La fine del boss della mala e quella del super-manager: le tracce di omicidi misteriosi in Grecia portano a Milano
Nei giorni scorsi uccisi Vangelis Zambounis e Christos Gialiasruolo. I crimini in Grecia, ma un'auto rubata e una società «fantasma» in viale Monte Nero chiamano in causa il capoluogo lombardo
Il boss della malavita greca ucciso ad Atene. Un noto imprenditore greco ammazzato in Attica. Entrambi caduti sotto il tiro di killer in agguati da professionisti. Storie separate ma con tracce di rilievo investigativo che portano a Milano. Notte del 14 gennaio. Vangelis Zambounis è sorpreso all’interno della sua vettura blindata, gli sparano con i kalashnikov, i colpi trapassano lo scudo. Gli assassini scappano a bordo di una Lexus scura, rubata proprio qui in città a giugno e trasferita in territorio greco dove hanno applicato una targa clonata. Un’azione rapida, un «contratto» sulla testa di un personaggio di prima grandezza nel mondo del crimine. La polizia ipotizza che lo abbia eliminato una gang dell’Est, decisa a impadronirsi del suo «mercato», un impero costruito con locali notturni, traffici di carburante e di sigarette.
Un delitto tra i tanti in una guerra di mafia durissima, con oltre trenta attacchi letali dal 2017 e diramazioni internazionali fra network russi, ucraini, albanesi e chissà quali altri. Per questo motivo, gli investigatori non escludono che il Suv del commando sia stato «prelevato» a Milano per la missione specifica.
Pomeriggio del 7 febbraio, una via secondaria di Mandra, paese di 12mila abitanti dell’Attica. Questa volta gli AK fanno fuoco per liquidare Christos Gialias, uomo d’affari dagli interessi infiniti. Origini umili, ha fatto carriera e soldi nel settore alimentare, lanciandosi nell’import-export e nell’edilizia, creando contatti estesi in Albania, Bulgaria e Lombardia. Nel suo passato qualche precedente ormai «scontato», la ex moglie trucidata in una strana rapina, un amico fatto fuori a fine novembre, molte «voci» ma nessuna inchiesta a suo carico. Tuttavia Gialias aveva dei nemici, temeva sorprese.
La sua villa era protetta da un alto muro, era dotata di una torretta in stile penitenziario e di solito l’imprenditore viaggiava a bordo di una macchina blindata con, in aggiunta, la protezione delle guardie del corpo. Il giorno dell’imboscata, però, Gialias era solo e su una vettura «normale». Una difesa bassa, quasi minima, sfruttata dai sicari. Che sapevano, che aspettavano.
Gli inquirenti hanno puntato l’attenzione su eventuali concorrenti in Grecia e sui rapporti internazionali, evidenziati da un reticolo di società. A cominciare da quella aperta in un elegante palazzo d’inizio 1900 in città, in viale Monte Nero 84 (lo stesso edificio che ospita lo storico cinema Colosseo, inaugurato quasi un secolo fa). Un’azienda aperta ma rimasta inattiva. Un altro enigma. Del dicembre 2019, in uno studio notarile in zona Cadorna, la costituzione della società denominata «Bella Greco srl» come emerge dalle carte in italiano e greco visionate dal Corriere. Ad apporre le firme per conto di Gialias, una 30enne milanese. Quella società si occupa, o dovrebbe occuparsi, di gestione e conduzioni di bar, ristoranti, negozi vari, attività di catering per eventi privati e pubblici, operazioni immobiliari nonché, si legge nei documenti, servizi quali «fidejussioni, avalli e garanzie per finanziamenti, mutui e qualsiasi operazione finanziaria». Siamo stati nel palazzo, dove non hanno sede appartamenti ma unicamente studi di professionisti, per lo più operativi nella gestione di bilanci per grossi nomi. L’elenco è lungo e copre gli spazi dei cinque piani. Della «Bella Greco srl» nessuna traccia. Mai comparsa, almeno a un livello ufficiale.
Gialias aveva 58 anni ed era in possesso anche della cittadinanza italiana. In precedenza, a novembre, per la nascita in Grecia della società, si era presentato munito di carta d’identità greca e codice fiscale italiano, assumendo i ruoli di presidente del Consiglio d’amministrazione e amministratore delegato. Due i procuratori speciali per l’Italia nominati in quell’occasione: la medesima 30enne che abbiamo ritrovato negli studi notarili a Cadorna, e un 48enne originario di Vigevano. Il capitale sociale versato ammontava a 10mila euro e il numero dei dipendenti non era stato dichiarato; da allora, nel circuito delle banche dati delle aziende, la speciale finestra di registrazione di debiti e anomalie finanziarie non ha segnalato episodi. Una società sana, che però appunto non ha mai operato ma che l’imprenditore continuava a tenere aperta.
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