Usa, la crociata della Casa Bianca per riportare i dipendenti in ufficio
NEW YORK - Da mesi quando il capo dello staff della Casa Bianca, Jeff Zients, entra nella sala delle riunioni in un’ala della residenza presidenziale o in un altro edificio federale di Washington, la prima cosa che nota sono le sedie vuote.
E lo stesso avviene quando si collega in remoto con i responsabili delle agenzie dell’amministrazione americana. Ogni volta si trova di fronte espressione sconsolate. I vertici gli riportano sempre gli stessi dati: almeno il venticinque per cento del personale continua a lavorare da casa e non ha intenzione di tornare in ufficio. Da mesi gli edifici federali presentano molti spazi vuoti.
Il maggior datore di lavoro Usa
Con due milioni e duecentomila dipendenti, il governo federale è il maggior datore di lavoro degli Stati Uniti, ed è quello che continua a soffrire di più gli effetti della pandemia, un problema che riguarda anche molte altre attività. Di tutti i dipendenti che, durante il picco dell’emergenza, erano rimasti a lavorare in remoto per ridurre i rischi di contagio, solo una parte ha accettato di tornare in ufficio. Costi di trasferimento azzerati e qualità della vita migliore hanno fatto da leva. Il governo federale spende ogni anno due miliardi di dollari per mantenere attivi i palazzi federali e quasi cinque miliardi di dollari per affittare gli spazi privati. Ma utilizzati solo in parte cominciano a essere una rimessa enorme. E senza contare il danno di immagine di un’amministrazione che lavora a ranghi ridotti.
Convincere i dipendenti
Nei mesi scorsi Zients aveva riunito i management delle agenzie e spinto perché si trovasse il modo di convincere i dipendenti a lasciare il lavoro in remoto. Lo stesso presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva chiesto ai suoi una “azione più aggressiva” per ritornare alla normalità e dare un messaggio rassicurante al Paese. In estate questa era stata una delle sue priorità. Ma, secondo quanto raccontano Wall Street Journal e Axios, l’appello è caduto nel vuoto. La capitale Washington sta vivendo un fenomeno di disertificazione del personale: duecentomila dipendenti federali sono riluttanti a tornare al lavoro. Il movimento di pendolari che ogni giorno prendevano i mezzi pubblici per raggiungere gli uffici si è ridotto al 57 per cento: solo un pendolare su tre è tornato ai livelli pre-pandemia.
Secondo i dati ufficiali del Government Accountability Office, organismo che verifica l’attività di governo, tre mesi fa in 17 delle 24 agenzie federali un dipendente su quattro non era tornato a lavorare al quartier generale. La presenza di stanze vuote non è l’immagine che Zients vorrebbe vedere per raccontare quello che l’amministrazione Biden sta facendo. Anche perché il sistema in remoto non sembra garantire lo stesso livello di produttività richiesto. Molti insistono a partecipare alle riunioni via Zoom. Per questo il capo dello staff della Casa Bianca ha inviato un nuovo memo alle agenzie per chiedere di far rientrare in ufficio il maggior numero di dipendenti.
Zients ha indicato come esempio virtuoso il dipartimento che si occupa dei veterani, gli ex soldati e dei tutti gli altri corpi, e l’agenzia per lo sviluppo internazionale: qui i lavoratori passano cinque giorni su dieci in ufficio. Meno del periodo pre-pandemia, ma più di quanto avviene in generale. Nel frattempo Zients è andato di persona al dipartimento sulla Sicurezza interna e a quello dell’Energia per incontrare i vertici e trovare una soluzione. Ma un portavoce dell’amministrazione, parlando al Wall Street Journal, ha ammesso: “Ci stiamo lavorando, ma non ci siamo ancora”.