Gilead, oltre 355 milioni investiti in Italia: la biofarmaceutica Usa fa sistema con la filiera
di Francesca Gambarini
Viviamo tempi così cupi che questa settimana vorrei raccontare una storia di segno diverso. Se volete, prima ancora che una storia di business e di tecnologia di oggi – che riguarda il nuovo campione europeo dei mercati finanziari – è una storia d’amore di oltre cento anni fa. Nel 1922 due coniugi danesi, Maria e August Krogh, stavano viaggiando negli Stati Uniti per una conferenza all’Università di Yale. Entrambi erano scienziati, un paio di anni prima lui aveva vinto il premio Nobel per la medicina a soli 46 anni. L’anno prima lei, sua coetanea e compagna di ricerche, aveva scoperto di essere diabetica. I due sentirono dire che qualcuno in Canada aveva isolato e estratto per la prima volta l’insulina come cura per la malattia di Maria e dei molti pazienti di Maria stessa. La storia dell’azienda che sta rovesciando i cliché sull’economia di mercato dell’ultimo mezzo secolo inizia così.
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di Francesca Gambarini
L’anno seguente August Krogh tornò in Nord America con un unico obiettivo: farsi concedere la licenza di produzione d’insulina in Danimarca da parte degli scienziati canadesi che ne detenevano la proprietà intellettuale. Si trattava di due uomini decisamente giovani: il trentaduenne endocrinologo Frederick Banting dell’Università di Toronto e il suo studente Charles Best. Proprio quell’anno anche Banting avrebbe vinto il Nobel per la medicina proprio per la scoperta dell’insulina e resta fino ai nostri giorni il ricercatore più giovane mai insignito del premio. Era cresciuto con i suoi cinque fratelli in una fattoria dell’Ontario e, per dare l’idea del personaggio, decise di condividere il riconoscimento e il premio in denaro con il suo studente Charles Best. A Krogh, che gli chiedeva di lasciargli produrre insulina a Copenaghen, pose una condizione: aveva licenza per creare un’azienda a questo scopo, ma con essa non avrebbe potuto accumulare quelli che chiamò nasty profits («profitti malvagi»). Quel vincolo a non mirare all’arricchimento eccessivo sarebbe entrato da allora e per sempre negli statuti della nuova impresa di Copenaghen.
Tornato in Danimarca, Krogh creò un’azienda controllata da una fondazione scientifica a scopo benefico. La fondazione avrebbe mantenuto la maggioranza dei diritti di voto dell’azienda e l’azienda stessa, anziché redistribuire i propri utili agli azionisti, avrebbe dovuto reinvestirli in sempre nuova ricerca senza alcun vincolo di tempo per produrre risultati o rendimenti finanziari. L’obiettivo statutario era di utilizzare il capitale generato dall’impresa per sviluppare sempre nuovi farmaci che curassero le principali malattie che affliggono l’umanità. Novo Nordisk è nata così, 101 anni fa. Negli ultimi mesi ha superato il valore di Borsa di 500 miliardi di dollari, è passata davanti al colosso della moda Lvmh, poi Tesla e Jp Morgan per valore di mercato, fino a diventare la tredicesima al mondo per capitalizzazione e la prima europea. Il valore del suo titolo è cresciuto del 374% dall’inizio del 2020 e del 94% solo dall’inizio dell’anno scorso (vedi grafico sopra).
di Margherita De Bac
Quel che non è cambiato, tuttavia, è lo statuto con il quale Krogh fondò l’azienda. Senza di esso oggi Novo Nordisk non sarebbe lo stratosferico successo che è, in grado di determinare da sola la crescita del prodotto interno lordo della Danimarca e di ridurre la vendita di junk food a Walmart, la più grande catena di supermarket statunitense. Novo Nordisk trae infatti dalle sue origini due caratteristiche fondamentali che le hanno permesso di mettere sul mercato due “blockbuster” farmaceutici – Ozempic per il diabete e la perdita di peso e Wegovy per la perdita di peso – in grado di fatturare svariati miliardi di dollari ogni anno (nel 2023 l’azienda ha avuto 33,8 miliardi di dollari di ricavi, in crescita del 31%, mentre per quest’anno prevede un’ulteriore crescita del 26%).
