Turchia, condannato a 42 anni il leader curdo Demirtas
Trent'anni di prigione all'ex segretaria del partito Hdp Figen Yuksekdag.
I canti in aula dopo la sentenza: «lunga vita alla resistenza di Kobane»
«Non permetterò di leggermi la sentenza in faccia, lascio che se la leggano da soli». Non era presente in aula il leader curdo Selahattin Demirtas quando il giudice supremo di un tribunale di Ankara ha letto il verdetto che condannava l’ex segretario e co-fondatore del partito filo curdo Hdp, ora ribattezzato Dem, a 42 anni di carcere con l’accusa di terrorismo. Ma in tribunale, un complesso carcerario alla periferia della capitale, erano presenti gli avvocati difensori e alcuni osservatori che hanno sbattuto i tavoli e cantato «lunga vita alla resistenza dell'HDP» e «lunga vita alla resistenza di Kobane» in curdo durante la lettura della sentenza.
Condannata a 30 anni e 3 mesi anche Figen Yuksekdag, che all'epoca dei fatti vice segretaria dello stesso partito. La sentenza è arrivata dopo 83 udienze di quello che è stato denominato «processo Kobani».
L'assedio di Kobane
Demirtas e Yuksekdag sono finiti sul banco degli imputati non solo con l'accusa di sostegno e propaganda a favore dei separatisti curdi del Pkk, ma anche per aver istigato alla violenza e alla rivolta la popolazione curda del sud est della Turchia.
I fatti risalgono alla fine del 2014, epoca dell'assedio della città curdo siriana di Kobane da parte dell'Isis, quando la Turchia decise di non intervenire nonostante le proteste di gran parte dei curdi del Paese. Una rabbia di cui Demirtas si fece portavoce in diversi comizi di fine 2014. Seguirono scontri nelle città a maggioranza curda che costarono la vita a 35 civili e 2 poliziotti. Il leader filo curdo fu arrestato il 4 novembre 2016 insieme alla numero due del partito Figen Yuksekdag e altri parlamentari del partito, tutti accusati a vario titolo di aver dato sostegno all'organizzazione terroristica separatista curda Pkk. Capi di imputazione per cui rischiava fino a 142 anni di carcere.
Diciotto imputati già in prigione
Prima della lettura del verdetto il partito Dem ha emesso un comunicato in cui si accusa apertamente la magistratura di legami con la politica e si definisce la giornata di oggi «una macchia nera nella storia del Paese» Demirtas è in carcere dal novembre 2016 con accuse legate al terrorismo, ma rimane una delle figure politiche più influenti della Turchia. Lui e Yuksekdag erano tra i 18 imputati già in prigione.
Nel 2020, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che la Turchia deve rilasciare immediatamente Demirtas, affermando che i suoi diritti, inclusa la libertà di espressione e libertà, erano stati violati. E nel 2021 il Consiglio d’Europa aveva minacciato di aprire una procedura d’infrazione contro Ankara per la detenzione del filantropo Osman Kavala e di Selhattin Demirtas.
Ultime parole
Nelle sue ultime parole prima del verdetto, l'imputato Alp Altinors, che dovrà scontare più di venti anni in carcere, ha affermato: «Si vogliono criminalizzare le attività dell'HDP. Chiamare in piazza è un appello a esercitare il diritto democratico non un reato. Stiamo condannando delle persone perché hanno fatto un tweet. Incitare alla protesta democratica non è un crimine», ha aggiunto. «Non è un crimine essere membro dell’Hdp».
Demirtas è molto popolare tra la popolazione curda anche perché ha fatto della sua detenzione un caso politico. Nel 2017 la moglie Basak dichiarò: «Mio marito sapeva che sarebbe stato arrestato con diversi mesi di anticipo. Anche se molti gli hanno suggerito di andare all’estero, lui ha rifiutato. E quando migliaia di persone sono state arrestate (dopo il fallito golpe in Turchia n.d.r.) ha detto che sarebbe rimasto e avrebbe resistito. Molti altri parlamentari hanno seguito il suo esempio».