Scomparse nei tunnel e date per morte: ritorno alla vita dopo 49 giorni d’orrore per le donne in ostaggio di Hamas
Tre bambine e un bambino, le loro tre madri e sei donne anziane. Sono gli ostaggi israeliani rapiti il 7 ottobre dal Sud di Israele e portati a Gaza, dove per 49 giorni sono rimasti prigionieri di Hamas. Ieri sera hanno riabbracciato le loro famiglie. Con loro, anche dieci thailandesi e un filippino, liberati come parte di un accordo separato che l’Egitto ha negoziato con il coinvolgimento del Qatar e dell’Iran.
Regge, quindi, per il momento, l’accordo tra Hamas e Israele. La mattina di venerdì, con circospezione, Tsahal ha deposto le armi in rispetto del cessate il fuoco, ma non ha abbassato la guardia. Con un ritardo di un quarto d’ora sull’orario stabilito, durante il quale da Gaza sono stati lanciati ancora razzi verso le comunità israeliane più vicine alla Striscia, anche Hamas ha onorato la “hudna”. Momenti di tensione ci sono stati quando, nonostante il divieto, alcuni sfollati palestinesi hanno tentato di rientrare dal Sud al Nord della Striscia, che resta da considerare zona di guerra per l’esercito israeliano. L’incidente ha causato, sotto il fuoco israeliano, 2 morti e 15 feriti palestinesi.
Dopo lo choc del 7 ottobre, in Israele la disillusione è palpabile. La piazza degli Ostaggi a Tel Aviv, quella dell’ingresso del Museo d’Arte che affaccia sulla Kirya, il Ministero della Difesa, reagisce agli eventi come cuore e pancia dei cittadini israeliani. Quando nella serata di ieri, come un tam tam digitale, gli schermi degli smartphone diffondevano gli aggiornamenti sul rilascio dei connazionali, da un lato c’erano quelli che cantavano in cerchio canzoni su Israele e sulla pace, dall’altra capannelli di persone in silenzio, senza sapere che sentimento provare. Nel mezzo, l’ormai celebre installazione della tavola vuota dello Shabbat, il riposo religioso settimanale che è stato accolto con un kiddush collettivo in cui sono state accese le candele, versato il vino, spezzata la challah e benedetti entrambi.
Sono arrivate prima le immagini. Quelle del convoglio della Croce Rossa che, presi in consegna gli ostaggi da Hamas a Khan Yunis, nel Sud della Striscia, è uscito attraverso il valico di Rafah in Egitto. Già in quel momento, di sfuggita, si sono intraviste due signore anziane e due bambini dentro l’ultima jeep. A Rafah lo Shin Bet ne ha verificato identità e condizioni fisiche. Il viaggio è proseguito fino al valico di Kerem Shalom e da lì alla base militare israeliana di Hatzerim, dove il Ministro della Difesa Yoav Gallant aveva da poco completato un sopralluogo. Il trasporto fino ai cinque ospedali di competenza, nel Sud e nel centro di Israele incluso un centro pediatrico, è stato curato dall’esercito tramite elicotteri. Grazie all’esperienza maturata nell’accoglienza dei precedenti quattro civili liberati a ottobre, per limitare l’effetto traumatico del volo, i tredici ostaggi hanno ricevuto cuffie per attutire il rumore assordante dei rotori. La task force speciale di soldati addestrati per l’operazione di salvataggio avevano ricevuto istruzioni di non far sapere, specialmente ai bambini, se i loro famigliari fossero morti.
“E poi sono arrivati i nomi: Adina Moshe (72 anni), rapita dopo che i terroristi hanno ucciso suo marito Said Moshe, torna dai suoi quattro figli Maya, Yael, Sasson e Amos e dai nipoti. Margalit Moses (78), è guarita dal cancro ma è diabetica. Daniel Aloni (45) e sua figlia Emilia (6), sono state rapite mentre erano in visita ai parenti. La donna era comparsa in un video diffuso da Hamas il 30 ottobre, costretta a inveire contro Netanyahu. Sharon Aloni-Cunio, sorella di Daniel, è stata rapita con le figlie gemelle di 3 anni Emma e Yuli e il marito David Cunio e sono ancora tutti in ostaggio. Ohad Munder (9 anni compiuti in cattività) è stato liberato con la madre Keren (54), e anche loro stavano trascorrendo il weekend dai nonni. Nonna Ruthy (78) è uscita con loro dalla prigionia. Nonno Avraham invece è ancora a Gaza. Doron Katz Asher (34) e le figlie Aviv (2) e Raz (4) tornano dal padre Yoni, uno dei più attivi nel movimento per la liberazione degli ostaggi. Yaffa Adar (85) è la nonna più famosa tra i rapiti per via del video, diventato virale, del suo ingresso a Gaza su un golf cart guidato dai terroristi di Hamas. Hannah Katzir (77), di cui la Jihad islamica aveva annunciato la morte durante la prigionia, torna dai tre figli e dai sei nipoti ma il marito Rami è stato assassinato nel sabato Nero.
Tutti loro sono stati rapiti dal kibbutz Nir Oz. Da Nirim invece era stata presa Hanna Peri (79), madre di 3 figli ma uno è stato ucciso il 7 ottobre e un altro rapito ed è ancora a Gaza. Il suo quarto compleanno (che è stato ieri) non ha portato invece la libertà per Avigail Idan, cittadina anche statunitense.