Italia, nel 2050 gli anziani saranno il triplo dei giovani (e uno su 3 è a rischio povertà)
Se in Italia nel 1951 ogni 100 giovani c’erano 31 anziani, oggi questi ultimi sono diventati 200. E di questo passo supereranno quota 300 nel 2050. Che nel nostro Paese lo scenario demografico stia progressivamente scivolando verso il baratro è risaputo, tuttavia a offrire nuovi (e allarmanti) dati in proposito è stato nei giorni scorsi il report «Esserci - Più giovani più futuro», pubblicato in vista della quarta edizione degli Stati Generali della Natalità, che avranno luogo all’Auditorium della Conciliazione a Roma il 9 e il 10 maggio. Tra le evidenze più preoccupanti emerse dall’analisi, curata dalla Fondazione per la Natalità in collaborazione con l’Istat, quella relativa alle donne in età fertile (ovvero di età compresa tra i 15 e i 49 anni): nel 2011 sfioravano i 14 milioni, adesso sono invece circa 11,5 milioni.

Non è un Paese per giovani
La riduzione della platea dei potenziali genitori non è comunque dovuta a ragioni esclusivamente numeriche. Il documento ha infatti messo in luce anche l’esistenza di una correlazione inversamente proporzionale tra età e rischio di povertà, in quanto tale minaccia riguarda una persona su cinque oltre i 55 anni, una su quattro tra i 25 e i 54 e addirittura una su tre tra i 16 e i 24. Colpa anzitutto dell’evoluzione del mercato del lavoro, che rispetto al 2004 ha visto il tasso di occupazione dei 50-64enni crescere del 21% mentre quello dei 15-34enni calare del 7,3%. Tutti elementi che in realtà non stupiscono se si considera che, come si legge, «le voci della spesa pubblica italiana per i giovani non raggiungono i livelli degli altri Paesi, sia sul totale che in termini di Pil. Ad esempio per l’istruzione viene impiegata una percentuale inferiore di risorse rispetto alle maggiori economie europee: 4,1% del Pil in Italia contro il 5,2% in Francia, il 4,6% in Spagna, il 4,5% in Germania e il 4,8% della media dei paesi Ue27».

«Una questione di libertà»
«Il problema della natalità in Italia non è né una questione economica né culturale, ma di libertà – ha dichiarato alle agenzie di stampa il presidente della Fondazione per la Natalità Gigi De Palo –: non sono libere le coppie che vorrebbero avere un figlio o farne un altro, in Italia la nascita di un figlio è il secondo fattore di incidenza nella povertà; non sono libere le donne costrette ancora a scegliere tra maternità e carriera; non sono liberi i giovani, con il loro tasso di occupazione saldamente all'ultimo posto tra i Paesi dell'Unione Europea, precari nel lavoro e nella vita». Come tentare di risolvere il problema? «Abbiamo bisogno di un piano serio, duraturo e strutturale, con un obiettivo – ha scritto nel report lo stesso De Palo –. Lo hanno già fatto i francesi e i tedeschi con risultati sostenibili e misurabili. Questo non è più il tempo delle analisi, quelle le conosciamo, ma della sintesi, e dobbiamo anche sbrigarci. Ne va del futuro del nostro Paese».

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