Bce avverte: inflazione al target 2% (solo) il prossimo anno. Cosa cambia per i tassi

«Nei prossimi mesi ci si attende che l'inflazione oscilli intorno ai livelli attuali, per poi diminuire fino a raggiungere l'obiettivo del 2 per cento il prossimo anno, per effetto della più debole crescita del costo del lavoro, del dispiegarsi degli effetti della politica monetaria restrittiva perseguita dal Consiglio direttivo e del venir meno dell'impatto della crisi energetica e della pandemia. Le misure delle aspettative di inflazione a più lungo termine restano sostanzialmente stabili, collocandosi perlopiù intorno al 2 per cento», recita così il Bollettino economico della Bce n. 3 del 2024. L'inflazione complessiva nell'Eurozona però «continua gradualmente il suo percorso disinflazionistico, di riflesso al calo dei tassi di crescita per beni alimentari e beni industriali non energetici». Il minor tasso di crescita per i beni industriali non energetici, spiegano gli economisti della banca centrale, «è determinato dalla perdurante attenuazione delle pressioni inflazionistiche, nonostante il lieve aumento dell'inflazione dei beni energetici riconducibile in larga misura a effetti base».

Il nodo dell’inflazione dei servizi

«L'inflazione dei beni sta diminuendo rapidamente, mentre l'inflazione dei
servizi rimane resistente», spiega Isabel Schnabel, membro del consiglio esecutivo Bce, nel suo intervento alla conferenza inaugurale del netork ChaMP (Challenges for Monetary Policy Transmission) sottolineando
come il passaggio tra prezzi e salari è più forte per i servizi, anche a causa di una domanda più resiliente. Più in generale - ha aggiunto Schnabel - si prevede che i margini di profitto assorbano costi del lavoro unitari più elevati, ma rimangono rischi. Fra questi rimangono in primo piano i rischi geopolitici e di conseguente aumento dei prezzi energetici ma anche quelli legati a possibili shock climatici e al rincaro dei prezzi degli alimentari. 

L’ultimo miglio dell’inflazione

Secondo una corrente di pensiero prevalente all'interno della Bce ridurre il costo del denaro potrebbe rinvigorire l'economia stagnante dell'Eurozona ma anche «riacutizzare» l'inflazione. Nella battaglia per riportare l'inflazione al 2%, «l'ultimo miglio resta una preoccupazione», ha spiegato Schnabel in una recente intervista al Financial Times. «Dobbiamo essere pazienti e cauti perché sappiamo, anche per esperienza storica, che l'inflazione può divampare di nuovo», ha aggiunto.

L’aspettativa sul taglio dei tassi

Ma ciò non esclude un taglio dei tassi, seppur con una prospettiva di riduzione ancora piuttosto incerta. Scrive la Bce che «se una valutazione aggiornata circa le prospettive di inflazione, la dinamica dell'inflazione di fondo e l'intensità della trasmissione della politica monetaria dovesse
rafforzare ulteriormente la fiducia del Consiglio direttivo in una stabile convergenza dell'inflazione verso l'obiettivo, sarebbe allora opportuno ridurre l'attuale livello di restrizione della politica monetaria. In ogni caso, per determinare livello e durata adeguati della restrizione, il Consiglio direttivo continuerà a seguire un approccio guidato dai dati, in base al quale le decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione, senza vincolarsi preventivamente a un particolare percorso di fissazione dei tassi». 

Le dinamiche salariali

L’inflazione è ovviamente agganciata anche dinamiche salariali e ai rinnovi contrattuali. «Alla fine del 2023 le pressioni salariali si sono lievemente allentate e nel 2024 dovrebbero attenuarsi ulteriormente», aggiunge la Bce che sottolinea come nel quarto trimestre del 2023 la crescita dei salari effettivi, misurata dal reddito per occupato e dalla retribuzione oraria, è scesa rispettivamente al 4,6 e 4,4 per cento, dal 5,1 e 5,0 per cento nel terzo trimestre. «Gli indici prospettici delle retribuzioni segnalano il protrarsi di pressioni salariali ancora forti, sebbene in moderazione. Le informazioni sugli accordi salariali, disponibili a partire dalla fine dello scorso anno,
suggeriscono che la crescita media delle retribuzioni contrattuali nel 2024 è andata via via diminuendo in tutti i contratti retributivi attivi, comprese le una tantum, dal 4,4 per cento all'epoca del Consiglio direttivo di gennaio, al
4,2 per cento del Consiglio direttivo di marzo e al 4,1 per cento del Consiglio di aprile».

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25 aprile 2024 ( modifica il 25 aprile 2024 | 12:06)

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