati con la repressione pi� severa, gli arresti, le esecuzioni multiple.

I separatisti del Baluchistan, la minoranza araba dell’Ahwaz, i nazionalisti, i curdi, i Mujaheddin. Un fronte di resistenza protagonista di attacchi, con appoggi internazionali, in qualche caso presenze all’estero.

Alcune organizzazioni, a cominciare dai baluchi, hanno usato i kamikaze. Altre hanno preferito tattiche guerrigliere. Di solito hanno preso di mira target militari, dalle caserme alle parate, da uffici governativi alle pattuglie in zone remote. Gli apparati di sicurezza hanno accostato i militanti ai sabotaggi del Mossad, ritenendo che lo spionaggio israeliano si sia servito degli oppositori per danneggiare fabbriche, siti strategici, installazioni. E in qualche caso per eseguire omicidi mirati. Qualche settimana fa Teheran ha annunciato di aver neutralizzato, con l’aiuto dei talebani, un gruppo che preparava gesti eclatanti, forse con l’uso di droni. Lo scenario portato avanti dagli ayatollah � stato considerato da osservatori occidentali e anche i media israeliani hanno raccontato la scelta, qualche anno fa, dell’allora capo del Mossad, Meir Degan, di utilizzare individui assoldati localmente al fine di ostacolare il programma bellico dell’Iran. I soliti colpevoli raccontano solo una parte, servono prove per accostarli con certezza al massacro. La storia iraniana � ancora piena di fatti oscuri, con eliminazioni e faide.

Il califfato

L’Iran ha avuto ed ha un contendente pericoloso: lo Stato Islamico. I seguaci del Califfo, dal 2016, sono stati protagonisti di raid affidati ad affiliati pronti a �missioni sacrificali� nel quadro di una lotta politica e religiosa. Tra i loro target luoghi di culto – il mausoleo dell’imam Khomeini e il santuario di Shiraz -, il parlamento, reparti dei pasdaran. Inoltre, la polizia avrebbe stoppato piani che prevedevano attentati a ricorrenze della fede sciita. L’impiego del doppio �botto�, con la seconda carica tra i soccorritori richiama lo stragismo iracheno (e non solo quello).

Da tempo gli esperti mettono in guardia su sorprese dei mujaheddin del Califfato basati tra Pakistan e Afghanistan: il movimento – affermano – avrebbe deciso di agire al fuori del proprio territorio. Di solito gli uomini del Califfato, per�, rivendicano per dimostrare la loro forza.


Corriere della Sera � anche su Whatsapp. � sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati.

3 gennaio 2024 (modifica il 3 gennaio 2024 | 19:29)

- Leggi e commenta