La lettera di Meloni a von der Leyen: «Fake news contro il governo italiano»
«Nessuna interferenza sulla governance della Rai». L’opposizione: «Vittimismo comico»
Arriva a quattro giorni dalla pubblicazione della Relazione annuale Ue sullo stato di diritto, e alla vigilia di una settimana che potrebbe portare al rinnovo dei vertici Rai, la risposta della presidente del Consiglio Giorgia Meloni sulla libertà dei media in Italia. Replica che apre un nuovo caso, con le opposizioni che attaccano e parlano di «vittimismo comico». In una lettera alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, la premier, ieri in missione in Cina, si dice sorpresa di come «per la prima volta» il contenuto di tale relazione sia stato «distorto a uso politico da alcuni nel tentativo di attaccare il governo italiano».
Secondo Meloni, «qualcuno si è spinto perfino a sostenere che in Italia sarebbe a rischio lo stato di diritto, in particolare con riferimento alla libertà di informazione e al servizio pubblico radiotv». Una replica meditata nei giorni successivi alla pubblicazione del report e alle polemiche che ne sono seguite (nessun collegamento, assicurano fonti della maggioranza, con le parole di Mattarella sulla libertà di informazione, alla cerimonia del Ventaglio). Da Palazzo Chigi avevano già sottolineato come la relazione attingesse a valutazioni di enti o associazioni la cui visione politica è considerata apertamente avversa al governo. E in ambienti Rai si parlava addirittura di conflitti d’interessi, citando l’Osservatorio sui media guidato dal professor Giulio Enea Vigevani, autore di un ricorso contro il sistema di governance Rai e legale dell’ex ad Carlo Fuortes.
La premier, nella lettera, si sofferma su tre punti: la normativa sulla governance della Rai, il fatto che «il cambiamento della linea editoriale avrebbe determinato le dimissioni di vari giornalisti e conduttori» e la supposta violazione della par condicio alle Europee. Sul primo punto, la presidente nega «interferenze nella governance della Rai» e ricorda che questa è regolata da una legge varata dal Pd, che si applica da una decina di anni, e di cui FdI è semmai rimasta vittima, essendo stata l’unica forza di opposizione a essere esclusa dal board senza che nessuno in Europa lo rilevasse. Il board attuale — prosegue — è stato scelto dal precedente governo, eccezion fatta per chi lo guida.
Quanto alla fuga dei conduttori, ritiene che «diversi esperti affermano che i rapporti di lavoro si sono interrotti per normali dinamiche di mercato; alcuni di questi conduttori hanno lasciato la Rai prima dell’arrivo del nuovo ad e altri hanno deciso di percorrere nuove esperienze professionali, pur avendo l’azienda confermato i loro spazi nei palinsesti». Infine sulla par condicio, «tutti i governi hanno potuto legittimamente informare i cittadini sulla loro attività, senza che l’informazione istituzionale rientrasse nel conteggio dei tempi della par condicio». La premier conclude denunciando «attacchi pretestuosi che possono avere presa solo nel desolante contesto di ricorrente utilizzo di fake news», dispiacendosi che neppure la relazione Ue «sia stata risparmiata dai professionisti della disinformazione e della mistificazione».
L’opposizione insorge: «Se tutta l’Europa e mezza Italia condannano la faziosità della Rai meloniana sarebbe bene che il governo desse ascolto. A furia di andare contromano si va a sbattere», osserva il capogruppo Pd in Vigilanza Stefano Graziano. «La premier riferisca in Vigilanza per fornire le prove di quanto afferma», dice Angelo Bonelli (Avs). Mentre Il M5S chiede una riforma della governance Rai in linea con l’Ue. «Vittimismo comico», per Riccardo Magi (+Eu). Oggi si apre una settimana che potrebbe portare al rinnovo dei vertici Rai: mercoledì potrebbero essere convocate le Camere per la scelta dei quattro consiglieri di amministrazione. Chissà che l’uscita di Meloni non ne sia il preludio.
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