Il discorso inaugurale del presidente di Taiwan: «Dialogo e pace». Ma Pechino: «Inganno separatista, incita allo scontro»

diGuido Santevecchi

Nel discorso inaugurale, che sarebbe stato concordato con gli Usa, il neo presidente di Taiwan Lai Ching-te dice che l'isola non rinuncerà alla sua democrazia e sovranità di fatto ma difenderà lo status quo. La reazione di Pechino: «L’indipendenza è un vicolo cieco»

TAIPEI, TAIWAN - MAY 20: (L-R) Taiwan's former President, Tsai Ing-wen, Taiwan's new President, Lai Ching-te, and the new Vice President, Hsiao Bi-khim, show up on the stage during Taiwan's new President Lai Ching-te's inauguration ceremony on May 20, 2024 in Taipei, Taiwan. Lai urged China to stop its military threats against Taiwan in his inaugural address. Lai is expected to continue the policies of outgoing president Tsai Ing-wen, who was barred from running again after two terms. He has vowed to maintain peace with China while defending Taiwan's sovereignty. The inauguration ceremony will be attended by foreign dignitaries, underscoring Taiwan's growing international profile under Tsai's leadership. Lai faces the challenge of balancing relations with the U.S. and China while navigating a politically divided legislature at home. (Photo by Annabelle Chih/Getty Images)

Lai Ching-te, nuovo presidente di Taiwan. A sinistra Tsai Ing-wen, a destra la nuova vicepresidente Hsiao Bi-khim (Getty)

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE DA PECHINO 
C’è un appello a Pechino al centro del discorso inaugurale di Lai Ching-te, il nuovo presidente di Taiwan: lavorare insieme, «condividere la responsabilità verso il mondo di mantenere pace e stabilità nello Stretto».

Non è una frase scontata, perché da 8 anni il governo cinese ha tagliato ogni contatto politico con Taipei, le incursioni di aerei e navi da guerra cinesi intorno all’isola sono quotidiane e sempre più aggressive, Xi Jinping continua a ripetere che la «riunificazione è inevitabile».

Lai ha pronunciato un discorso in equilibrio tra fermezza e cautela. Fonti diplomatiche dicono che ha concordato con gli amici americani il contenuto, per evitare sorprese e fughe in avanti. Non ha parlato di indipendenza, perché sa che quella è la linea rossa da non oltrepassare. Ha citato «sovranità» e «democrazia»: e queste sono due condizioni innegabili che Taiwan si è saputa conquistare. Ha detto che la Cina deve «smettere di minacciare la soluzione militare», ma ha offerto di ricominciare a dialogare partendo dal turismo e dagli scambi culturali con l’obiettivo di costruire una coesistenza.
 
Nessuna apertura da Pechino. La prima reazione: «L’indipendenza è un vicolo cieco, è incompatibile con la pace come il fuoco con l’acqua», ha detto il portavoce dell’Ufficio per gli affari taiwanesi e ha accusato Lai di «promuovere scopertamente inganni separatisti che incitano allo scontro».
 
Dal 2016 la Cina ha cancellato il dialogo politico con il governo taiwanese e quando Lai Ching-te si è candidato alla presidenza lo ha bollato come «pericoloso separatista». Lai è anche consapevole del fatto che gli Stati Uniti, in campagna elettorale, non vogliono trovarsi di fronte a una scelta drammatica nel confronto con la Cina.

La formula magica per gli americani è «status quo»: mantenere la situazione di separazione di fatto che si è instaurata nel 1949, quando il generalissimo nazionalista Chiang Kai-shek si rifugiò nell’isola dopo aver perso la guerra civile sul continente con il Partito comunista di Mao Zedong.
In passato, Lai si era definito «un lavoratore pragmatico per l’indipendenza». Reso più cauto dalle responsabilità di governo (e dai consigli dell’Amministrazione Biden che non vuole un terzo fronte dopo Ucraina e Medio Oriente), Lai in campagna elettorale ha corretto la sua posizione, assicurando che «non c’è alcuna volontà di proclamare l’indipendenza, la nostra isola è già sovrana di fatto e lo status quo nello Stretto serve l’interesse della stabilità mondiale».

Il suo obiettivo di «timoniere di pace», come si è presentato oggi, sarebbe di proseguire la navigazione su rotte parallele. Nel discorso inaugurale della sua presidenza ha ricordato che «è chiaro a tutti che la Repubblica di Cina (storico nome di Taiwan, ndr) e la Repubblica popolare cinese non sono subordinate l’una all’altra». E ha promesso: «Non ci sottometteremo né provocheremo, manterremo lo status quo».
 
Lai ha parlato per 30 minuti, citando 31 volte la democrazia. Al suo fianco sul palco la presidente uscente Tsai Ing-wen, dalla quale ha preso buona parte delle affermazioni di principio sul futuro di Taiwan. Per mandare un segnale di continuità a Washington, ha scelto come vicepresidente la signora Hsiao Bi-khim, che è stata rappresentante del governo taiwanese a Washington e ha ottimi rapporti con gli americani. Ha mantenuto anche gli uomini chiave che hanno lavorato per otto anni al fianco di Tsai e che sanno come trattare con gli americani in modo discreto per non dare giustificazioni alle minacce di Pechino.

Il nuovo presidente Lai Ching-te, 64 anni, rimasto orfano da bambino quando il padre morì in un incidente in miniera, ha studiato medicina, perfezionandosi a Harvard. Durante quell'esperienza americana ha scelto di farsi chiamare William Lai, come cortesia verso i docenti che avevano difficoltà a ricordare e pronunciare Ching-te. È entrato in politica quando alla fine degli Anni 80 il Kuomintang che aveva guidato con durezza l'isola dal 1949 scelse la via democratica.

Il suo problema principale è che, come dice Danny Russel, vicepresidente del think tank Asia Society Policy Institute «non c’è niente che William Lai avrebbe potuto dire per soddisfare Pechino, al di fuori di "resa incondizionata"» della democrazia taiwanese al Partito comunista cinese.

20 maggio 2024 ( modifica il 20 maggio 2024 | 12:29)

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