Gaza, raid per colpire Deif Decine di morti tra le tende
Nel mirino il numero due di Hamas, mente del 7 ottobre. Netanyahu: non sappiamo se è vivo, uccideremo tutti i boss
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME I telegiornali ne parlano già al passato, il presente è fatto di proclami sull’«efficacia dell’operazione», assieme all’ammissione che per confermare l’uccisione del Fantasma potrebbero volerci settimane: Marwan Issa, il capo più importante a essere eliminato prima del raid di ieri, è stato colpito l’11 di marzo ma gli israeliani sono stati in grado di essere certi della morte solo il 26. Hamas ha sempre taciuto come ha taciuto quando nel pomeriggio sono girate le prime voci che Mohammed Deif era stato bersagliato dai missili.
A parte l’annuncio di «un’inchiesta interna per individuare le falle nella sicurezza» ovvero chi tra i palestinesi o tra i paramilitari del gruppo avrebbe passato l’informazione all’intelligence di Tsahal e offerto una delle poche opportunità di trovare Deif, il comandante in capo dell’organizzazione, al di sopra della sabbia, fuori dalle gallerie sotterranee, in un gruppo di edifici dalle parti di Al Mawasi, la zona lungo la costa del Mediterraneo che l’esercito ha dichiarato fascia umanitaria fin dall’inizio della guerra, in teoria protetta dai bombardamenti.
Eppure Yoav Gallant, il ministro della Difesa, ha dato ordine di sganciare otto bombe dal carico esplosivo massiccio — secondo la ricostruzione del quotidiano Yedioth Ahronoth — comprese le bunker buster che possono penetrare nel terreno e deflagrare in profondità nel caso il numero due del gruppo a Gaza fosse corso dentro ai tunnel che lui stesso ha progettato. L’aviazione e l’artiglieria hanno continuato a colpire il punto — raccontano i testimoni — per impedire ai soccorritori di avvicinarsi: così i palestinesi uccisi sarebbero oltre 90, i feriti 300.
Sfollati che avevano trovato rifugio nell’accampamento sul mare, non lontano da Khan Younis, la città dove Deif — il vero cognome sarebbe Al Marsi — è nato e dove è cresciuto anche Yahya Sinwar, il capo dei capi. Con Deif ci sarebbe stato Rafa’a Salameh, il leader della brigata nella città. Sinwar e il Fantasma — com’è soprannominato per la capacità di sparire — hanno pianificato i massacri commessi il 7 ottobre dell’anno scorso, 1200 persone ammazzate nei villaggi israeliani vicino alla Striscia, 254 rapiti tra civili e soldati, i terroristi ne tengono prigionieri ancora 116, l’esercito stima che tra loro una trentina sia morta in cattività.
Benjamin Netanyahu è riapparso in diretta televisiva dopo aver evitato le conferenze stampa per 104 giorni. Riconosce che «i risultati dell’attacco non sono ancora definitivi». Ma assicura: «Troveremo tutti i boss di Hamas». E ribadisce di voler raggiungere tutti gli obiettivi della guerra, mentre sono in corso i negoziati per cercare di ottenere una tregua. Se l’uccisione di Deif — già sopravvissuto a 7 tentativi di ammazzarlo — venisse provata, del trio in cima alla lista dei più ricercati da Israele resterebbe in fuga solo Sinwar.
Gli analisti cercano di interpretare quanto il raid — con la dimostrazione di informazione accurate — possa influire sulle trattative in corso per una pausa nei combattimenti e il rilascio degli ultimi ostaggi. I portavoce di Tsahal assicurano di aver verificato prima del via libera all’attacco che il capo militare non fosse circondato di rapiti da usare come protezione.
Hamas invoca una «mobilitazione dei palestinesi in Cisgiordania», mentre da Ramallah il presidente Abu Mazen replica che sono i fondamentalisti — suoi avversari politici — a fornire «pretesti agli israeliani per commettere questi crimini» e sono anche loro «responsabili di queste tragedie» perché si nascondono tra la popolazione, i palestinesi uccisi in nove mesi di conflitto sono oltre 38 mila secondo il ministero della Sanità nella Striscia che non distingue tra civili e combattenti. La Giordania, l’Egitto e il Qatar condannano «il brutale attacco».