La mielofibrosi � una neoplasia mieloproliferativa cronica che ogni anno viene diagnosticata circa a mille italiani, per lo pi� sessantenni, ma molti casi si verificano in persone giovani. Esistono terapie in grado di tenere la malattia sotto controllo anche per anni, restano per� aperti due problemi importanti: evitare che la patologia evolva in una leucemia mieloide acuta (accade in circa il 10% dei pazienti) e impedire l’eccessivo ingrossamento della milza, assai frequente, che comporta conseguenze gravi per i malati. Un passo avanti arriva da uno studio presentato al congresso annuale dell’American Society of Hematology, in corso a San Diego (California), che ha come autore principale Francesco Passamonti, direttore dell’Ematologia alla Fondazione IRCCS Policlinico di Milano: �Ottenere una risposta sulla milza in una quota elevata di pazienti e riuscire a mantenerla a lunga implica un benessere per il paziente e una quota maggiore di controllo sulla malattia – commenta l’esperto -. Ecco perch� questo risultato � importante�.
Nuove terapie contro la mielofibrosi, tumore che rischia di evolvere in leucemia acuta
Uno studio indica che aggiungere un nuovo farmaco alla cura standard migliora notevolmente il controllo della malattia e riduce le dimensioni della milza in oltre 6 pazienti su 10

Che cosa � la mielofibrosi
La mielofibrosi � una malattia del midollo osseo che si caratterizza per la presenza di alterazioni dell’emocromo (anemia, piastrinopenia, leucopenia o leucocitosi), accompagnate da un aumento della milza (splenomegalia) e dalla presenza di sintomi quali febbre, sudorazioni notturne e calo di peso. �� una patologia rara che determina la graduale comparsa nel midollo osseo di un tessuto fibroso che non gli consente pi� di funzionare correttamente, con una conseguente alterazione della produzione delle cellule del sangue – spiega Passamonti - La malattia � dovuta alla presenza di mutazioni genetiche acquisite nei geni JAK2, MPL e CALR. Queste mutazioni determinano le manifestazioni cliniche della malattia, anche liberando sostanze pro-infiammatorie e un vantaggio di sopravvivenza delle cellule malate che quindi popolano il midollo e la milza�. Nelle fasi iniziali, la mielofibrosi rimane asintomatica e la diagnosi pu� essere fatta in modo accidentale dopo un’analisi del sangue effettuata per altri motivi. Alla maggior parte dei pazienti viene diagnosticata in fasi pi� avanzate e si manifesta con sintomi anche gravi come anemia, ingrossamento della milza (splenomegalia) e trombosi. � quindi importante avere a disposizione nuovi farmaci che possano contrastare la malattia pi� avanzata.
La milza ingrossata e gli altri sintomi
L’ingrossamento della milza interessa circa 8 pazienti su 10 e provoca sintomi come difficolt� digestive, sensazioni di pesantezza, fastidio a livello dell’addome, saziet� precoce e alterazioni delle normali funzioni intestinali. In alcuni casi la milza � cos� ingrossata da occupare gran parte dell’addome fino a comprimere i polmoni (provocando tosse secca). In qualche caso � necessaria la sua rimozione chirurgica. �Altri sintomi estremamente debilitanti, che possono impedire di svolgere le normali attivit� quotidiane e lavorative e di avere una normale vita sociale e di relazione, sono la fatigue o astenia, un senso di stanchezza cronico, a cui si possono aggiungere febbre, sudorazioni notturne, prurito diffuso in tutto il corpo (che peggiora con il contatto con l’acqua, noto anche come prurito acquagenico) e perdita di peso dovuta all’inappetenza e alle difficolt� digestive� aggiunge Passamonti.
