Sar� la partita politica pi� illuminata dai riflettori. Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani dovranno decidere — insieme, come ha detto la premier — se candidarsi in prima persona alle Europee. E molto dipender� dai sondaggi: saranno quelli a decidere se i capi partito saranno anche i capilista delle 5 circoscrizioni in cui � divisa l’Italia.
Meloni e la corsa per Bruxelles, il metro dei sondaggi per decidere sui leader capilista
L’alt di Tajani alla candidatura della premier come capolista alle Europee alimenta le tensioni nel centrodestra. Il timore di FdI di �stravincere�

Oggi Fratelli d’Italia viaggia nei sondaggi su percentuali spesso vicine al 29%. Giorgia Meloni non vuole stravincere e non vuole creare problemi alla sua maggioranza, che ha gi� un equilibrio precario e di cui deve farsi carico anche per il futuro. Se la presidente del Consiglio si candidasse � messo nel conto, in base ai dati storici e all’esperienza di chi ha seguito tante elezioni europee, una sorta di booster per Fdl pari ad almeno il 2 o il 3%. Ma non � detto che alla premier superare il 30% e prendere una vagonata di preferenza convenga, rispetto a due alleati che invece, se candidati, rischierebbero entrambi di doversi confrontare, con un bottino di preferenza non soddisfacente.
� dunque un delicato incrocio di valutazioni politiche e diplomatiche quello che far� Meloni nelle prossime settimane, anche insieme ai due vicepremier. Tajani ha gi� detto in pubblico che lui non crede sia una buona scelta. E certamente non pu� scendere in campo prima del congresso di Forza Italia che si svolger� in febbraio. In Fdl c’� chi ricama e commenta con ironia, facendo balenare il rischio che il ministro degli Esteri prenda meno voti del suo partito e vada incontro ad una stagione di turbolenze interne. Ma la decisione non � pi� semplice per Salvini. L’ideale sarebbe che si candidassero anche i governatori al Nord e il generale Vannacci al centro. Anche se i presidenti non sembrano smaniosi di correre in prima persona e il generale ancora non ha sciolto la riserva.
Ecco dunque i delicati equilibri di cui Meloni vuole tenere conto. Per paradosso, anche quelli dei suoi due alleati. Discorso diverso sarebbe invece se da qui a fine febbraio, o a marzo, FdI scendesse nei sondaggi sotto il 27%. Allora nei piani di Fdl si � condiviso con la premier un ragionamento in cui le ragioni di cui sopra vengono sovrastate dalla necessit� di piena conferma elettorale, in sostanza della necessit� di esercitare quel booster che comporta la discesa in campo della leader.
Tutto questo anche perch� le Europee si svolgono con il sistema proporzionale e il carisma di un leader si misura in base alla capacit� di portare preferenze al proprio partito. Da questo punto di vista Meloni ha migliori carte in mano dei suoi alleati. Se si passa invece ad immaginare il dopo voto, anche se mancano sei mesi, si rintracciano a Palazzo Chigi almeno due punti fermi: la previsione maggioritaria � che i Conservatori possano fare un’alleanza con i Popolari, almeno per la formazione della Commissione, perch� la maggior parte dei 27 Stati in questo momento � di centrodestra. Questo significa buone chance di rieleggere Ursula von der Leyen. In Parlamento si vedr� e gi� oggi le maggioranze sono variabili e vedono spesso Ecr votare insieme a Marine Le Pen. Di sicuro non fa paura a Palazzo Chigi, anzi, la possibilit� che Draghi diventi presidente del Consiglio europeo, l’Italia potrebbe sempre puntare alle deleghe del Mercato interno e della Concorrenza, messe nel mirino da Giorgia Meloni.
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7 gennaio 2024 (modifica il 7 gennaio 2024 | 21:13)
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