Dopo le cariche a Pisa: “Orgogliosi dei nostri ‘bimbi’, picchiati senza una ragione”

Il giorno dopo le cariche della polizia e le manganellate che hanno spedito all’ospedale otto ragazzini che manifestavano pacificamente per la Palestina, Pisa si è svegliata come dopo un trauma. C’è un prima e un dopo i fatti di piazza dei Cavalieri e in città non si parla d’altro. Nelle famiglie dei ragazzi feriti, dopo i colpi di manganello, si è incrinato qualcosa. «Abbiamo perso la fiducia» dice il padre di due studenti di 15 e 16 anni che partecipavano al corteo del 23 febbraio, entrambi finiti in ospedale.

Lui, docente di un istituto superiore come sua moglie, preferisce restare anonimo, per proteggere l’identità dei suoi figli che frequentano il Buonarroti. «Le pare possibile colpire dei bimbi al volto e alla schiena mentre provano a scappare, come hanno fatto col mio figlio maggiore?» chiede con voce tremante. «Venerdì mattina i miei figli sono usciti di casa col sorriso perché andavano a chiedere la pace, un atto genuino, spontaneo. Io e mia moglie eravamo tranquilli, non avremmo pensato che una manifestazione di bimbi a volto scoperto andasse a finire così. Mio figlio mi ha detto “Babbo, siamo stati puniti. Non potevamo chiedere la pace”. Cosa dovrei rispondere io?». I ragazzi erano entrambi in testa al corteo e hanno raccontato che mentre si lanciavano cori e si contrattava per andare in piazza dei Cavalieri, sono stati inspiegabilmente caricati. «La polizia ha altri metodi per gestire dei bimbi senza usare i manganelli? Siamo amareggiati e pensiamo a una denuncia. I miei figli sono finiti al Cisanello. Uno col braccio rotto ed ecchimosi alla schiena, l’altro colpito in testa e alle mani».

Ieri mattina in piazza dei Cavalieri, a pochi passi da via san Frediano, teatro delle cariche contro i ragazzi, un centinaio di studenti del liceo Russoli, accompagnati dai docenti per un’uscita didattica, hanno disegnato sul lastricato delle sagome col gesso a rappresentare i loro amici manganellati. «Ero in piazza – dice un liceale -. Sono finito in ospedale, mi si vede anche nei video. Ci siamo trovati impreparati, attaccati vilmente. Le manifestazioni di venerdì pomeriggio non erano organizzate, come la nostra e lì i poliziotti non hanno fatto nulla di fronte a un’intera città che guardava». Nel pomeriggio oltre 200 ultrà del Pisa hanno sfilato per le vie del centro con un cartello per chiedere le dimissioni del questore e poi hanno affisso uno striscione di solidarietà agli studenti alla cancellata del liceo. Alle 18 oltre duemila persone, studenti, boy scout e associazioni, si sono date appuntamento al presidio silenzioso per la pace organizzato in piazza dei Cavalieri a due anni dall’inizio del conflitto in Ucraina per chiedere il “Cessate il fuoco” di tutte le guerre. C’era anche Gemma, la studentessa di 17 anni finita in ospedale a Pontedera, manganellata alle gambe da un poliziotto dopo essere caduta mentre cercava di sfuggire alle cariche. «È il suo modo bello di rispondere a quello che ha vissuto, sono orgogliosa di lei perché ha portato il suo pensiero critico in piazza in modo pacifica» afferma sua madre, Sara Costanzo, docente e pedagogista. «Insegno in un liceo, per me è inaudito, non era mai successo in questi anni di assistere a tensioni simili. Penso di muovermi per vie legali» dichiara.

«La dinamica dell’aggressione è brutta, in testa e in coda c’erano agenti in tenuta antisommossa, i ragazzi non potevano andare da nessuna parte, non li facevano passare. Mia figlia tornando indietro è caduta e mentre era indifesa a terra è stata colpita alle gambe. I ragazzi si sono spaventati. «Mamma – mi ha confidato Gemma - ho partecipato a tante manifestazioni, mai ho visto tale aggressività sproporzionata contro dei ragazzini». Quello che è accaduto è una barbarie, con i miei colleghi docenti pensiamo che i ragazzi a livello educativo devono imparare la libertà del contraddittorio e non devono avere paura di esprimersi. Non deve più accadere».