Asllani, Italia-Albania la sua partita del cuore:«Voglio vincere per papà sbarcato col gommone»

diPaolo Tomaselli, inviato a Dortmund 

Il centrocampista dell'Inter si racconta alla vigilia dell'esordio a Euro 2024 contro gli azzurri: «Il mio sangue è albanese. I nostri tifosi sono dei pazzi, come fai a non dare tutto per loro?»

Kristjan Asllani, per lei, arrivato a Buti in provincia di Pisa quando aveva due anni, Italia-Albania di domani sera non può essere una partita normale. È così?
«Direi una bugia se raccontassi che lo è, anche perché gioco contro tanti compagni di squadra. Peccato solo per il girone durissimo, ma vogliamo fare bene e aprire un ciclo per provare a qualificarci al Mondiale. C’è un bel mix di vecchi e giovani».

Il cuore di Buti sarà diviso?
«Secondo me prenderò tante offese (ride ndr). Ma ci sono anche tanti altri albanesi nella zona. Di sicuro sarà una bella partita e non vedo l’ora di giocarla».

Quando torna a casa riesce a fare vita di paese o è più complicato?
«Non sono cambiato e quando posso vado: anche a vedere le partite di calcetto fra le nostre sette contrade, che a gennaio si sfidano per il Palio. Sono molto legato a Buti, ho tantissimi amici: dai 15 ai 70 anni».

L’Italia fa bene a preoccuparsi per questa Albania rampante?
«Il c.t. Sylvinho ha portato entusiasmo, fiducia nei nostri confronti, voglia di crescere. Il gruppo con lui è cambiato e sono arrivati i risultati. Non so se l’Italia deve preoccuparsi, ma daremo il massimo per i nostri tifosi che saranno tantissimi».

Da cosa si riconosce l’Albania?
«C’è compattezza, gioia di giocare».

L’Italia le sembra in ritardo?
«No, ci sono tanti giocatori fortissimi: possono fare davvero bene».

Lei quando l’Italia ha vinto l’Europeo cosa ha fatto?
«Sono stato in piazza, coi miei amici che festeggiavano».

In cosa si sente più albanese?
«Il mio sangue è albanese, in casa ogni tanto parlo la lingua. E con i nonni in Albania mantengo vivo le radici».

A Elbasan dove è nato ci va mai?
«Sì, se con la Nazionale sono a Tirana e ho il pomeriggio libero vado a trovare i nonni».

I suoi genitori le raccontano della loro vita in Albania e dell’arrivo in Italia?
«Sempre. Mio padre è arrivato in Italia con il gommone e mi racconta quanto fosse dura la vita in Albania. Mia madre mi ha avuto a 18 anni e non è stato facile. Hanno sofferto tanto e quello che hanno fatto per me e mio fratello Leonardo che ha 13 anni non ha prezzo: sento di non poterli ripagare, ma ci provo».

Come?
«Quando ho firmato per l’Inter ho portato tutti con me a Milano, anche perché parlano tutti bene della città, ma a 21 anni viverci da solo sarebbe stato un casino. Mia mamma lavorava in una fabbrica di dolci, mio padre per l’azienda degli acquedotti e d’estate stava tutto il giorno al sole: adesso la vita è cambiata».

Si è occupato molto di suo fratello?
«Sì, soprattutto in estate. Stavamo assieme tutto il giorno, perché i nostri genitori lavoravano. Lo portavo al campo con me, lo mettevo seduto e mi allenavo. Adesso gioca anche lui, come esterno: è un po’ più pazzo di me».

Fino a tre anni fa d’estate serviva ai tavoli alla «sagra dello stringozzo alla cinta senese»: più complicato fare slalom tra la gente con i piatti in mano o giocare titolare a Firenze una partita chiave per lo scudetto?
«Più difficile giocare quella partita, perché la sentivo molto, non giocavo dal primo minuto da diverso tempo e la Juve era molto vicina a noi: c’era un po’ di stress».

Jorginho, Modric, Brozovic, Barella, Pedri. Un girone di grandi centrocampisti: ha un modello o le basta Calhanoglu per crescere?
«Anche Brozovic è un’ispirazione. Vedere lui e Calha allenarsi è stata una delle cose più belle che mi potesse capitare».

È stata una stagione di crescita per lei?
«Senza dubbio. Davanti ho un grandissimo giocatore come Hakan, dal quale cerco di imparare tutti i giorni. Lo ringrazio, anche per la persona che è».

Giocare poco non è facile.
«Ho capito che anche se giochi tre minuti, devi farti trovare pronto. Ma sono migliorato anche nella fase difensiva, sulla quale ho lavorato tanto. E nel gioco con la palla: stando con i campioni migliori in tutto».

Calha usa più il bastone o la carota con lei?
«La carota».

Lautaro invece ha fatto capire in una intervista alla Gazzetta, che con lei ha usato il bastone. È così?
«Certo, ma io lo ringrazio perché mi parla tantissimo, specie fuori dal campo. Non voglio raccontare cosa mi ha detto ma mi ha aiutato tantissimo. Ha fatto bene ad usare il bastone».

Lei è passato dalla Primavera dell’Empoli all’Inter in poco più di sei mesi. È stato complicato mantenere l’equilibrio?
«Ci penso sempre, perché sono arrivato a Milano dopo 13 partite da titolare a Empoli».

Inzaghi l’aiuta a diventare un giocatore da grande squadra?
«Sa quando venire a parlarti e quando non è il momento: mi aiuta tantissimo».

È nato il 9 marzo come l’Inter: è anche la sua squadra del cuore?
«Sì, la passione nasce da uno zio, molto interista. Però mi piaceva tantissimo anche Kakà».

Ha mai avuto la possibilità di giocare per le giovanili azzurre?
«A Empoli era venuto il c.t. dell’Under 21, ma non ho mai ricevuto una chiamata. In ogni caso non avrei cambiato: mi ritengo albanese ed è giusto che giochi per l’Albania».

Il senso di appartenenza è qualcosa in più?
«Credo di sì, ma sono soprattutto quei pazzi scatenati dei nostri tifosi a caricarci: come si fa a non dare l’anima per questa maglia?».

Un’Italia con il blocco Inter è ancora più pericolosa?
«Sì. E chiaramente è favorita».

I suoi compagni in una-due parole: Barella?
«Barella: qualità e quantità. È uno dei più forti al mondo e spero domani ci sia. Bastoni: eleganza. Dimarco: piedino fatato. Darmian: il nostro principe. Frattesi: stupido! No, scherzo (ride). Grande forza fisica e grandissimo amico: l’ho sentito, speriamo non segni con noi».

Vi siete aiutati?
«Parliamo spesso, anche lui nell’Inter ha giocatori fortissimi davanti e deve essere contento della sua stagione. È un grande professionista».

Asllani?
«Un bravo ragazzo».

14 giugno 2024

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