«Decide Giorgia»: il mantra di Fitto che aspetta l'Europa tra lealtà e silenzi

diMonica Guerzoni

Da ex «Bambino» a possibili commissario. I dubbi della premier su come sostituirlo 

Se gli riuscirà il colpaccio di traslocare da Roma a Bruxelles, sarà anche grazie a una virtù che gli amici gli riconoscono e i nemici gli invidiano. Raffaele Fitto è un politico che sa stare zitto. Non straparla in tv, non straborda sui social e non va a caccia di interviste, l’esatto opposto di tanti suoi colleghi di governo. 

Avvicinato dai giornalisti sotto Palazzo Chigi, che volevano sapere se sarà lui il commissario italiano in Europa, il pettinatissimo superministro del Pnrr si è portato l’indice sul mento e lo ha piantato lì, istantanea del leader indaffarato e schivo: «Adesso abbiamo la cabina di regia, il Cdm, la conferenza stampa...». Sì, ma ha le valigie pronte? «Buon lavoro, grazie»

Più l’Europa si avvicina, più Fitto si mostra lontano dal traguardo. Il suo mantra è «decide Giorgia», impasto democristianissimo di lealtà, diplomazia e scaramanzia. E se la premier Meloni ancora non ha deciso, è perché la assillano i dubbi. È «un fuoriclasse» e non vorrebbe privarsene. Non ha ancora individuato la figura giusta per sostituirlo su una poltrona rovente che tiene assieme Pnrr, Sud, Coesione e Affari europei. Non vorrebbe toccare un solo mattone dell’edificio del governo, per paura che venga giù tutto. E forse ha in testa il nome di un «fratello» d’Italia con meno storia politica alle spalle. «Uno — sussurrano — come Procaccini». 

Già, perché la storia politica dell’ex «Bambino» della politica pugliese è lunga decenni. Il padre Salvatore Fitto, potentissimo presidente della Regione ribattezzato Don Totò, muore nel 1988 in un incidente stradale. Raffaele è un «rampollo» di 19 anni e a 20 balza dal banco del liceo a quello di consigliere regionale, eletto con la Democrazia cristiana e protetto dalla mamma, Rita Leda Dragonetti. Come ha più volte raccontato, «la mia vita cambiò in un minuto». Dal ciuffo alla Alan Sorrenti giovane, alla riga da una parte. Dalle camicie svolazzanti, ai cravattoni azzurri. Dalla passione per le moto, all’amore per le preferenze: 284.547 in una sola circoscrizione alle Europee del 2014. 

Ha militato nella Dc, nel Ppi, nel Cdu, nei Cristiani democratici per la libertà, da lui fondati e poi confluiti in Forza Italia. È stato deputato con FI e con il Pdl e ministro con Berlusconi. Ha rotto con il Cavaliere e presieduto Noi con l’Italia, fino ad approdare in FdI. Una carriera da montagne russe. Belle vittorie: nel 2000 si prende la Puglia, il più giovane presidente di sempre. Clamorose sconfitte: nel 2005 Niki Vendola lo batte per 14 mila voti e nel 2020 perde contro Michele Emiliano. E svariate ripartenze, che ama raccontare con metafore evangeliche: «Sono morto e risorto tre o quattro volte». 

Questa volta il volo a Bruxelles non sarebbe una resurrezione, perché Fitto non è mai stato così vivo. La premier lo ha ringraziato proprio ieri, nero su bianco, senza rivelare quel che gli avrebbe detto faccia a faccia: «Raffaele, non possiamo rischiare di buttar via tutto. Se vuoi andare in Europa devi trovarmi la persona giusta». Affidare le deleghe del Piano al sottosegretario Mantovano, già oberato di lavoro tra Cdm, migranti e servizi segreti, rischia di essere un azzardo. E non trova conferme l’ipotesi di spartire tra Giorgetti e Leo i dossier di Fitto, così tanti e importanti da aver suscitato invidie e gelosie nel governo e nel partito. 

E se i nemici mettono in giro la voce che negli anni da parlamentare europeo e co-presidente del gruppo Ecr «non è riuscito a imparare l’inglese», gli amici lo descrivono come l’unica vera carta che la leader della destra può giocarsi. Antonio Tajani: «Fitto conosce le istituzioni comunitarie, conosce i dossier e non ha bisogno di fare un corso quinquennale come capita spesso ai nuovi commissari». Lui, che dal calcio ha imparato a non trovarsi in fuorigioco, non accelera e non sgomita. Se «Ursula», che lo conosce da anni e lo stima, diventa presidente e lui commissario alla Coesione e al Recovery Plan, farà ancora un salto (e che salto). Se invece gli toccherà restare in Italia per la gioia della moglie Adriana Panzera e dei tre figli, sarà «felicissimo e serenissimo» lo stesso.

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25 giugno 2024

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