La prima caratteristica di Novo Nordisk è appunto che tutti gli utili vengono reinvestiti obbligatoriamente in ricerca scientifica. Gli azionisti e i manager non se li possono redistribuire, dunque per loro non ha alcun senso privilegiare tattiche di breve periodo finalizzate alla monetizzazione. Non ci sono riacquisti delle azioni, non ci sono operazioni bizzarre per gonfiare le stock option dell’amministratore delegato. La seconda caratteristica è che la Novo Nordisk Foundation, la fondazione senza scopo di lucro nata con l’impresa, detiene il 28% del capitale ma ha il 77% dei diritti di voto. Il consiglio d’amministrazione della Fondazione è composto da sei scienziati danesi e tre dipendenti eletti dal personale dell’impresa stessa, interessati perlopiù allo sviluppo di sempre nuovi farmaci innovativi in un futuro senza precise scadenze. I laboratori di ricerca e l’intera struttura di Novo Nordisk possono dunque lavorare con calma: non devono temere scalate dall’esterno o rivolte dei fondi azionisti, se il management non produce sempre risultati finanziari nel breve periodo.
Senza questo delicato equilibrio Ozempic e Wegovy, i due farmaci più innovativi dopo i vaccini Rna contro il Covid, non sarebbero mai nati. Né sarebbe in corso la trasformazione del costume che entrambi sembrano sul punto di innescare. Novo Nordisk ha lavorato fin dagli anni ’90 al farmaco contro il diabete che ora va sotto il nome di Ozempic, basato sul semaglutide come principio attivo. Ha investito miliardi, condotto decenni di ricerche e di complicati test, fino a quando l’approvazione della Food and Drug Administration americana è arrivata nel 2017. Quanto a Wegovy, un farmaco per la perdita di peso basato sullo stesso principio attivo, Novo Nordisk ci è arrivata perché ha potuto affrontare dopo il 2018 delle costosissime verifiche cliniche su 17 mila persone senza dover temere pressioni dall’esterno.
Ne è risultato che Wigovy riduce del 20% il rischio di gravi problemi cardiaci nella popolazione obesa, mentre permette facilmente una perdite di peso di circa il 15%. Del resto oggi anche Ozempic viene utilizzato anche per la perdita di peso, al punto da creare problemi di disponibilità (anche in Italia) per i diabetici che ne hanno bisogno come cura. L’impatto sociale dei due farmaci è enorme: secondo il World Obesity Atlas già oggi il 17% della popolazione mondiale è obesa e il 42% è quantomeno sovrappeso, mentre nel 2035 si arriverà a un quarto di obesi e oltre a metà degli abitanti della Terra rispettivamente obesi e almeno sovrappeso. Il costo già oggi del diabete e delle patologie cardiache legate al peso è di oltre duemila miliardi di dollari all’anno (mille miliardi solo negli Stati Uniti).
Ozempic e Wegovy stanno toccando anche interessi poderosi dell’industria del junk food, proprio perché intervengono a sopprimere l’appetito soprattutto per cibi poco sani. L’amministratore delegato di Novo Nordisk, Lars Fruergaard Jørgensen, ha spiegato di recente che alcuni colleghi alla guida di colossi alimentari lo hanno chiamato. L’amministratore delegato di Walmart, John Furner, ha lamentato pubblicamente l’impatto di Ozempic e Wigovy sulle vendite del suo gruppo.
Naturalmente non tutto è perfetto nel regno di Danimarca. Il boom dei due farmaci è tale che Novo Nordisk fatica a soddisfare la domanda. I due prodotti restano molto cari (Wegovy può costare oltre mille euro al mese) e obbliga l’azienda a proposte creative ai grandi fondi assicurativi del settore sanitario nel mondo: possono non pagare subito, ma solo quando avranno visto quali somme colossali Ozempic e Wegovy permetteranno di risparmiare sul trattamento delle patologie cardiache e sul diabete.
Resta comunque il punto di fondo: Novo Nordisk ribalta in un colpo solo decenni di teoria economica (la cosiddetta “ipotesi del mercato perfetto”), secondo la quale massimizzare il profitto in ogni momento assicurerebbe anche il massimo dell’innovazione e del benessere. Paradossalmente il gruppo danese è insieme un campione delle piazze finanziarie internazionali, eppure è anche quanto di più lontano si possa immaginare dall'abituale retorica del Big Pharma "avido e malvagio". Di certo i manager di aziende più legate ai numeri di ogni trimestre, ai dividendi o ai fondi attivisti sarebbero stati licenziati molto prima di arrivare a Ozempic. Significa che nel capitalismo del ventunesimo secolo vince chi è anti-capitalista? Non necessariamente. L’americana Eli Lilly, gestita con criteri molto più classici, sta facendo validissima concorrenza a Novo Nordisk. Significa però che nessuno ha il monopolio della verità e che mantenere la mente aperta conviene sempre. Non esiste un'unica possibile ricetta. Eccetto forse quella dei coniugi August e Maria Krogh, più di cento anni fa.
Questo articolo in origine è stato pubblicato sulla newsletter del Corriere della Sera «Whatever it Takes» a cura di Federico Fubini, clicca qui per iscriverti.
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