Larry Tribe: “Trump non può tornare alla Casa Bianca, lo dice la Costituzione”
WASHINGTON. «I tempi? Se la Corte Suprema vuole, può essere rapida nelle sue delibere». Laurence Tribe, costituzionalista, professore emerito di Harvard, consigliere di Barack Obama, fa un richiamo alla sua esperienza diretta. «Ero l’avvocato di Al Gore nel 2000 nel caso del riconteggio in Florida. La Corte suprema ascoltò le argomentazioni orali in due occasioni, il 4 e l’11 dicembre. Il giorno seguente arrivò la sentenza».
Ritiene ci siano le condizioni per una procedura spedita anche nel caso di Trump e lo Stato del Colorado?
«Non vedo ragioni perché i giudici non schiaccino l’acceleratore e decidano rapidamente di risolvere la questione se Trump è o meno eleggibile a presidente prima del Super Tuesday del 5 marzo».
Stupito del pronunciamento della Corte Suprema statale?
«Assolutamente no, lo predico e lo sostengo da mesi. Molte persone sono rimaste sorprese che la Corte suprema del Colorado abbia preso seriamente il caso di qualcuno, Trump nella fattispecie, intento a distruggere la Costituzione Usa. Io no, i giudici hanno fatto esattamente ciò che andava fatto».
Quali le prossime mosse? E quali le conseguenze?
«Trump si rivolgerà alla Corte suprema, i giudici decideranno, ma fare pronostici adesso è fuori luogo. Ma la domanda è semplice: nonostante abbia partecipato a un tentato “coup”, può Trump correre ancora per la presidenza?».
Secondo lei no.
«Non secondo me, secondo la Costituzione Usa».
Eppure il processo che dovrà giudicare Trump anche per il 6 gennaio partirà solo il 4 marzo. Mentre la sentenza di mercoledì sembra anticipare i tempi.
«Le cose sono completamente slegate. Trump è coinvolto in numerosi procedimenti giudiziari, quello sulla Trump Organization ha risvolti civili e l’obiettivo è quello di fargli chiudere il business a New York; c’è il caso in Georgia e poi ci sono due processi federali a Washington e a Miami, ci sono incriminazioni per divulgazione di segreti nazionali e spionaggio in quest’ultimo. Nessuno ha a che fare con il caso Colorado».
Perché?
«Perché non c’è nessun tentativo di chiedere i danni a Trump o di condannarlo alla prigione. Si deve rispondere al quesito se è qualificato per ricoprire la carica di presidente. Le faccio un esempio: Barack Obama era popolarissimo nel 2008. Se avesse voluto correre per un terzo mandato, il tribunale avrebbe detto di no perché dopo 8 anni non si può. Ecco, il Colorado ha giudicato le credenziali di Trump in base al 14° Emendamento».
Teme che il Colorado innescherà altre cause?
«La Corte suprema metterà la parola fine e dirà se Trump può correre e tutto il Paese sarà vincolato a quella sentenza».
È una sorta di bianco o nero, non ci sono compromessi, vie di mezzo? L’America vive un clima surriscaldato sul fronte politico, qualsiasi sentenza rischia di innescare disordini e caos.
«La Corte Suprema ha sempre detto di non prestare attenzione alla politica, il lavoro dei giudici è applicare la legge. Se lasciassero potere alle persone che minacciano violenza, sarebbe la fine. Se cedessero a qualsiasi tipo di minaccia terroristica il nostro governo sarebbe finito, a quel punto potremmo persino votare per Hitler o Mussolini».
Sei giudici sono conservatori, tre sono liberal. Verdetto già scritto a favore di Trump?
«Non necessariamente. I conservatori genuini applicano la Costituzione per come è scritta, senza eccedere in interpretazioni. Staremo a vedere».