La preoccupazione dietro gli allarmi sempre più foschi del Quirinale

ROMA – Come definire quello di Ignazio la Russa se non un attacco alle prerogative del Capo dello Stato. E quindi a Sergio Mattarella. Rivelando il reale proposito della riforma del premierato: demolire la figura del Presidente della Repubblica, incenerendone i poteri, riducendo il Parlamento a consiglio d’amministrazione del governo. Il modo con cui si sta approvando la legge di bilancio rappresenta la prova generale di questa filosofia meloniana “senza lacci e lacciuioli”. Un laisser faire all’amatriciana ben fotografato ad Atreju da Flavio Briatore: “Basta con le commissioni che ti fanno perdere solo tempo. O nero o bianco, o sì o no”. L’Italia del fateli lavorare.

La Russa, riferendosi al Capo dello Stato, ha detto che vanno ridimensionati “i poteri più grandi di quelli che la Costituzione prevedeva”. Farlo è “un fatto di salute”. Soffocando la cosiddetta Costituzione materiale, quei poteri dati dalla contingenza, il pizzico di sale nella minestra della politica. “Una peculiarità che il mondo c’invidia, perché il Presidente della Repubblica è il motore di riserva nei casi di crisi, capace di rimettere in pista la funzionalità del sistema”, obietta il costituzionalista Francesco Clementi. “Questa funzione ha salvato il Paese in più occasioni”.

Ora Mattarella, per definizione arbitro, ha sempre seguito alla lettera gli articoli della Carta. Accusarlo di avere ecceduto con l’uso della Costituzione materiale appare anche ai giuristi un esercizio fumoso. Finora non ha detto una parola sul premierato, né la dirà. Ha cercato di mantenere un rapporto di buon vicinato, anche quando, come nel caso di ieri, vengono a galla gli umori distruttivi della destra. La sua bussola resta la Costituzione, che difende ogni volta che può, ponendosi così idealmente agli antipodi del melonismo. Domani al Quirinale sono attese le alte cariche, lì Mattarella parlerà, un discorso politico, dinanzi a premier, ministri, presidenti delle Camere, grand commis. Da quel che dirà, dall’accoglienza che avrà, dagli eventuali assenti, si capiranno tante cose di questa non facile coabitazione.

Tuttavia si percepisce in lui un cambio di tono. Il suo ottimismo, nelle ultime settimane, si è volto in amara preoccupazione. Non è mai stato, negli ultimi discorsi, così allarmato. Non fa eccezione quello pronunciato ieri alla Farnesina, alla conferenza delle ambasciatrici e degli ambasciatori d’Italia voluta da Antonio Tajani, e nel quale si è spinto a definire “a rischio la sopravvivenza del pianeta”. Due gli assilli: la gravissima crisi climatica e le due guerre, quella mossa da Putin all’Ucraina, e quella in Medio Oriente. Alla lunga entrambe le emergenze “vulnerano gli strumenti internazionali di cooperazione e dialogo”. Ed è la terza inquietudine: gli strumenti del multilateralismo, Onu e Ue inclusi, sono ancora all’altezza delle sfide drammatiche insorte negli ultimi anni? Ne ha molti dubbi, e perciò ne invoca il rinnovamento. Parla di politica estera, naturalmente, ma come non vedere, in filigrana le preoccupazioni per una deriva italiana, di un Paese che scivola verso una democrazia priva di contrappesi, dove un premier può tutto?

Le prove di guerra, ricorda, contengono in sé un cupio dissolvi. Non ci si può voltare dall’altra parte. Dire, come fanno ampi settori dell’opinione pubblica, che l’invasione russa in Ucraina si configura come un conflitto regionale, è un errore. Né si può dire, come si fece dopo l’invasione nazista in Polonia, che non si vuol morire per Danzica. La Russia sogna un’Europa “frantumata, in pezzi, impotente”. È “una logica imperiale inaccettabile”.

Sono concetti che ha espresso sin dal primo discorso dopo l’invasione, nel febbraio 2022 a Norcia, e che continua a ripetere mentre cresce la stanchezza della società politica e civile. Difendendo l’Ucraina difendiamo i nostri valori, la nostra idea di democrazia, e con essi il sistema multilaterale che ha nella tessitura paziente delle relazioni il suo fulcro.

Anche il ragionamento sul Medio Oriente si è fatto più netto. Da un lato ribadisce la ferma condanna degli attacchi terroristici di Hamas, (“violenze immani che congelano il dialogo”), e condanna i rigurgiti di antisemitismo, “senza ambiguità, senza interpretazioni di comodo”, ma dall’altro sottolinea come inammissibili i bombardamenti micidiali d’Israele contro “gli inermi civili” a Gaza “Neanche in guerra possono venire meno le regole del diritto internazionale”. Perché “il terrorismo avanza laddove la proposta politica perde terreno”. L’unica strada è la soluzione dei due Stati.

L’Europa è parte della crisi. Va rinnovata. Serve il voto a maggioranza. Ricorda, ai sovranisti di casa nostra, che “la sovranità solitaria è un’illusione sterile”. Il Patto di Stabilità va rinnovato, “con pazienza”.

È un’ulteriore ammonizione contro le impazienze dei populisti, svolto con più allarme rispetto allo stile con cui ci ha abituati. E forse non casualmente.