Il pogrom di Hamas ha riunificato Israele

Israele prima del 7 ottobre sembrava un Paese diviso. Per nove mesi, ogni settimana, si sono tenute manifestazioni antigovernative di massa i cui slogan facevano impallidire ogni idea di unità, affermando invece in tutti i modi che “non siamo fratelli”. Se ricordate, per mesi, le fazioni di sinistra hanno minacciato che i piloti non avrebbero più servito come riservisti, che i giovani non si sarebbero più arruolati, che avrebbero lasciato Israele per altri Paesi e che Netanyahu sarebbe rimasto senza un esercito funzionante. Per nove mesi questi sono stati i titoli di tutte le notizie. Chi non conosceva abbastanza Israele per capire quanto tali dichiarazioni fossero fallaci, assumeva che Israele si stesse disintegrando dall’interno. Così hanno pensato anche i nemici d’Israele. Gli uomini di Hamas arrestati da Israele dopo il brutale attacco del 7 ottobre hanno affermato nei loro interrogatori che credevano veramente che Israele si stesse sgretolando, e ciò li ha incoraggiati a lanciarsi in questa grande follia omicida.

Nel giro di un giorno, si è palesato un Israele diverso. Il vero Israele. I piloti di riserva che avevano dichiarato di non volersi arruolare, si sono presentati immediatamente, così come tutti gli altri manifestanti, nonostante gli slogan. Il reclutamento nelle unità combattenti di riserva si è attestato al 150%.

Il movimento di protesta “Fratelli d’armi” si è improvvisamente trasformato in un movimento di massa per aiutare il Paese nello sforzo bellico. Tutti i fondi e le capacità organizzative, inizialmente dirette a rovesciare il governo di destra, e a sconvolgere la routine degli israeliani, sono state reindirizzati: chi poteva, si è arruolato subito, gli altri hanno messo in piedi una rete incredibile di assistenza civile in aiuto agli sfollati, ai sopravvissuti, alle famiglie degli ostaggi rapiti a Gaza.

La diatriba principale rimane tra gli israeliani laici e quelli più religiosi. In Israele è facile distinguere chi è religioso e chi no, basta guardare chi ha la kippah in testa.

Ora, guardando le immagini dei soldati sul campo, vedi teste con e senza kippah combattere fianco a fianco indiscriminatamente; la sinistra che protesta contro Bibi, insieme alla destra degli insediamenti. Tutti fratelli, come dimostrano anche le liste dolorose dei caduti sul campo. Perché questa è sempre stata l’essenza profonda, intrinseca di questo Paese, aldilà dei sentimenti volatili che caratterizzano le diatribe politiche, aldilà delle differenze sociali. Queste divisioni non scompaiono, ma all’improvviso è tornato a essere chiaro che il Paese è motivato da un collante più forte di ogni divisione.

Uno dei fenomeni più sorprendenti è stato il ritorno di 300mila israeliani che si trovavano all’estero allo scoppio della guerra per arruolarsi come riservisti. Gente che da tutto il mondo, con i pochi voli rimasti operativi, ha cercato un modo di tornare nella patria il prima possibile. Per intenderci, è come se 1 milione e 800mila giovani italiani accorressero per rientrare entro pochi giorni in Italia per partecipare a una guerra.

Uno di questi giovani, che si trovava in vacanza in Grecia, ha raccontato, mentre cercava di imbarcarsi su un volo qualsiasi che lo portasse in Israele insieme ad altri centinaia di israeliani: “I greci non capivano esattamente cosa volessimo e perché insistevamo per tornare in un Paese in guerra. Non potevano credere che stavamo andando ad arruolarci”.

Tra questi giovani c’era pure mio nipote, che vive negli Stati Uniti perché lavora in una posizione di rilievo per un’azienda hi-tech. Nel giro di un minuto ha lasciato il lavoro ed è tornato in Israele per servire come riservista.

Il divario generazionale è anche parte di fondo della diatriba interna che ha lacerato Israele per mesi: c’era chi pensava che i più giovani non credessero più nei valori delle generazioni più anziane.

Noi anziani, ovunque nel mondo, tendiamo sempre a lamentarci delle generazioni più giovani: che non hanno più valori, che sono concentrati solo su se stessi o, peggio ancora, sul loro cellulare, che non hanno altro in mente se non questo o quel modello di scarpe.

Ma in un batter d’occhio, si è palesata davanti a noi una generazione che ci ha fatti rimanere allibiti, con le lacrime agli occhi, per il suo sacrificio, il suo amore, i suoi valori e le sue capacità. All’improvviso fanno di tutto per proteggere il Paese e chi non combatte si offre volontario per aiutare ovunque sia necessario. A che diritto può un anziano lamentarsi?
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(Traduzione di Sharon Nizza)