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Jobs Act, per la Consulta non è illegittima la disciplina sui licenziamenti
Inoltre la Consulta ha ritenuto non fondata anche la censura di violazione del principio di eguaglianza, comparando i lavoratori «anziani» (quelli assunti fino al 7 marzo 2015), che conservano la più favorevole disciplina precedente e quindi la reintegrazione nel posto di lavoro, e i lavoratori «giovani» (quelli assunti dopo tale data), ai quali si applica la nuova disciplina del Jobs Act. Il riferimento temporale alla data di assunzione consente di differenziare le situazioni: la nuova disciplina dei licenziamenti - spiega la Consulta nel comunicato con il quale ha dato notizia di questa sentenza, n. 7 del 2024 - è orientata ad incentivare l’occupazione e a superare il precariato ed è pertanto prevista solo per i «giovani» lavoratori. Il legislatore non era tenuto, sul piano costituzionale, a rendere applicabile questa nuova disciplina anche a chi era già in servizio. Infine la Corte ha ritenuto non inadeguata la tutela indennitaria. Attualmente al lavoratore illegittimamente licenziato all’esito di una procedura di riduzione del personale spetta un’indennità, non assoggettata a contribuzione previdenziale, di importo pari al numero di mensilità, dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, determinato dal giudice in base ai criteri indicati da questa Corte nella sentenza n. 194 del 2018, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità.