uando Wojtyla chiese a Padre Pio di salvare l'amica Wanda Poltawska dal cancro (e 10 giorni dopo lei guarì). E il frate disse:«Non posso dirgli no»
Il futuro Papa conosceva la donna sin da quando militavano nella resistenza antinazista. Quando nel '62 si ammalò di tumore il monsignore polacco scrisse in latino a padre Pio chiedendogli il miracolo. «A questo non posso dire no», disse il frate. Il tumore sparì e Wojtyla lo ringraziò con una seconda missiva: «Sia ringraziato Dio»
Il venticinquennale della beatificazione di Padre Pio da Pietrelcina, avvenuta il 2 maggio del 1999, che ricorre oggi, fu fortemente voluta da papa Wojtyla, che con il religioso di San Giovanni Rotondo aveva un fortissimo rapporto personale, che iniziò nell'immediato dopoguerra, nel 1948 quando i due si conobbero per la prima volta; e che proseguì culminando in un episodio a suo modo incredibile, ma ampiamente documentatosi dalle lettere che il futuro Giovanni Paolo II e Padre Pio si scambiarono in latino nel corso del tempo. L'episodio si colloca nell'autunno nel 1962, quando una donna polacca legata sin dalla prima gioventù al giovane Karol, Wanda Poltawska (spentasi nel 2023 a 102 anni) si ammalò gravemente di tumore.
Il rapporto speciale
Il rapporto tra Wojtyla e Wanda era fortissimo e di antica data: si è trattato di un'unione nata sin dai tempi in cui lei e Karol, allora giovanissimo attore, si impegnarono nella resistenza antinazista. Leggenda vuole che addirittura lei abbia salvato Wojtyla dalla deportazione. Certo è che Wanda fu arrestata dalla Gestapo il 17 febbraio del 1941 e venne imprigionata nel castello di Lublino. Dopo essere stata interrogata e torturata, il 21 novembre 1941 venne deportata nel campo di concentramento di Ravensbrück, fu sottoposta a esperimenti pseudo-medici e poi trasferita nel campo di concentramento di Neustadt-Glewe, dove rimase fino al 7 maggio 1945. Insieme Karol, Wanda - poi divenuta medico - scrissero un testo sul tema della sessualità e della procreazione: secondo il testo ogni atto di cingiunzione fisica doveva essere mirato alla procreazione e ogni forma di «attenzione» doveva essere evitata perché peccato. Come è stato documentato anche dal libro Karol e Wanda scritto da Giacomo Galeazzi e Francesco Grignetti, dopo l'attentato del 1981 Wanda restò accanto a Giovanni Paolo II fino alla morte del pontefice, spegnendosi in Vaticano solo nell'autunno scorso.
Il tumore incurabile di Wanda e la supplica di Wojtyla a padre Pio
Il loro rapporto era quindi intensissimo. In quel lontano 1962 l’allora vescovo ausiliare di Cracovia Karol Wojtyla scrisse una lettera a padre Pio chiedendo al frate una preghiera d’intercessione per la malattia di una cara amica gravemente malata. «A questo non si può dire di no», osservò il frate cappuccino con il suo segretario, sapendo che quel vescovo che gli scriveva da tanto lontano - conosciuto già nel 1948 e poi ritrovato durante il Concilio Vaticano II - era destinato a una carriera speciale. Siamo dunque nel novembre del 1962 e Karol Wojtyla prende carta e penna per domandare un miracolo a padre Pio da Pietrelcina.

Il testo della lettera in latino
La supplica in latino è per una donna, madre di quattro figli, affetta da un cancro all'ultimo stadio: «Venerabile Padre, Ti prego di rivolgere una preghiera per una madre di quattro figlie, di quarant’anni, di Cracovia in Polonia, (durante l’ultima guerra in campo di concentramento in Germania), ora in pericolo gravissimo di salute e della vita stessa per un cancro: affinché Dio per intercessione della Beatissima Vergine mostri la sua misericordia a lei e alla sua famiglia in Cristo obbligatissimo», firmato «Carolus Wojtyla vescovo titolare di Ombi, vicario capitolare di Cracovia». Per far sì che la lettera arrivi di sicuro nelle mani di padre Pio, Karol Wojtyla si affida ad Andrzej Maria Deskur, un monsignore polacco di poco più giovane rispetto al futuro Papa, che si trova a Roma per motivi di salute. Deskur fece giungere la missiva a San Giovanni Rotondo tramite il dattilografo della Segreteria di Stato, Angelo Battisti, che era figlio spirituale di Padre Pio. Battisti recapitò la lettera a Padre Pio, che dopo essersi fatto leggere il contenuto pronunciò la famosa frase: «A questo non si può dire di no».
La guarigione miracolosa e la seconda lettera di Wojtyla
Come è stato ricostruito anche da Stefano Campanella, direttore di padre Pio TV autore di vari libri sul mistico pugliese, «A distanza di alcuni giorni, prima del programmato intervento chirurgico per eliminare la massa neoplastica, la donna fu sottoposta ad un nuovo esame diagnostico da cui risultò che il tumore era completamente scomparso. Questa notizia raggiunse immediatamente Wojtyla che si sentì in dovere di ringraziare Padre Pio: il 28 novembre scrisse la seconda lettera che, sempre attraverso mons. Deskur e Battisti, venne recapitata a Padre Pio. In quell’occasione il Frate disse: «Sia ringraziato Dio!». E consegnò a Battisti entrambe le missive, aggiungendo: «Tienile, queste lettere». L’impiegato vaticano le ripose in un cassetto e le ritrovò casualmente nello stesso mese e nello stesso anno in cui quel vescovo che le aveva scritte divenne Papa con il nome di Giovanni Paolo II.
Nella seconda lettera Wojtyla scrive: «Venerabile Padre, la donna di Cracovia in Polonia, madre di quattro figlie, il giorno 21 novembre prima dell’ operazione chirurgica istantaneamente ha riacquistato la salute grazie a Dio e anche a Te Padre Venerabile, rendo il più grande grazie a nome suo, di suo marito e di tutta la famiglia».
Stando a Campanella, monsignor Wojtyla scrisse a Padre Pio almeno tre lettere, che attestano due miracoli ottenuti per intercessione del frate cappuccino, sollecitati dal prelato polacco: la citata guarigione della dottoressa Wanda Poltawska, psichiatra, e quella del figlio di un avvocato, ambedue di Cracovia.
Quelle confidenze tra Padre Pio e Wojtyla
Stando a quanto ricostruito da Campanella «Giovanni Paolo II raccontò a Deskur di un rapporto speciale con Padre Pio fin dall’inizio. Quando nei primi giorni di aprile del 1948 il giovane sacerdote Wojtyla si recò a San Giovanni Rotondo, il cappuccino gli rivelò ciò che non aveva confidato e non avrebbe mai più confidato a nessuno, nemmeno ai suoi confessori, e cioè che, oltre alle cinque piaghe della stimmatizzazione e a quella della transverberazione, aveva anche una sesta piaga sulla spalla, come quella che Gesù si procurò portando la croce o il patibulum sulla via del Calvario. Era la piaga "che faceva più male", perché si era "suppurata" e non era mai "stata curata dai medici"».