Attacco di Israele all'Iran: piccoli droni neutralizzati e il giallo dei tre missili

diGuido Olimpio

Nel «giorno» di Khamenei un segnale agli ayatollah. L'avvertimento al regime: possiamo minacciare l'area

L’azione di Israele è scattata nella notte e ha riguardato siti nella regione di Isfahan: la base di Shikari con Sukhoi e i vecchi F-14 americani acquistati all’epoca dello Scià, un radar a difesa del sito atomico di Natanz ma non gli impianti stessi. Il fatto che Tel Aviv non li abbia inseriti nel banco target è l’ulteriore prova dei limiti imposti a un’azione effettuata con l’intento di dare una risposta senza innescare una reazione a catena. Nel contempo però l’Idf ha dimostrato di poter minacciare l’area.

Nelle medesime ore sono stati poi segnalati due «eventi»: uno nella zona di Tabriz e un osservatore di cose iraniane lo ha interpretato come un riferimento alle molte tensioni con il vicino Azerbaigian, sospettato di fare da sponda al Mossad; il secondo si è verificato nella parte meridionale della Siria dove sono state colpite postazioni del regime, anche se non è chiaro se esista un legame diretto oppure abbia rappresentato un diversivo.

I mezzi impiegati

Molte versioni sui mezzi impiegati. Teheran, minimizzando, ha parlato dell’azione di piccoli droni — i quadrocopter, dotati di esplosivo — che sarebbero però stati neutralizzati o comunque non hanno avuto un impatto. Alcuni dirigenti hanno aggiunto che l’aggressione non era neppure arrivata dall’esterno ma piuttosto si trattava di una mossa compiuta da elementi complici del nemico. Un altro tentativo di ridurre il peso pur ammettendo l’esistenza di qualcuno in grado di colpire dall’interno. Fatto noto, però suscettibile di polemiche politiche.

Estremamente riservate le fonti ufficiali di Tel Aviv e non è una sorpresa: una linea adottata per circoscrivere la contro-ritorsione, senza dare dettagli. Nulla di nuovo. Strategia ampiamente applicata in passato proprio nel lungo scontro con gli ayatollah, lasciando poi che fossero gli altri a interpretare, confermare, smentire. Approccio da intelligence, pragmatico, utile per non restare intrappolati in meccanismi dove costringi il tuo nemico a rispondere.
E infatti sono stati gli esperti — citando la rete americana Abc — a introdurre aspetti diversi non escludendo l’uso di tre missili lanciati da aerei israeliani contro i radar, con alcuni rottami «ripescati» in territorio iracheno. Tra i vettori considerati il Rampage, il Blue Sparrow (usato per testare gli antimissile, dunque meno potente) il più moderno Rocks. Ma siamo rimasti nel campo delle ipotesi, con molta nebbia di guerra e propaganda.

Gli «incidenti» passati

La cornice e i dettagli hanno richiamato quanto avvenuto nel corso degli anni attorno a Isfahan. Partiamo dalla fine del novembre 2011 quando vengono segnalate esplosioni attorno alla località iraniana. Le fonti ufficiali liquidano tutto con la spiegazione classica di «esercitazioni militari». Invece, girano voci su qualcosa avvenuto attorno a impianti «sensibili». Poi una serie di «incidenti»: nel 2020 alla centrale elettrica, un grande rogo nel 2021 a Shahin Shahr, in un impianto per droni e munizioni.
Più interessante l’annuncio dato da Teheran il 28 luglio 2022, quando le autorità sostengono di aver arrestato delle «spie» del Mossad, probabilmente dei separatisti curdi, accusati di preparare attacchi sempre a Isfahan. Racconto che si ripete il 14 ottobre, con gli stessi ingredienti: oppositori interni, legati al Kurdistan, «armati» dagli israeliani per compiere attentati.
Seguono un incendio — in novembre — all’interno di una fabbrica di motori e la misteriosa uccisione il 2 dicembre di un ingegnere. Poi due colpi nel 2024. A gennaio un sito parte dell’industria bellica è obiettivo di uno strike con i quadrocopter e i pasdaran chiamano in causa i curdi, mentre ad aprile i servizi di sicurezza comunicano di aver parato un’incursione di droni.
Sembra di leggere cento volte la stessa storia.

19 aprile 2024 ( modifica il 19 aprile 2024 | 23:21)

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