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Fine vita, il Veneto decide sulla proposta di legge: il voto è (quasi) una fiducia a Zaia
Domani in Consiglio il voto sulla norma regionale che definisce tempi e modi di valutazione delle richieste di suicidio medicalmente assistito. Lo slancio progressista del governatore ma mezza Lega è contraria. I no di FdI e FI

Fine vita, martedì 16 gennaio il Veneto, prima regione in Italia, decide in merito alla proposta di legge di iniziativa popolare e c'è chi spera (la campagna elettorale è già iniziata) che il voto del consiglio regionale a palazzo Ferro Fini si trasformi in un voto di fiducia o sfiducia al presidente della Regione. Sia chiaro, Luca Zaia sulla legge regionale che definisce i tempi (non l’applicabilità, già sancita dalla Consulta) per il suicidio medicalmente assistito ha lasciato libertà di coscienza ai «suoi», suddivisi in lista Zaia e lista Lega. Non ci sono dubbi, però, su come voterà il governatore: non solo ha annunciato che sarà presente in aula (evento piuttosto raro) ma ha anche convocato non una ma due volte l’intero contingente di consiglieri regionali leghisti, una trentina su cinquantuno, proprio sul fine vita. Per non parlare della svolta «progressista» personale di Zaia che sui diritti ha spalancato orizzonti inediti al centrodestra e, segnatamente, al suo partito: «Perché questi temi devono essere appannaggio della sinistra? Noi non siamo quelli con l’anello al naso» ha ripetuto a più riprese nell’ultimo paio d’anni.
Leghisti divisi
Posizioni condivise solo da una parte dei consiglieri leghisti sostanzialmente spaccati a metà. E già questa sarebbe una notizia dato che, in passato, durante i quasi quindici anni di era zaiana, i ribelli si potevano contare sulle dita di una mano. L’incertezza sul terzo mandato e i conseguenti riposizionamenti pesano, e non poco. L’oggetto del contendere è una legge di iniziativa popolare approdata in riva al Canal Grande forte di oltre novemila firme raccolte dall’associazione Luca Coscioni con la campagna «Liberi Subito». Testimonial, se così vogliamo dire, il vicentino Stefano Gheller, e supporter la quasi totalità del Pd, il M5s e la pasionaria del Veneto che Vogliamo Elena Ostanel. Attenzione, però, accanto a loro un gioco di primo piano l’ha giocato la leghista Milena Cecchetto, schierata nettamente a favore. Con lei, l’altro uomo forte del partito che spinge per il sì è il capo dell’intergruppo Lega Alberto Villanova. Il capo dell’intergruppo Lega difende la scelta del vertice di lasciare libertà di coscienza, certo, ma non ha nascosto una profonda irritazione quando il nutrito fronte del «no», spalleggiato dalle associazioni pro vita, ha sintetizzato con due immagini choc le diverse posizioni: la fragile mano di un’anziana tesa verso quella di un giovane alla voce «Cultura della vita» e un lettino per le esecuzioni capitali statunitensi corredato dalla scritta «Cultura di morte».
Il fronte del no
Fra i sostenitori più accesi (e autore della trovata di cui sopra) c’è Stefano Valdegamberi eletto con la lista Zaia ma ormai in rotta di collisione col partito. Con lui ci sono altri leghisti, a partire dal vice presidente del consiglio regionale Nicola Finco. Inutile citarli tutti, contro la proposta di legge si sono già espressi tanti, troppi, leghisti per poter rimandare l’immagine di un partito compatto. Persino il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, solitamente allineato con Zaia, ha già detto che a casa sua voterà «no». Così come faranno i 5 consiglieri veneti di FdI che, addirittura, hanno già anticipato una conferenza stampa con le associazioni pro vita per giovedì, comunque vada. Sul tema è intervenuta anche l’assessore meloniana Elena Donazzan che in un video sui social dice: «No alla legge per il suicidio dei fragili e dei depressi. Io sono per la vita». E sulla stessa linea è anche Forza Italia. Per tutti i contrari la ricetta è: miglioriamo cure palliative e sosteniamo i malati terminali.
Cosa verrebbe sancito
Il limbo normativo in cui, in assenza di una legge nazionale, fa testo la sentenza della Corte costituzionale, lascia il margine per una guerra di trincea. Non a caso Zaia ha ripetuto più volte: «Una legge nazionale serve». Cosa sancirebbe la legge regionale veneta sul fine vita? Tempi certi e omogenei da parte delle aziende sanitarie sul territorio per la valutazione delle richieste di suicidio medicalmente assistito da parte di malati terminali che rispondano a una serie di requisiti fissati dalla Consulta. Tutto qui. In regione ci sono già stati casi di suicidio medicalmente assistito, uno su tutti quello di «Gloria», paziente oncologica trevigiana di 78 anni.
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