Dossier economici e conflitti. Meloni, la prima visita in Cina
Missione dopo lo strappo sulla Via della Seta. Il confronto con Xi sulla guerra Mosca-Kiev
Quattro giorni tra Pechino e Shanghai, per rilanciare i rapporti politici e le relazioni commerciali con la repubblica popolare e ricucire la ferita della Via della Seta. Giorgia Meloni è in partenza per la sua prima visita ufficiale in Cina, a cinque anni dall’ultima missione di un presidente del Consiglio italiano. Nel 2019 toccò a Giuseppe Conte stringere la mano a Xi Jinping e il 29 luglio sarà la leader di Fratelli d’Italia a varcare la soglia della residenza Zhongnanhai, dove due mesi fa il presidente cinese aveva accolto Vladimir Putin.
La premier italiana sarà in visita dal 28 al 31 luglio su invito del primo ministro del Consiglio di Stato Li Qiang e vedrà anche il presidente dell’Assemblea del popolo Zhao Leji e il segretario del Partito comunista cinese di Shanghai, Chen Jining. Per la donna che guida il governo italiano è una missione delicata e importante, alla cui organizzazione Palazzo Chigi lavora da mesi, su tre piani. C’è il tema politico degli incontri bilaterali ai massimi livelli, il tema economico legato al Business forum Italia-Cina e c’è da tessere la tela dei rapporti culturali tra i due Paesi: il momento più significativo sarà il taglio del nastro della imponente mostra sui 700 anni del Milione di Marco Polo «e la sua eredità fra Oriente e Occidente».
Fonti di governo prevedono che la visita di Meloni «si svolgerà in un clima costruttivo» e che oltre ai dossier economici la premier affronterà con Xi Jinping la questione centrale e strategica del conflitto tra Russia e Ucraina. In una Pechino minacciata dalle piogge torrenziali del monsone Gaemi, che ha già provocato vittime e inondazioni a Oriente, la premier atterra nella notte di domani, pochi giorni dopo il ministro degli Esteri di Kiev. Il viaggio di Dmytro Kuleba è stato narrato dal governo cinese come la prova di un atteggiamento «neutrale» ed «equidistante» sulla guerra di Putin.
La postura diplomatica di Meloni è in sintonia con le conclusioni del G7, di cui la leader italiana è presidente e dunque la ricerca di «relazioni costruttive e stabili» e di una cooperazione ritenuta «necessaria per affrontare le sfide globali». Prescindere dalla Cina non si può, dal punto di vista geopolitico quanto economico e la premier chiederà a Xi di fare tutti gli sforzi possibili per promuovere la fine del conflitto. «La Cina — apre con fiducia il ministro degli Esteri, Antonio Tajani — può essere un interlocutore portatore di pace. Va coinvolta, può dare consigli più miti a Mosca».
Ovviamente al centro dei colloqui e della successiva tappa a Shanghai ci saranno anche gli affari e la reciproca intenzione di «rilanciare il rapporto bilaterale nei settori di comune interesse». Per preparare il tavolo delle trattative, Roma e Pechino hanno lavorato rilanciando il Comitato governativo e la Commissione economica mista, nel 20° anniversario del partenariato strategico globale fra i due Paesi. L’interscambio commerciale valeva 66,8 miliardi nel 2023 e l’obiettivo del governo è farlo crescere ancora: dopo gli Stati Uniti, la Cina è il secondo partner commerciale extraeuropeo dell’Italia. «Il partenariato strategico verrà implementato», conferma il ministro Adolfo Urso, che a inizio luglio aveva visto a Pechino il ministro dell’Industria cinese.
Per Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri, uno sviluppo «sano e stabile» delle relazioni tra Italia e Cina conviene a entrambe le nazioni. Per Pechino la prima visita di Meloni è una opportunità per «consolidare l’amicizia tradizionale» con l’Italia e per spingere in avanti le relazioni anche tra Cina ed Europa. Colpisce, nelle parole della portavoce, il passaggio sull’intenzione di «approfittare» della visita di Meloni per «valorizzare lo spirito della Via della Seta». Quasi che per i vertici cinesi non ci sia nulla da ricucire dopo lo strappo sul «memorandum» siglato da Conte nel 2019.
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