Pressioni Bce sulle banche: via subito dalla Russia. Ma si temono gli espropri
Le banche europee sono sottoposte a pressioni opposte: la Bce chiede a Raiffeisen, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Commerzbank o Deutsche Bank di accelerare il disimpegno, Mosca minaccia l’esproprio se gli istituti esteri dovessero smettere di assicurare i pagamenti in euro nel Paese
Da quando Vladimir Putin ha ordinato l’aggressione all’Ucraina, nel 2022, il bilancio della banca austriaca Raiffeisenbank sembra essere cresciuto, mentre quello di Unicredit è più che dimezzato. Di certo le controllate moscovite di entrambi gli istituti, insieme a quelle delle americane Citigroup e JpMorgan fra le altre, sono incluse nella lista di un «decreto presidenziale» firmato da Putin stesso che le definisce come aziende «di importanza sistemica» per la Russia. Questo ha alcune conseguenze precise per tutte le banche nella lista: il controllo degli azionisti esteri viene sospeso, se le aziende di credito prendono decisioni su cui la banca centrale russa non è d’accordo e se non beneficiano di uno «speciale permesso del presidente».
In sostanza il decreto di Putin presenta alcune implicazioni precise. Una di esse è che la banca centrale di Mosca può espropriare le controllate degli istituti esteri e le può assegnare a prezzo simbolico a un operatore russo, se ritiene che la gestione dall’estero trascuri le funzioni «di importanza sistemica». Una seconda conseguenza, se la controllata estera blocca le proprie funzioni in Russia bruscamente, è l’arresto dei manager di Mosca degli istituti controllati dall’estero.
Questa cornice legale in Russia ora entra in contrasto con l’iniziativa che ha appena preso la Banca centrale europea. Il regolatore di Francoforte ha scritto agli istituti vigilati una decina di giorni fa, chiedendo loro di presentare nuovi piani per un’uscita accelerata dalla Russia. In sostanza ora le banche europee sono sottoposte a pressioni opposte dai due lati. Mosca minaccia l’esproprio se gli istituti esteri dovessero smettere di assicurare il funzionamento dei pagamenti in euro nel Paese, ora che i principali istituti russi non possono più farlo a causa delle sanzioni. La Bce invece chiede a Raiffeisen, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Commerzbank o Deutsche Bank di accelerare il disimpegno, con la minaccia che un’ombra si stenda sulla loro reputazione in caso contrario.
Certo non tutti gli istituti sono nella stessa situazione. L’austriaca Raiffeisen potrebbe essere colpita da misure del Tesoro americano per avere esteso il suo raggio d’azione in apparente violazione delle sanzioni. Unicredit in due anni ha ridotto del 63% il suo bilancio in Russia e valutato decine di opzioni di cessione della controllata moscovita, senza successo: in alcuni casi i potenziali acquirenti erano sottoposti a sanzioni occidentali, in altri c’era un veto russo. Quanto a Intesa Sanpaolo, almeno due tentativi di vendita della controllata di Mosca sono falliti; in un caso il management locale avrebbe dovuto acquisire le attività ma, secondo un osservatore di Mosca, il Cremlino si è opposto.
Così tutte le banche europee (salvo Raiffeisen) stanno riducendo gradualmente le attività in Russia e non effettuano servizi di credito o pagamento per soggetti sotto sanzioni. Ma manca un tassello: non esiste — secondo alcuni osservatori — alcun dialogo fra le banche centrali di Francoforte e Mosca per concordare un metodo di uscita dalla Russia che non regali di fatto al Cremlino attività europee del valore di miliardi di euro.