Le terapie
Le terapie oggi disponibili consentono di allungare la sopravvivenza dei malati e ridurre i sintomi debilitanti permettendo, nella maggior parte dei casi, il ritorno alle attivit� quotidiane e lavorative e a una normale vita sociale, ma l’unica cura che permetta di raggiungere la guarigione definitiva � il trapianto di midollo osseo da donatore sano, riservato a certe fasi della malattia, a chi � in buono stato generale e ha meno di 70-75 anni. �La malattia � progressiva con un incremento delle dimensioni della milza, un calo progressivo dell’emoglobina e delle piastrine e sintomi sempre pi� invalidanti – dice Passamonti -. Pu� anche progredire in leucemia acuta. Sulla base delle caratteristiche cliniche della patologia e dell’et� del paziente si calcola il rischio di aggravamento della mielofibrosi: a seconda del livello di rischio si pu� decidere per una semplice osservazione senza terapia fino al trapianto allogenico di midollo osseo�. Oggi sono disponibili in Italia farmaci efficaci come i JAK inibitori (ruxolitinib e fedratinib), mirati su quelle alterazioni genetiche che sappiamo essere responsabili della neoplasia, consentono di allungare la sopravvivenza dei malati e ridurre i sintomi debilitanti permettendo, nella maggior parte dei casi, il ritorno alle attivit� quotidiane e lavorative e a una normale vita sociale. Hanno per� dei limiti: �La risposta dei farmaci sulla milza � limitata e, quando pure funzionano, la validit� della cura diminuisce col passare del tempo – continua l’esperto -. E il trapianto � una procedura complessa, che non pu� essere proposta alla maggior parte dei malati�.
Il nuovo studio TRANSFORM-1
Servono, insomma, nuove cure che abbiano maggiore effetto sulla milza e controllino i sintomi sul lungo periodo. E in questo contesto s’inseriscono i dati dello studio TRANSFORM-1, presentato al convegno americano di ematologia. Si tratta di una sperimentazione di fase tre (l’ultima prima dell’approvazione definitiva e l’entrata in commercio di un medicinale) che ha arruolato oltre 250 malati con mielofibrosi che non avevano ancora ricevuto alcuna terapia, ma che necessitavano d’iniziarne una. Una met� ha ricevuto l’attuale cura standard (ruxolitinib) e l’altra met� ruxolitinib pi� il nuovo farmaco navitoclax. �Navitoclax � una terapia orale che, colpendo un preciso bersaglio (le proteine BCL-2/BCL-XL che favoriscono l’attivit� del tumore), porta a morte le cellule malate che altrimenti vivrebbero troppo a lungo – chiarisce Passamonti -. � stato somministrato come prima linea di trattamento con l’obiettivo di ridurre la milza di oltre il 35% (misurata tramite risonanza magnetica nucleare). Il traguardo, dopo sei mesi di trattamento, � stato raggiunto nel 63% dei pazienti con la combinazione navitoclax e ruxolitinib e nel 31% di coloro che ricevevano la sola cura standard. La risposta � stata ottenuta nel 76% e nel 41% nelle due popolazioni rispettivamente. Inoltre, la perdita della risposta � stata registrata nel 18% dei pazienti con la combinazione e nel 26% con ruxolitinib da solo�.
Neoplasie mieloproliferative croniche
�In ematologia i grandi progressi negli ultimi 20 anni sono stati raggiunti grazie alla scoperta di mutazioni genetiche alla base di numerose malattie e responsabili, spesso, della proliferazione del tumore, oltre che della sua resistenza alle cure – commenta Paolo Corradini, presidente della Societ� Italiana di Ematologia (Sie) -. La ricerca scientifica ha poi iniziato a creare dei farmaci che colpissero solo le alterazioni del Dna, risparmiando le cellule sane. Questo ha portato a risultati importanti anche nelle neoplasie mieloproliferative croniche, come la mielofibrosi, la policitemia vera (caratterizzata dall’aumento progressivo di globuli rossi) e la trombocitemia essenziale comporta l’accrescimento eccessivo del numero delle piastrine. Sono malattie rare, che nel loro insieme fanno registrare circa mille nuovi casi annui in Italia. Possono accompagnare il malato per anni senza aggravarsi, richiedere soltanto dei controlli periodici oppure delle terapie, pi� o meno aggressive a seconda dei casi. Il ruolo importante del nostro Paese nel trial TRANSFORM-1 dimostra, ancora una volta, l’elevata qualit� dell’ematologia italiana�.
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12 dicembre 2023 (modifica il 12 dicembre 2023 | 14:20)
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