Taglio tassi, la Bce lo farà davvero? Le rate dei mutui caleranno? L’ipotesi giugno
Scenari futuri incerti quanto alla discesa dei tassi di interesse, dopo i 10 aumenti consecutivi del costo del denaro decisi dalla Bce, che da luglio del 2022 ad oggi hanno spinto i tassi al 4,5% nell'eurozona. Mentre negli Stati Uniti, dove la corsa al rialzo era iniziata già a marzo del 2022 il livello raggiunto è di una soglia compresa fra il 5,25% e il 5,5%. Valori che sia in Europa che negli Usa si collocano ai massimi degli ultimi 20 anni.
A quando il primo taglio?
Il dibattito che da diverse settimane appassiona gli economisti è semplice e delicato nello stesso tempo. Quando arriverà il momento in cui i tassi ricominceranno a scendere? Nelle ultime riunioni del Fomc (il braccio operativo della Fed) e del Board della Bce non sono state prese decisioni e le autorità monetarie si sono limitate a confermare i livelli del costo del denaro decisi a fine estate del 2023. C'è tuttavia una certezza. "Sebbene la Fed possa iniziare a tagliare i tassi a marzo, a maggio, o addirittura a giugno, è improbabile che li aumenti ulteriormente. Anche se l'inflazione dovesse sorprendere al rialzo, sarebbe più probabile che i tassi rimangano elevati per un periodo più lungo piuttosto che aumentare ulteriormente", scrive in una nota Brij Khurana, portfolio manager di Wellington Managemen, una società di asset management basata a Boston.
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Usa: prevista una riduzione di 25 centesimi non prima di giugno
L'alternativa, quanto alla discesa dei tassi negli Stati Uniti - ma lo stesso vale anche per l'Europa - verte su due possibili scenari ritenuti i più probabili: il taglio del costo del denaro sarà deciso già a marzo oppure all'inizio dell'estate 2024? Per quanto riguarda gli Stati Uniti la risposta di gran lunga più probabile è che la diminuzione comincerà a manifestarsi non prima di giugno 2024. I dati di venerdì 2 febbraio sull'andamento dell'occupazione negli Stati Uniti indicano che a gennaio sono stati creati 353mila nuovi posti di lavoro, quasi il doppio del previsto e il dato più alto degli ultimi 12 mesi. Tutto questo con un tasso di disoccupazione rimasto invariato al 3,7%, livelli di più che piena occupazione. In sostanza la Fed non ha alcuna motivazione per accelerare un taglio dei tassi in chiave di sostegno all'economia, visto che crescita del Pil (+2,5% nel 2023) e andamento dell'occupazione mostrano un andamento decisamente positivo. Prima degli ultimi dati sull'occupazione Usa i futures sui tassi stimavano al 60% la probabilità di un costo del denaro invariato nei prossimi tre mesi. Adesso la probabilità di tassi fermi al 5,25-5,5% è salita all'80%. E questo in un contesto di inflazione in leggera ripresa con un dato del 3,4% a dicembre (ultimo disponibile) contro il 3,1% di novembre. Non sorprende che il colosso bancario Citi che ha definito "meno probabile" un taglio dei tassi a maggio, non escluda che la tanto attesa riduzione possa cominciare a giugno. Pimco, una delle maggiori società di investimento globali specializzata nel reddito fisso non ha dubbi. "Salvo un indebolimento sostanziale dell'attività economica, riteniamo che la Fed aspetterà aspetterà fino a metà anno per iniziare il suo ciclo di allentamento con un taglio dei tassi di 25 punti base" scrivono in un report le due economiste Tiffany Wilding e Allison Boxer.
In Europa possibile una sforbiciata a primavera
E in Europa? Nel Vecchio Continente gli scenari relativi alla crescita economica sono meno rosei rispetto agli Stati Uniti. Sia la Bce che il Fmi hanno recentemente ridotto le stime di aumento del Pil per i Paesi dell'Eurozona nel 2024. Secondo le previsioni della Commissione Ue la crescita nel 2024 dovrebbe fermarsi all'1,2% (rispetto all'1,3% previsto in precedenza). Ancora peggiori le stime del Fondo Monetario internazionale con una ipotesi di crescita del Pil dell'Eurozona ferma allo 0,9% per l'anno in corso. Del resto il quarto trimestre del 2023 ha certificato un calo della ricchezza dello 0,3% in Germania. Con la locomotiva d'Europa in recessione è impossibile aspettarsi grandi exploit. Minor crescita, come insegna la dottrina economica, significa quasi sempre (non sempre) anche minore inflazione.
Sotto il profilo della politica monetaria questo scenario, unito al fatto che l'inflazione nell'eurozona è scesa a gennaio al 2,8% (dal 2,9% di dicembre), un valore peraltro leggermente superiori alla previsione di un +2,7%, potrebbe dunque far immaginare una maggiore disponibilità di Francoforte a cominciare un percorso di discesa dei tassi già prima dell'estate. Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm, piattaforma digitale di consulenza indipendente agli investimenti - sottolinea che la BCE ha dichiarato che, prima di poter pensare a un taglio dei tassi, la priorità resta quella di riportare l'inflazione entro il 2%. Dopo l’aumento a sorpresa registrato lo scorso dicembre (+2,9% rispetto al +2,4% di novembre), i dati preliminari di gennaio hanno mostrato come abbiamo visto un leggero calo dell’inflazione complessiva al 2,8%, in linea con le attese. Nel frattempo, l'inflazione core (senza beni energetici e alimentari) è scesa al 3,3% a gennaio dal 3,4% di dicembre, rispetto al 3,2% previsto". I dati europei indicano che la BCE è più vicina di altri Paesi come gli Usa e il Regno Unito al traguardo del 2% e quindi potrebbe optare prima per un taglio dei tassi.
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