Contro l’astensione il voto elettronico

Caro Cazzullo,
ci si lamenta che ormai un italiano su due non vota. Giusto: senza metà degli elettori, che democrazia è? Non capisco però perché in Italia non esista il voto elettronico. Posso fare un bonifico con il telefonino, posso pagare un taxi con i riconoscimento facciale (sempre che riesca a trovarlo, il taxi); perché non posso votare con una mail? Cosa l’abbiamo fatta a fare la Pec? E lo Spid, sistema pubblico di identità digitale? E poi con il codice fiscale non puoi fregare. Oppure basta chiedere informazioni a Striano.
Roberto D’Agostino

Caro D’Agostino,
Sono d’accordo con lei. L’astensionismo è lecito: ma se siamo passati dal 90% al 50% di affluenza per eleggere sindaci e presidenti di Regione (vedremo ora alle Europee), all’evidenza abbiamo un problema. Il voto elettronico esiste già in molti Paesi, in due forme. O si vota al computer, ma andando comunque al seggio: per l’elettore non cambia molto, il vantaggio è che un minuto dopo la chiusura delle urne si sa il risultato (in molte contee americane si fa così). Oppure si vota da remoto, cioè da casa, via Internet. In Estonia si fa dal 2007. In Svizzera gli espatriati possono votare via Internet già dal 2014. Un’altra possibilità è il voto via posta, utilizzato nelle elezioni americane del 2020, in piena pandemia, quasi da un elettore su tre. Credo che ogni pista vada esplorata, sia dal punto di vista politico che da quello organizzativo. Le liste bloccate, con candidati scelti dalle segreterie dei partiti, certo allontanano la partecipazione al voto più importante, quello per il Parlamento. Per i giovani, in effetti, la scheda è un rito antico: la generazione cresciuta con il telefonino in mano — abitudine che ormai abbiamo tutti — troverebbe naturale usare il telefonino pure per votare; e non è affatto detto che i brogli siano più agevoli di quelli cartacei. Il voto elettronico è il futuro, anche se dovremo spiegare agli elettori più istintivi e meno politicizzati che si può votare una volta sola. Conoscendo gli italiani, il rischio è che al mattino votino Fratoianni secco, alle 10 puntino su Conte, a mezzogiorno ripieghino sul Pd, nel pomeriggio diventino di centrodestra e alla sera se potessero cancellerebbero la vecchia mail per votare Forza Nuova.

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Storia

«Io pensionato dopo 45 anni, la terza età è la migliore»

Spesso capita di sentire chi si lamenta di essere andato in pensione, accusando quella sorta di vuoto che accompagna le giornate una volta occupate dal lavoro. Alcuni vanno in depressione. Per me è stato diverso. Ho iniziato a lavorare prima da funzionario dello Stato presso la Pubblica Istruzione e poi, per 30 anni, da magistrato. Dopo 45 anni sono stato collocato a riposo. Ho fatto il giudice, dedicando tempo e energie fisiche e mentali al delicato mestiere che avevo sognato di svolgere. Una sorta di etica calviniana del lavoro mi impediva di pensare che potessi distogliere anche solo qualche minuto ai fascicoli che dovevo studiare per la decisione. La mente era impegnata sulle carte, anche quando ero fisicamente lontano dalle stesse. Provavo ammirazione ed invidia per i colleghi che riuscivano a scrivere anche qualche libro! Con la terza età mi si è aperto un mondo nuovo! Ho potuto coltivare i miei interessi librari, arricchendo la biblioteca di cui vado orgoglioso, viaggiare per il mondo, andando più spesso nella mia Napoli, conoscere più gente, imparare a suonare il piano, dedicare più tempo alla famiglia, fare volontariato e un po’ di meditazione. Mi sono accorto, avvalendomi anche di quello che sul piano della crescita razionale e umana mi aveva offerto il mestiere, di essere ulteriormente cresciuto, con un’arricchita capacità di leggere e inquadrare la realtà e soprattutto me stesso. Ora il corpo comincia a dare segni di stanchezza e talvolta di sofferenza. Ma non mi sarei mai aspettato di poter affermare oggi che la terza età è stata per me il periodo più bello della vita.
Pietro Chiaro, Rovereto

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