Agricoltori compatti contro il Mercosur, ma la Ue non cede sull’accordo: la fame di litio dell’Europa è più forte delle proteste dei trattori
ROMA – C’è il litio sulla strada dei trattori. Se c’è un “no” che accumuna tutte le organizzazioni degli agricoltori, da Coldiretti ai Crai, da Cia all’Associazione rurale italiana, è quello all’accordo di libero scambio con i Paesi del Mercosur, che la Commissione Ue da tempo sta cercando di portare avanti e nelle ultime settimane, faticosamente, di concludere. Negli ultimi giorni sono arrivate molte assicurazioni da Bruxelles agli agricoltori, che temono di essere travolti dalle importazioni a basso costo delle carni bovine, del pollame e di altri prodotti alimentari. Ma mai, in nessun caso, la Commissione ha accennato a fare un passo indietro sull’accordo che, ha ribadito recentemente il portavoce per l’agricoltura Olof Gill, «espande il commercio nelle materie prime e nei prodotti essenziali per la transizione verde e digitale».
La fame di materie prime critiche
L’Europa è alla ricerca di Paesi “amici” fornitori di materie prime e risorse energetiche (come litio, ferro o argento), componenti chiave per le batterie dei veicoli elettrici ed essenziali per sostenere la transizione verde, superando il rischio di dipendenza dalla Cina. Nel regolamento sulle materie prime critiche approvato alla fine dell’anno scorso si parla anche di riciclo e di riapertura delle miniere, ma è chiaro che senza alcuni buoni fornitori l’Europa non può farcela. Ecco perché l’accordo con il Mercosur è cruciale, e le ragioni delle agricoltori, per quanto gridate con forza nelle piazze, o ripetute nelle sedi Ue, come ha fatto il presidente di Coldirettim Ettore Prandini alcuni giorni fa a Bruxelles, nell’incontro con la presidente dell'Europarlamento Roberta Metsola e il Commissario europeo all'Agricoltura Janusz Wojciechowski, sono destinate a rimanere marginali rispetto all’interesse maggiore che ruota intorno all’accordo.
Ed è chiaro che tutto deve andare insieme: «La scusa per non adottare l'accordo è quella delle politiche agricole e ritengo siano scuse appunto, i problemi interni dei Paesi non dovrebbero essere portati fuori dai confini nazionali», ha detto lunedì scorso durante la conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri Antonio Tajani a Roma la ministra delle Relazioni Estere argentina, Diana Mondino.
Cosa prevede l’accordo Mercosur
L’accordo con i quattro Paesi latinoamericani che compongono il Mercato Comune del Sud (Mercosur) (Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay) prevede la rimozione delle tariffe doganali su oltre il 90% degli scambi. E’ a vastissimo raggio, ma gli agricoltori si vedono svantaggiati dalle importazioni, mentre Confindustria plaude all’accordo e spinge per la sua conclusione perché si vede in prima fila per le esportazioni di veicoli e macchinari verso l’America Latina.
Da Bruxelles si cerca di tranquillizzare gli agricoltori, ricordando che i Paesi europei rimangono esportatori netti, che c’è grande spazio anche per i nostri prodotti alimentari in Paesi dove vivono enormi comunità di origine europea (compresa l’Italia) desiderosi di comprare formaggi, pasta e olio d’oliva di buona qualità. Il riferimento ai formaggi non è casuale: il presidente francese Macron è tra i capi di Stato che si sono mostrati più sensibili alle ragioni degli agricoltori, mentre da parte Mercosur le perplessità maggiori sono state manifestate dal Brasile.
Ancora, si sta spiegando agli agricoltori che non verremo invasi dai prodotti sudamericani. Che la carne che arriverà non supererà una percentuale minima dei nostri consumi, non più di un hamburger per cittadino europeo l’anno. Parole per tranquillizzare sussurrate negli incontri informali, ma che non tranquillizzano. Gli agricoltori rimangono contro, memori degli effetti delle altre intese di questo tipo sul mercato europeo.
«Dal punto di vista agricolo sul Mercosur ci sono poche opportunità e tanti punti critici. – ribadisce il presidente della Cia Cristiano Fini – Primo il fatto di poter immettere sul mercato a livello europeo prodotti che hanno regole diverse rispetto ai nostri. Noi continuiamo a sostenere una regola di reciprocità negli scambi commerciali europei, è chiaro che questo trattato va nella direzione opposta. Questo dobbiamo modificarlo, creerebbe una concorrenza sleale che non ci possiamo più permettere».
Stesso concetto espresso più volte da Danilo Calvani, leader dei Comitati Agricoli Riuniti: «Per noi la richiesta più importante rimane quella dell’annullamento dei patti di libero scambio, che fanno concorrenza sleale ai nostri prodotti e abbassano i prezzi di mercato». Ma “Stop Free Trade” è stato anche lo slogan delle proteste dei gruppi di agricoltori biologici che si riconoscono nel movimento europeo La Via Campesina.
Dal punto di vista politico il no è piuttosto trasversale, va dalla Lega di Matteo Salvini alla coalizione di centro del primo ministro francese Gabriel Attal, che proprio sul Mercosur qualche giorno fa ha avuto un duro scambio con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che invece è per la ratifica al più presto possibile (come del resto il nostro Tajani).
E’ possibile che le pressioni possano rallentare la firma definitiva dell’accordo, che del resto è in ballo da 25 anni. Ma non che possano comprometterlo, all’Europa serve troppo.