Corinaldo, la discoteca della strage non doveva esistere. I pm: “Bastava un occhiolino per ottenere i permessi”

C’erano troppe irregolarità alla base delle autorizzazioni concesse alla Lanterna Azzurra di Corinaldo, la discoteca dove la notte tra il 7 e l'8 dicembre 2018 morirono 5 minorenni e una madre di 39 anni, che aveva accompagnato la figlia.

Le vittime rimasero schiacciate nella calca di una struttura che non avrebbe dovuto esserci, dato che “nulla era a norma”, come sostengono i pm Paolo Gubinelli e Valentina Bavai.

Intercettato a pochi giorni dai fatti, l'addetto alla sicurezza Gianni Ermellini avrebbe confessato che “era tutto fuori regola, hanno messo una ringhiera arrugginita che non reggeva nemmeno ad un bambino”.

Eppure la discoteca ha ricevuto le autorizzazioni necessarie, rilasciate nel giro di 30 anni. In un'altra intercettazione, il vigile urbano Stefano Martelli, parlando con la segretaria dell'Unione dei Comuni, accusava la commissione che aveva rilasciato i permessi: “non ci stanno con la testa, io devo spendere soldi in avvocati perché il sindaco non ha preso a calci quelli della Lanterna per fargli rifare tutto".

"Una tipica pratica all'italiana, fatta con l'occhiolino da una parte e il colpo di gomito dall'altra con l'obiettivo di fare soldi e avere le carte a posto" l’ha descritta il pm Gubinelli, nel corso della discussione al Tribunale di Ancona sul processo bis, relativo alla sicurezza del locale e alle autorizzazioni.

Il processo è ormai agli sgoccioli: lunedì prossimo verranno formulate le richieste di condanna per i 9 imputati, accusati a vario titolo di cooperazione in omicidio colposo plurimo, lesioni, disastro colposo, falso ideologico e apertura abusiva di un locale. Tra questi c'è anche l'ex sindaco di Corinaldo, Matteo Principi, insieme ai proprietari e i gestori del club, gli amministratori e i tecnici comunali che avevano rilasciato i permessi.

Quella notte dell’8 dicembre, all’interno della discoteca si trovavano 1.400 persone, nonostante la capienza autorizzata fosse di 469. Poco prima del concerto del rapper Sfera Ebbasta, alcuni ragazzi spruzzarono dello spray al peperoncino causando panico tra la gente.

A causa della chiusura di una delle due uscite d'emergenza, la folla si spostò in massa verso la porta sul retro del locale, che affacciava su un ponticello situato su un piccolo fossato. La balaustra del ponte cedette, facendo precipitare diverse persone nel fossato. Le cinque vittime, schiacciate e calpestate dai presenti, morirono per asfissia. I feriti furono invece 59.

I sette componenti della 'banda dello spray', ragazzi modenesi tra i 17 e i 22 anni, sono già stati condannati, in procedimenti diversi, a pene dai 10 ai 12 anni di reclusione.