Senzatetto morto a Verona, Cicel trovato davanti a San Tomaso: «Era stato picchiato poco prima di morire»

diAngiola Petronio

Il parroco e chi lo conosceva chiedono un'indagine approfondita sul decesso di Cicel Turiceanu, trovato senza vita il 10 aprile scorso: «La sera si lamentava del mal di testa e il volto era gonfio. Era un uomo buono, sia fatta chiarezza»

«Era una persona cara, preziosa. E non si può lasciare morire così una persona». Le parole sono di don Vincenzo Zambello, della parrocchia di San Tomaso. Ma sono condivise da molti. E questa è la storia di Cicel. Di un «invisibile» come viene definito chi, come lui, ha come residenza la strada. Era per nulla «invisibile», Cicel. Ma a renderlo evanescente è stata la sua morte. Aveva 59 anni, Cicel Turiceanu. Era romeno. E il suo corpo è stato trovato all’alba del 10 aprile davanti a San Tommaso. Riverso a terra, a faccia in giù, Cicel. «Caduto dalla panchina su cui dormiva», la sbrigativa spiegazione di quella che, con ogni probabilità, è stata la cronaca di una morte annunciata. Con il volto tumefatto, «irriconoscibile per i lividi», dice chi lo conosceva e lo ha visto in quel sudario che è il sagrato della chiesa che lui aveva eletto a dimora. «E non di certo per la caduta da una panchina alta 42 centimetri», concordano don Vincenzo e chi Cicel lo seguiva e gli era amico.

Cappuccino e monete

Perché il «pregresso» di quella morte, certificato dal braccialetto del pronto soccorso che Cicel aveva al polso, racconta di un pestaggio. Di botte, forse di uno spintone e poi di una caduta in cui avrebbe sbattuto la testa la sera prima di morire. Picchiato, Cicel, in piazza Erbe e poi portato all’ospedale dove ha firmato per uscire. Chiede, chi lo conosceva, che sulla sua morte sia fatta chiarezza. Perché Cicel era assolutamente «visibile», in quel mondo di mezzo che va dai giardini della Giardina su per piazza Isolo fino ad arrivare a quella parrocchia che da sempre è la chiesa di chi non ha casa. Di quelli che, non si sa in base a quale «classifica», sono chiamati «ultimi». Non lo era Cicel. Il suo cosmo era lì, tra le panchine che compongono il rosario dei senzatetto. Ma lui era altro. «Un giorno chiesi ai fedeli di portare gli avanzi di cibo che avevano per darli alle galline che abbiamo nel parco della chiesa», racconta padre Gabriel Codrea, sacerdote della chiesa ortodossa. «Il primo a presentarsi con quegli avanzi fu lui». Cicel, che da mangiare lo riceveva dai volontari o da chi - molti - in quel suo pezzo di mondo gli allungavano quotidianamente un cappuccino, qualche moneta, le sigarette. Aveva come compagno di vita l’alcol, Cicel. Ma questo non gli impediva di avere un mondo.

Gli elementi e i dubbi

«Gli avevo trovato un posto per dormire all’accoglienza notturna del don Calabria, ma lui non ha voluto. Una volta ci andava, ma ultimamente ha rifiutato», racconta la signora che per prima e sempre ha assistito Cicel. Lei gli ha fatto avere la tessera sanitaria, per anni lo ha seguito. «Siamo tutti arrabbiati per questa morte», dice. Cicel aveva fatto amicizia con don Vincenzo. Gli ha fatto portare la croce alla Via Crucis, quel prete che incontrava davanti alla chiesa che era diventata la sua dimora. E Cicel lo ha fatto per tutte le stazioni. «Gli ho chiesto se era stanco, ma lui è arrivato fino alla fine». Sono andati a mangiare insieme la pizza il giorno di Pasqua. E adesso don Vincenzo, chi Cicel lo conosceva e lo seguiva e gli amici che con lui condividevano la strada, vogliono capire cosa - e forse chi - abbia portato sua morte. «Sarà successo per cause naturali, ma ci potrebbero essere degli elementi che l’hanno causata», dicono don Vincenzo, la signora che seguiva e i suoi amici. Perché il telefono senza fili della strada racconta che Cicel poche ore prima di morire è stato picchiato. Violentemente.

In attesa dell'autopsia

«Lo hanno colpito alla testa, forse in piazza Erbe - racconta l’amico con cui condivideva tempo e panchine -. La sera in cui è morto si lamentava del mal di testa. Il volto era gonfio. La notte degli amici gli hanno portato l’acqua. Diceva di stare male. La mattina l’hanno trovato morto». Il pubblico ministero di turno ha disposto l’esame esterno del corpo. Ma le decine di persone che erano il mondo di Cicel chiedono che si vada a fondo. Il fratello lo ha fatto seppellire a Iasi, in Romania, la città da dove è arrivato oltre vent’anni fa. «Era un altruista, vittima del mondo. Aveva rinunciato a lottare», dice padre Codrea. Ma non aveva rinunciato a vivere, Cicel. La comunità ortodossa lo ricorderà in preghiera. E la stessa cosa farà don Vincenzo Zambello. «Voglio - dice - accompagnare questo caro fratello. Dirò una messa con i suoi compagni di strada. Sarà un momento umano e religioso, ma con delle domande che tutti noi dovremmo porci. Perché non si può lasciare morire così una persona».

La newsletter del Corriere del Veneto

Se vuoi restare aggiornato sulle notizie del Veneto iscriviti gratis alla newsletter del Corriere del Veneto. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui.

24 aprile 2024 ( modifica il 24 aprile 2024 | 15:40)

- Leggi e commenta