Ricordi dei primi anni di vita: così potrebbero essere recuperati (se il cervello non li cancella)

di Danilo Di Diodoro

Nuove tecniche di studio del cervello e dei geni implicati nella memoria potrebbero rendere possibile �riattivare circuiti� in cui sono depositate informazioni altrimenti ormai inaccessibili. Lo indica una ricerca (per ora) sui topi

Ricordi dei primi anni di vita: così potrebbero essere recuperati (se il cervello non li cancella)

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Dove finiscono i ricordi dei primi anni di vita, che nessuno riesce a recuperare? Una risposta su che cosa succede a quei ricordi giunge da una ricerca realizzata sui topi, perch� anche loro dimenticano le loro prime esperienze, fornendo cos� un modello sperimentale ai neurobiologi, che nei loro laboratori vedono regolarmente sparire dalla memoria le informazioni che i topolini avevano appreso poco dopo la nascita.

Sistema immunitario

Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science Advances indica che, in realt�, la scomparsa di questi primi ricordi non sarebbe obbligatoria dal momento che a certe condizioni potrebbe anche non avvenire. In particolare non avviene se durante la gravidanza la mamma riceve una stimolazione del sistema immunitario. Secondo Tomas Ryan, coautore della ricerca, questa attivazione immunitaria durante la gravidanza causa uno stato alterato del cervello che si sta sviluppando e spegne specifici interruttori biologici il cui compito � quello di cancellare dalla mente i ricordi dei primi anni di vita.

Lo studio � importante perch� getta luce su un meccanismo dell’oblio infantile che finora non era stato del tutto compreso e che probabilmente ha connessioni con il successivo sviluppo di alcuni disturbi psichici. Ma non risolve la questione del perch� il cervello dei topi, e degli esseri umani, a un certo punto cancelli quei primi ricordi.

Engramma

Oggi i neurobiologi sanno che il problema non sembra comunque essere quello di fare spazio a informazioni successive, dal momento che, per come funziona il meccanismo di formazione dei ricordi, il cervello potrebbe immagazzinare molte pi� informazioni di quelle che trattiene. Infatti, per formare un ricordo, il cervello crea una piccola rete di neuroni che si mettono in comunicazione: � la base neurobiologica minima della memoria, conosciuta anche con il termine di engramma. Ogni volta che un’informazione viene trattenuta vuol dire che si � formato un engramma, processo che in prima battuta avviene soprattutto in un’area del cervello detta ippocampo.

Stabilizzazione

Ma si tratta ancora di un ricordo labile che rischia di svanire fino a che non avviene una prima stabilizzazione con la formazione di nuove sinapsi tra quegli stessi neuroni. � il fenomeno della neuroplasticit�: l’informazione viene stabilizzata perch� tra quei neuroni si aprono nuovi punti di contatto e di scambio elettrochimico, un fenomeno per la cui realizzazione � necessaria l’attivazione di alcuni geni per avviare la sintesi di nuove proteine.

Rinforzo

Ora quell’informazione � pronta per essere recuperata anche a distanza di tempo, al servizio dell’apprendimento e della memoria. Naturalmente, come sa chiunque abbia esperienza di studio, la ripetizione dell’esposizione a quella specifica informazione rafforza il processo e lo consolida ulteriormente.

Manipolazione

Ma c’� anche un altro fenomeno naturale che rafforza la memoria. Il cervello ha imparato a manipolare all’insaputa della coscienza i ricordi appena formatisi, facendone delle �ripetizioni� quando il proprietario di quel cervello sta dormendo o comunque non lo sta utilizzando appieno. Sono ripetizioni che si potrebbero definire offline: i gruppi di neuroni coinvolti in informazioni appena acquisite, approfittano del �silenzio� del cervello per ripetere e per rinforzare i loro legami neurochimici anche con altre zone della corteccia cerebrale, contribuendo cos� a stabilizzarle ulteriormente.

Optogenetica

Gli studi che hanno portato a comprendere appieno questi meccanismi sono stati realizzati tramite la recente tecnica dell’optogenetica, una complessa metodica che sta trasformando la ricerca nelle neuroscienze, consentendo di �accendere� e �spegnere� specifici circuiti cerebrali verificandone le rispettive conseguenze comportamentali. Ricordare un’informazione vuol dunque dire essere in grado di attivare nuovamente quello stesso gruppo di neuroni, il che � possibile finch� resistono i legami che si sono formati al momento in cui l’informazione � stata fissata.

Prospettive

Come tutti sanno per esperienza, certe informazioni, soprattutto se archiviate o riattivate di recente, vengono recuperate facilmente, altre solo con fatica. Spesso si ha la sensazione e anche la certezza di avere quell’informazione specifica che si sta cercando, ma non la si riesce a trovare. Vuol dire che quei legami, quell’engramma, si sta pian piano dissolvendo e solo una nuova ripetizione potr� tornare a fissarlo ancora per un po’ di tempo. Alla luce di tutto questo, potrebbe prima o poi diventare addirittura possibile, attraverso tecniche come l’optogenetica, riattivare e consolidare, o al contrario cancellare, specifici ricordi.

Ma anche dimenticare � necessario

Il cervello ha bisogno di dimenticare, perch� a causa della sua complessit� deve operare una continua selezione fra le informazioni che riceve per poter usare solo quelle necessarie per �navigare� nel mondo e immaginare il futuro immediato. �I ricordi potrebbero essere meglio definiti e compresi come modelli di futuro� dicono gli autori dello studio pubblicato su Science Advances.

�Una volta che un ricordo non serve pi� per la predizione di come potrebbe essere il futuro immediato, diventa conveniente dimenticarlo. Quindi il dimenticare avviene in maniera passiva, ma pu� essere anche un processo attivo. � stato ipotizzato che la naturale tendenza dei sistemi neurali sia lasciar degradare le informazioni piuttosto che preservarle�. La dimenticanza attiva � quindi fondamentale per l’equilibrio della mente, la capacit� decisionale, la salute mentale. Questo modello si sta ancora di pi� complicando con la scoperta che anche altre cellule, cerebrali con funzioni di tipo principalmente immunitario, possono essere coinvolte nei processi di ricordo e dimenticanza.

Solo i bambini vedono il mondo �com’� davvero�

La vista non � solo percezione dello stimolo esterno, ma � influenzata dalla memoria: la visione del mondo � il risultato della fusione di questi due elementi. Una ricerca pubblicata su Cognitive Science da psicologi israeliani e statunitensi, indica che questo fenomeno � molto pi� marcato negli adulti che nei bambini. � come se i bambini fossero in grado di percepire gli stimoli ambientali in modo pi� elementare, senza interferenza di memoria ed esperienze precedenti.

�Il nostro esperimento fornisce nuove prove su come si modifichi nel corso della vita l’interazione tra memoria e percezione � dicono i ricercatori,della School of Psychological Sciences della Tel Aviv University. �Man mano che si acquisisce esperienza, in questo caso rispetto alla percezione visiva, ma � probabile che lo stesso avvenga in altri domini, si tende a fare maggior uso delle esperienze precedenti e meno dell’effettiva percezione�.


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17 dicembre 2023 (modifica il 17 dicembre 2023 | 07:36)

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