Mosca alza i toni. “A Kiev armi e soldati l’Occidente è già in guerra con noi”

MOSCA — Mosca alza i toni dello scontro con “l’Occidente collettivo”. Dmitrij Peskov prende di mira la Germania. Sergej Lavrov bacchetta le ambasciate Ue. E Dmitrij Medvedev, al solito, spara a zero su tutti mostrando una mappa dell’Ucraina smembrata. Un fuoco di fila che, secondo Berlino e Washington, ha uno scopo evidente: allarmare e dividere l’Occidente.

Si parte dalle intercettazioni di alti ufficiali tedeschi diffuse venerdì su Telegram da Margarita Simonjan, la capa di Rt, ex Russia Today: 38 minuti di audio in cui si discute l’ipotesi di fornire a Kiev missili Taurus a lungo raggio di fabbricazione tedesca e il loro possibile impiego per colpire il ponte di Crimea. Una grave falla nella sicurezza tedesca, ma anche una fonte d’imbarazzo per il cancelliere Olaf Scholz che si rifiuta di inviare i Taurus agli ucraini per evitare un’escalation.

Per il portavoce del Cremlino Peskov, sono la dimostrazione del «coinvolgimento diretto dell’Occidente collettivo nel conflitto in Ucraina». «La registrazione stessa testimonia che all’interno della Bundeswehr (l’esercito tedesco, ndr) i piani per effettuare attacchi contro il territorio russo vengono discussi in modo dettagliato e concreto», ha accusato Peskov che cerca di rimestare nel torbido dopo che Berlino ha annunciato un’inchiesta sulla fuga di notizie. «Bisogna stabilire se la Bundeswehr agisce di propria iniziativa.

Allora la domanda è: quanto la Bundeswehr è controllabile e quanto Scholz controlla la situazione, o se questo fa parte di una politica dello Stato tedesco. In entrambi i casi è molto brutto». Le sue dichiarazioni arrivano mentre l’ambasciatore tedesco Alexander Graf Lambsdorff viene trattenuto oltre un’ora presso il ministero degli Esteri russo. Mosca sostiene di averlo convocato per chiedere «spiegazioni» sulle intercettazioni e denunciare «i tentativi tedeschi di ostacolare i giornalisti russi in Germania». Con la portavoce Maria Zakharova che dice che la Germania «non è stata denazificata fino in fondo». Berlino parla di un «incontro programmato da tempo». Ma poco cambia. La stessa Germania denuncia «un attacco ibrido» «parte di una guerra d’informazione di Putin» che mira a «destabilizzare» la Germania e a «generare insicurezza e divisioni». La Casa Bianca è d’accordo: Mosca, dice, vuole «spaccare gli alleati»

Il ministro degli Esteri Lavrov, però, se la prende con tutti i Paesi Ue. Dice di aver raccolto «molto materiale» su come le loro ambasciate stiano creando «progetti di sostegno agli oppositori non sistemici». Aveva convocato gli ambasciatori per parlarne il 27 febbraio, aggiunge, ma loro «hanno paura di incontrare il ministro del Paese in cui sono accreditati. Dove si è mai visto?». La rappresentanza Ue a Mosca conferma, ma spiega che i diplomatici hanno rifiutato l’invito perché non era specificato l’argomento del colloquio. «Ora Lavrov dice che voleva farci una lezione. Ciò dimostra che abbiamo fatto bene a declinare».

Infine Medvedev. L’ex presidente e premier, oggi vicepresidente del Consiglio di sicurezza, evoca lo spettro di un conflitto nucleare «cento volte più probabile rispetto alla crisi dei missili a Cuba del 1962». «Questa è una vera e propria guerra contro la Russia con armi americane e con la partecipazione di forze speciali americane e di consiglieri americani», precisa. Stavolta sfrutta il palco dell’Università Sirio nell’ambito del Festival della Gioventù di Sochi per lanciare i suoi strali.

«Uno degli ex leader ucraini ad un certo punto ha detto che l’Ucraina non è la Russia. Questo concetto deve scomparire per sempre. L’Ucraina è sicuramente Russia», dice in un abito blu con collo alla Kim Jong-un mostrando una mappa dove i confini della Russia includono l’Ucraina orientale e centrale, all’Ucraina non resta che una porzione di territorio attorno a Kiev, senza sblocco sul mare, mentre la parte Ovest è divisa tra Polonia, Romania e Ungheria. I territori su entrambe le sponde del fiume Dnipro, insiste il falco Medvedev, sono «parte integrante dei confini storici strategici russi» e «devono tornare a casa». Colloqui di pace? Mai con Volodymyr Zelensky..