“Biden non va incriminato sulle carte segrete, ma è anziano e smemorato”. Il procuratore speciale fa arrabbiare il presidente Usa: “Non ho problemi di memoria”. Ma poi fa un’altra gaffe

New York - Joe Biden non ha violato la legge, quando si è portato a casa alcuni documenti segreti, a differenza di Donald Trump. Però il motivo per cui il procuratore Robert Hur ha deciso di non incriminarlo è forse più dannoso del presunto crimine, perché riapre la polemica sull’età del presidente, la sua capacità di svolgere il proprio compito e quella di ricandidarsi. Infatti Hur, andando molto oltre i limiti di quello che sarebbe stato il suo compito, ha accusato il capo della Casa Bianca di essere "un uomo anziano ben intenzionato, con significativi limiti di memoria".

Una critica che i rivali repubblicani hanno subito sfruttato per attaccarlo, spingendolo a rispondere a stretto giro con una conferenza stampa serale improvvisata. Nel corso della sua lunga carriera, quando era senatore e poi vice presidente, Biden aveva portato a casa e nel proprio ufficio diversi documenti segreti che invece avrebbe dovuto lasciare negli archivi nazionali. Siccome Trump aveva fatto la stessa cosa, e per questo comportamento è stato incriminato dal procuratore federale Jack Smith, il segretario alla Giustizia Garland è stato costretto a nominare un magistrato per indagare anche sul presidente. La scelta è caduta su Hur, un conservatore che aveva lavorato per diversi giudici repubblicani e per la stessa amministrazione Trump.

Dopo molti mesi di indagini, ieri ha pubblicato il suo rapporto, in cui è arrivato alla conclusione che non ci sono motivi per incriminare il capo della Casa Bianca. La ragione principale sta nel fatto che ha collaborato all’inchiesta e restituito i documenti appena li ha scoperti, mentre invece il suo successore ha puntato i piedi e resistito all’inchiesta. Hur però è andato molto oltre il suo mandato, dettagliando nel rapporto i limiti di memoria di Biden, che a suo dire "non ricorda bene quando è stato vice presidente o quando era morto suo figlio Beau". Quindi ha detto che incriminarlo non porterebbe a risultati, perché la giustizia avrebbe remore a condannare una persona nelle sue condizioni.

(reuters)

Questo sembra un agguato politico, teso da un procuratore conservatore per aiutare Trump, che infatti ha subito approfittato dell’occasione, dicendo che dimostra come ci siano "due pesi e due misure" nel sistema giudiziario, secondo lui impegnato a perseguitarlo. I suoi alleati poi hanno subito attaccato il presidente per i problemi di memoria, perché ciò conferma la loro linea secondo cui è troppo vecchio per ricandidarsi. Il capo della Casa Bianca ha reagito tenendo una conferenza stampa serale improvvisata, in cui ha risposto che "la mia memoria è a posto". Quindi si è scagliato contro il procuratore, in particolare per avere scritto che non ricorda quando è morto il figlio: "Come si permette di tirare fuori una cosa del genere?! Io non ho bisogno di nessuno che mi ricordi la morte di Beau". Subito dopo però ha accettato di rispondere anche ad una domanda sulla situazione a Gaza, facendo un’altra gaffe, perché ha confuso il presidente egiziano al Sisi definendolo il leader del Messico. La polemica insomma non è destinata ad esaurirsi presto, così come le accuse a Biden di essere vittima di un declino mentale che potrebbe compromettere la sua corsa alla rielezione.