La grande fuga da Wall Street, anche JP Morgan ha cambiato strada
Il luogo simbolo della finanza americana perde un altro inquilino eccellente

La statua di 3 tonnellate, opera di Arturo Di Modica, è uno dei simboli di Wall Street: sorge nel vicino Bowling Green Park (Lex Van Lieshout/Afp)
Non poteva che essere il Wall Street Journal a certificare che «Wall Street ha abbandonato Wall Street». A questa catena di rimandi si potrebbe aggiungere l’edicolante Sunil Rally, che dal 1991 vende giornali nella strada lunga otto isolati e 800 metri diventata simbolo della finanza (non solo) americana. «Il traffico pedonale è diminuito del 50% dopo la pandemia», racconta Rally al quotidiano che nel 1896 cominciò a pubblicare le quotazioni della nascente Borsa.
Ora la notizia è che anche JP Morgan Chase, la più grande banca Usa, ha lasciato (venerdì scorso) Wall St. dopo 150 anni di storia e di affari.
Già la tragedia dell’11 settembre (il World Trade Center è a pochi passi) e l’esodo massiccio dovuto al Covid avevano indotto la maggioranza dei broker e dei banchieri ad abbandonare i palazzi di quella via leggendaria, che deve il suo nome a un «muro» di legno: una palizzata alta 3 metri costruita da schiavi neri e coloni bianchi quando ancora New York si chiamava New Amsterdam ed era governata dagli olandesi.
Era il 1653, l’epoca delle Anglo-Dutch Wars. Dalla guerra ai denari: già nel 1711, all’angolo tra Wall e Pearl Street, apriva il primo mercato degli schiavi della città. Nel 1789 «la Strada del Muro» veniva scelta per l’inaugurazione del presidente George Washington. Un secolo dopo, l’apertura della Borsa per iniziativa di Charles Dow ne sanciva lo status di «capitale monetaria d’America». Nel bene e nel male: la crisi mondiale del 1929 non passò alla storia come «il crollo di Wall Street»?
Oggi gli otto isolati sono ancora lì. Ma al posto delle limousine e dei broker con il sigaro sbuffante, dei Gordon Gekko (Michael Douglas nel film del 1987) e dei Lupi di Wall Street (Leonardo DiCaprio diretto da Scorsese nel 2013) adesso ci sono i cartelli «Affittasi». Non c’è nessuno al numero 23, proprio davanti al palazzo della Borsa, dove J. Pierpont Morgan e il figlio crearono il colosso finanziario che ancora ne porta il nome. La banca ora abbandona anche il suo ultimo avamposto-filiale: gli uffici che dal 2006 occupava al numero 45 si sposteranno altrove.
«È una specie di bowling, abbiamo deciso che era arrivato il momento», ha detto la manager Sarah Roselli al Wall Street Journal. Restano Bank of America e Toronto-Dominion, ma per quanto? Per gli immobiliaristi le banche occupano oggi meno di ventimila metri quadrati nella ««Strada del Muro»; nel 2000 avevano uffici per mezzo milione di metri quadrati. Al numero 14, nell’ex quartier generale del Bankers Trust, sudano i clienti della palestra Equinox. Naturalmente tutto ciò che Wall Street rappresenta rimane, ha solo cambiato residenza per questione di costi e di spazi. O no?
Pochi giorni fa l’Economist segnalava come sia in costante diminuzione il numero delle società quotate in Borsa, mentre giganti come ByteDance e OpenAI preferiscano restare privati. Il titolo dell’articolo: «Perché il mercato azionario sta scomparendo». L’avrà letto l’edicolante di Wall Street?