Stella Assange, l'intervista al Corriere:«La sorte di Julian riguarda tutti La Casa Bianca chiuda il caso»

diMarta Serafini 

La moglie del giornalista Julian Assange: «Sogno noi due in campeggio con i nostri figli. Come moglie e membro della sua famiglia posso dire che vogliamo solo che Biden ritiri il caso. Se si comportasse in modo diverso da Trump sarebbe nell’interesse di tutti, perché la libertà di stampa riguarda ciascuno di noi»

Alle spalle, mentre parla, ha i disegni dei bambini, Gabriel e Max, 7 e 5 anni, nati dalla sua relazione con uno degli uomini più controversi al mondo, Julian Assange. Stella Moris, sudafricana di nascita, passaporto svedese e spagnolo, al secolo Sara Devant, da suo ex avvocato - i due si sono conosciuti e innamorati quando lui era rinchiuso nell’ambasciata ecuadoriana a Londra - oggi è in prima linea nella campagna per la liberazione del marito.

E, mentre è attesa a Milano, dove prenderà parte domenica come speaker al Wired Next Fest, accetta di parlare in un’intervista esclusiva con il Corriere della Sera via Zoom.

Il 20 maggio l’Alta Corte britannica ha concesso a suo marito di far ricorso contro la richiesta di estradizione Usa evitando così che venga processato in un Paese dove rischia 175 anni di carcere. Una buona notizia per voi. Come sta Assange?
«Meglio. L'ho visto ieri mattina (mercoledì scorso per chi legge, ndr). Ero preoccupata per lui perché era stato malato tutta la settimana. I momenti prima dell’udienza sono stati carichi di tensione, non ha dormito per notti intere. Poi, dopo il verdetto, il suo sistema immunitario è crollato. È felice del risultato ovviamente. Ma è in prigione ormai da più di cinque anni ormai».

Quali sono i prossimi passaggi e quali sono le differenze rispetto a prima?
«La prossima udienza sarà prima della pausa estiva, stiamo aspettando la data. In caso di sconfitta, avremmo possibilità di fare ricorso alla Corte Suprema britannica e questo è un bene. Ma ciò significa che ci aspettano mesi, se non anni, di ulteriori contenziosi qui nel Regno Unito, a meno che gli Stati Uniti ritirino le accuse. Come argomentazioni, ormai, restano in piedi quelle relative alla libertà di stampa, gli Usa affermano che essendo Assange cittadino australiano accusato sulla base dell’Espionage Act non ha diritto alla protezione del primo emendamento. Ed ecco perché questa è una battaglia che riguarda tutta la stampa».

Il fondatore di WikiLeaks non compare in pubblico da molto tempo. Nella prossima fase vedremo Assange in Aula?
«È difficile da dire. Le ultime due volte è stato in dubbio fino all’ultimo. Il viaggio stesso dalla prigione di massima sicurezza di Belmarsh al tribunale è molto stressante e fisicamente impegnativo. Deve alzarsi all’alba e sopportare perquisizioni multiple, comprese quelle corporali. E il viaggio stesso, due ore nel traffico, avviene in un furgone ad alta sicurezza, una bara verticale, dove è isolato dagli altri prigionieri. Poi, quando si avvicina al tribunale, i finestrini vengono oscurati».

Stella Assange al Corriere:

Stella con i figli Gabriel e Max, nati nel 2015 e nel 2019

Riceve abbastanza supporto psicologico?
«La risposta breve è no. L'amministrazione penitenziaria lo controlla ogni settimana, e ci sono stati periodi in cui è stato sotto costante sorveglianza, un bene ma soprattutto nell’interesse della prigione. Quindi viene monitorato, ma ciò non significa che riceva le cure di cui ha bisogno o che è possa avere uno psicologo di sua scelta. Poi, per fortuna, pur in carcere ha incontrato anche dei bravi medici».

Recentemente il Wall Street Journal ha scritto che esiste un accordo di patteggiamento tra Assange e il governo statunitense. Il vostro team legale ha smentito. Eppure, l’amministrazione Biden non sembra aver interesse a mettere sul tavolo un caso così divisivo  prima delle elezioni. Inoltre, la sentenza dell’Alta Corte britannica è un segnale incoraggiante…
«Dalle dichiarazioni pubbliche ma anche da contatti informali, vediamo che l'amministrazione Biden non è così aggressiva come quella Trump. E sappiamo anche che alla Casa Bianca ci sono persone che vogliono trovare una soluzione. Come moglie, madre dei suoi figli e come membro della sua famiglia posso dire che vogliamo solo che Julian sia libero e dunque che Biden ritiri il caso. Ma credo che sarebbe nell’interesse di tutti - perché la libertà di stampa riguarda ciascuno di noi - se Biden si comportasse in modo diverso da Trump».

Una soluzione potrebbe venire dall’Australia?
«Sì, la posizione del governo australiano su questo caso è cambiata proprio sotto questa amministrazione. Il precedente governo aveva rilasciato a Julian un nuovo passaporto, il minimo indispensabile. Ma il premier australiano laburista Anthony Albanese (in carica dal maggio 2022, ndr) ha fatto del caso una priorità. Anche l’opinione pubblica australiana si è espressa a favore di Julian. E se lo consideriamo un prigioniero politico, allora è essenziale che il suo Paese lo sostenga».

In questo momento storico si discute molto di crimini di guerra, sia in Ucraina che a Gaza. Cosa farebbe Assange se fosse libero?
«Julian è stato tagliato fuori dal mondo, ovviamente gli racconto quello che leggo, quello che vedo, lui è inorridito. Ha dedicato la sua vita a combattere l'ingiustizia e ad opporsi alla guerra. Ma come famiglia per noi la priorità è che si rimetta fisicamente e mentalmente in un posto molto migliore e si prenda del tempo per sé stesso».

Cosa farete il primo giorno, nel caso in cui lo liberassero. Ne avete mai parlato?
«Ci immagino tranquilli in una stanza con tempo per noi stessi; sederci, abbracciarci e far correre i bambini e prenderci del tempo. Non abbiamo avuto tempo e da molti anni l’unico contatto è mezz’ora per volta in cui possiamo semplicemente tenerci per mano mentre ci viene continuamente detto cosa possiamo fare e cosa no. Ai bambini cerco di dare delle certezze: dico loro che Julian tornerà a casa e che è solo questione di quando e che ci sono molte persone che combattono per lui. Il piccolo (Max, ndr) è davvero ossessionato dall'idea di andare in campeggio con il padre perché non siamo mai stati in campeggio ancora. Quindi, sì lo lascio libero di immaginare. Ma la verità è che ci troviamo in una situazione incerta».

A lungo si è parlato di un piano per rapire/uccidere Assange. Crede che la sua famiglia possa essere al sicuro anche qualora dovesse tornare libero?

«Come tutto ciò che riguarda Julian, dipende dalla politica. Sappiamo che ci furono discussioni ai massimi livelli alla Casa Bianca. E che Mike Pompeo, all’epoca capo della CIA, chiese ai suoi agenti di elaborare un piano per un rapimento o un assassino. Se Trump dovesse tornare al potere e Pompeo con lui, beh allora avrei paura. Se guardi la sua timeline di Twitter capisci che era ossessionato da Julian. Inoltre c’è chi pensa ancora che Assange meriti una punizione per aver detto al mondo la verità». 

Stella Assange al Corriere:

Stella e Julian Assange a Londra, si sono fidanzati nel 2015

14 giugno 2024 ( modifica il 14 giugno 2024 | 08:22)

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