Paola Magoni, la medaglia in banca e le lezioni ai Piani di Bobbio: «Nessun rimpianto»
Fu la prima sciatrice italiana a vincere alle Olimpiadi il 17 febbraio ’84: «Ricordo gli occhi di mio padre». Ora fa la maestra di sci. Sabato, cerimonia in paese. «Sofia Goggia? Saprà tornare più forte di prima»

L'esultanza di Paola Magoni a Sarajevo il 17 febbraio 1984: aveva 19 anni. Fu la prima sciatrice italiana a conquistare una medaglia d'oro alle Olimpiadi
La cosa che la sorprende, a distanza di 40 anni, è che qualcuno la riconosca ancora. «Succede quando vado in bici, quando la fatica mi cambia i connotati e divento blu, c’è qualche ciclista che mi guarda sotto il caschetto e mi chiede: ma tu sei la sciatrice?». Sì, «la» sciatrice è lei, Paola Magoni entrata nella storia dello sci alpino femminile per essersi messa al collo la prima medaglia d’oro olimpica di slalom. Successe a Sarajevo il 17 febbraio 1984, una data capace di marchiare a fuoco il destino di un bel po’ di gente. A cominciare dal suo, anche se lei, oggi come allora, minimizza. «È stata una gara importante». Non dice epocale, perché quell’oro a cinque cerchi, oggi conservato in una cassetta di sicurezza in banca («ogni tanto vado a vederlo»), è rimasto circoscritto ad una sfera affettiva e di memoria molto personale, intima.

Paola Magoni con Paul Hildgartner: entrambi mostrano le medaglie conquistate a Sarajevo
A Selvino, quel giorno, le campane suonarono a distesa per mezzora, arrivarono giornalisti da tutta Italia per raccontare l’humus del successo della «ragazza d’oro», scandagliando tutto l’entourage famigliare; dalla nonna Livia a Thoeni, un san Bernardo di dimensioni giganti, alla sorellina Francesca Proell (nome imposto in omaggio alla campionessa austriaca Anne Marie, malgrado le resistenze del parroco). «Quell’oro fu importante per la mia famiglia, per mio papà Franco. Era di poche parole, ma il suo sguardo, quel giorno, diceva tutto. In quel semplice “brava” al traguardo della pista di Jahorina c’erano tutti i sacrifici che aveva fatto per mettere tutti noi cinque fratelli sugli sci. E poi, in quella medaglia, c’era la passione del mio skiman, “Cocco” Collodet e tutto l’affetto che ancora oggi mi testimonia Angelo Bertocchi. Tutti gli anni, puntualmente alle otto di mattina del 17 febbraio, il telefono suona. È lui che fa l’amarcord, non ha mai mancato un anniversario». Dopodomani (sabato 17 febbraio 2024), alle 16.30 sul piazzale del Comune di Selvino, ci sarà una celebrazione particolare promossa proprio da Angelo Bertocchi e dallo Sci Club Selvino nelle cui fila Paoletta era cresciuta.
Se l’onda di quel trionfo non è stata così lunga, lo si deve al fatto che solo sei anni dopo, a 26 anni, Magoni salutò la compagnia azzurra, appendendo gli sci al chiodo. «Troppo giovane? Forse sì, ma lo rifarei come rifarei tutto quello che ho fatto. Negli ultimi tre anni avevo cambiato ben tre allenatori, una perdita di tempo, quando avrei voluto avere a disposizione un mio team dedicato con a capo Toni Morandi». Chissà se, con l’ingaggio esclusivo del compianto allenatore scalvino, le cose sarebbero andate diversamente: certo è che non ci sono rimpianti. «È andata bene così. Erano tempi diversi con un mondo e un modo di sciare che sono totalmente cambiati. Sembra un altro sport, rispetto ai miei tempi. Materiali, tecnica e tracciati, per non parlare di quanto è impegnativa la Coppa del Mondo. La logistica, da un capo all’altro del mondo, è infernale, si sta esagerando, per non parlare dei tanti infortuni visti in questa stagione».

Paola Magoni con Sofia Goggia
Compreso quello di Sofia Goggia: «Mi dispiace tantissimo, ma è tosta e saprà tornare più forte di prima», preconizza Paola che alla vigilia di un compleanno importante (per la serie 60 e non sentirli) oggi collabora con i fratelli Livio e Oscar nella Magoni Ski Academy, scuola internazionale di sci per i talenti del futuro.
Tra questi c’è Silvia Cortinovis, figlia di Francesca Proell che, nel dna, ha il gene dello sci di famiglia. «Qualche consiglio glielo do, ma cerco di entrare il meno possibile negli aspetti tecnici», conclude zia Paola, che oggi è semplicemente e felicemente maestra di sci ai Piani di Bobbio. Non è da tutti avere un oro olimpico che ti insegna lo spazzaneve. «I piccoli non mi riconoscono. E nemmeno i loro genitori».
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