Le tasse vanno pagate ma non bisogna schiacciare il ceto medio

Caro Aldo,
ma perché dovremmo versare la metà di quello che guadagniamo a uno Stato inefficiente? Perché devo pagare lo stipendio a politici che non ho scelto? Non metta il cognome perché poi scatta l’accertamento fiscale…
Filippo L. Milano

Caro Filippo,
Lei dice quattro cose giuste e una, la più importante, sbagliata. Nessuno dovrebbe pagare metà di quello che guadagna. In Italia accade — tra Irpef e addizionali — a chi incassa più di 50 mila euro l’anno, con molti veri ricchi nei paradisi fiscali. Lo Stato è inefficiente. La politica avrebbe il dovere morale di tagliare costi e privilegi, e di consentire agli elettori di scegliere gli eletti. Gli accertamenti fiscali sono un’ingiustizia clamorosa, con punte di sadismo burocratico tipo pretendere non solo — com’è giusto — le fatture, ma pure gli scontrini della carta di credito di visite mediche di quattro anni prima. Tuttavia lei parte dalla premessa che ai cittadini sia tutto dovuto, per dono divino: salute, sicurezza, scuola, trasporti. Invece non è così. La società, con buona pace della signora Thatcher, esiste. Non siamo soli al mondo. Facciamo parte di una comunità. Di questa comunità fanno parte anche persone fragili. Ci sono bambini che nascono con disabilità: sono amatissimi, arricchiscono e rendono più dolce la nostra vita; ma hanno bisogno di assistenza, e a maggior ragione ne avranno bisogno quando non ci saranno più i loro genitori. Chi paga? Ci sono anziani non autosufficienti. La Regione aiuta, ma non paga tutto. Ha mai fatto la coda a uno sportello? Le chiederanno: «Sceglie il girello o la sedia a rotelle? Il girello? No guardi, le conviene farsi passare la sedia a rotelle, perché affittarla le costerebbe più del girello». Chi paga? Ci sono bambini che devono imparare tutto, e hanno bisogno della scuola. Chi paga? Persone in pericolo, che hanno bisogno della scorta; per la loro vita, non come status symbol. Chi paga? Reparti oncologici, reparti per le cure palliative, reparti di oncologia pediatrica, autentici inferni sulla terra: chi paga? È retorica? Magari. Se vuole andiamo a farci un giro, ne usciremmo provati ma migliori. Ci sono strade da manutenere, posti di lavoro da salvare, investimenti pubblici per rilanciare l’economia del nostro Paese: chi paga? Le anticipo la risposta: non i padroni della Rete, che hanno creato e privatizzato immense quantità di ricchezza. Non l’Europa, che fa già molto a garantire il nostro enorme debito pubblico. Paga il ceto medio, già impoverito dalla crisi e dall’inflazione. Molti, troppi compatrioti si sottraggono alla vita della comunità. Più sei ricco, meno tasse paghi. Questo è uno dei grandi temi della modernità; come l’intelligenza artificiale che distrugge il lavoro intellettuale, come il riscaldamento del pianeta, come la proliferazione nucleare. Forse per questo non se ne parla quasi mai.

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Storia

«Quei 12 carabinieri uccisi dai partigiani titini 80 anni fa»

Desidero raccontare una triste storia, riportata alla luce dal giornalista e storico Antonio Russo: 80 anni fa, 12 carabinieri italiani vennero uccisi sulla montagna di Plezzo nel Tarvisiano. Tra loro c’era anche mio zio Adelmino Zilio, ma mio padre preferiva non ricordare la morte atroce del fratello. Era rivolto a lui l’invito dei carabinieri alla cerimonia per il conferimento delle medaglie d’oro nel 2009, ma lui si rattristò: «Io non ci vengo, avevo impiegato due giorni con la tradotta per andare al funerale di Nino nel 1944». Così mi trovai io a rivivere una storia della mia famiglia che non conoscevo. La sera del 23 marzo 1944, il gruppo di partigiani titini comandati da Likar Socian, catturò i carabinieri a guardia della centrale idroelettrica di Plezzo (ora Bovec, Slovenia), località importante per la miniera di Cave del Predil da cui si estraeva il piombo usato per i proiettili delle truppe tedesche. I partigiani fecero saltare la caserma e la centrale. Passarono la notte con i prigionieri sul monte Izgora, poi si diressero verso l’altopiano di Lojie. La sera somministrarono loro un minestrone con sale nero, soda caustica e varecchina. La mattina del 25 marzo iniziarono la salita verso Malga Bala. Uncinarono e appesero a una trave a testa in giù il brigadiere Perpignano, legarono i prigionieri con filo spinato e li uccisero a picconate, fine riservata dal regime comunista in segno di dispregio, perché carabinieri e italiani. I corpi furono abbandonati nella neve. Erano: Primo Amenici, Lindo Bertogli, Michele Castellano, Domenico Dal Vecchio, Antonio Ferro, Dino Perpignano, Pasquale Ruggiero, Pietro Tognazzo, Attilio Franzan, Fernando Ferretti, Adelmino Zilio, Rodolfo Colzi.
Renzo Zilio, Dolo (Venezia)

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